In una nota dello
scorso 18 luglio il custode giudiziario Roberto Carenzo, lancia l’allarme sul
mancato smaltimento del percolato e sulle fughe di biogas e chiede l’intervento
urgente degli enti preposti
Dopo lo sversamento di percolato nel torrente Mazzarrà dello
scorso 5 aprile, causato dallo spegnimento delle pompe di sollevamento del
liquido dal fondo dell’invaso per incapacità – secondo la proprietaria
Tirrenoambiente, oggi in liquidazione - di provvedere al suo smaltimento per
mancanza di risorse, la situazione della discarica di Mazzarrà Sant’Andrea
torna a farsi preoccupante.
Le somme stanziate
dalla Regione sono finite
In una nota dello scorso 18 luglio, il custode giudiziario (il
sito è sotto sequestro giudiziario dal novembre 2014, ndr) Roberto Carenzo
(direttore della discarica, ndr) comunicava che “stante la mancata manutenzione
da mesi in atto per quanto concerne la copertura del sito”, dopo il breve ma
intenso acquazzone della domenica del 16 luglio “si è potuto rilevare un
notevole incremento della produzione di percolato, protrattosi poi nelle due
giornate successive con una media produttiva del 36% superiore a quanto
endemicamente generato dalla discarica in assenza di piogge”, pari ad una media
giornaliera di 31 metri cubi.
Nella nota il Carenzo evidenzia anche come l’attuale stato
della copertura aggraverà l’imminenza del problema ambientale “dovuto al
mancato smaltimento del percolato per esaurimento delle somme stanziate dalla Regione”, ovvero quei
300.000 euro presi dal fondo regionale per gli imprevisti stanziati per far
fronte allo sversamento dello scorso aprile.
Secondo il prospetto comunicato dal Carenzo, di quelle somme
ne restano meno di 40.000, sufficienti per un altro mese “in assenza di
piogge”.
I miasmi tornano a
Furnari
Ma il disfacimento della copertura sta causando un altro
problema di non minore gravità.
Da giorni ormai si riscontrano fuoriuscite incontrollate di
biogas, dovute “ai continui movimenti che a tutt’oggi ancora interessano la
massa rifiuti” e alla “mancata realizzazione di nuovi punti di captazione”,
essendo gli attuali “oramai obsoleti e insufficienti”.
Se ne sono ben accorti gli abitanti del vicino paese di
Furnari che, specie nelle ore serali, sono tornati ad essere ammorbati dal
puzzo nauseabondo che li ha afflitti nel corso della ultradecennale attività
della discarica.
La situazione, segnala la nota del custode giudiziario “ha
trovato conferma anche dai valori di metano riscontrati nelle misurazioni
effettuate tramite la modesta strumentazione a disposizione del cantiere”.
Modesta strumentazione sì, perché sempre per l’asserita
mancanza di risorse della Tirrenoambiente, dalla nota veniamo a sapere che “le
corrette indagini” previste dal Piano di monitoraggio e controllo della
discarica “non sono più effettuate dal mese di aprile 2017 per mancanza di
contratto con laboratorio qualificato”.
Ciò nonostante le indagini effettuate dagli uomini di
Tirrenoambiente “hanno comunque dato modo di individuare punti critici dove le
fuoriuscite di biogas sono sicuramente molto più incisive rispetto la totalità
della discarica”.
Una planimetria allegata alla nota di Carenzo mostra le zone
maggiormente interessate dal fenomeno e sulle quali “necessita un immediato
intervento di ripristino, finalizzato a ridurre le immissioni di gas in
atmosfera”.
La frana del 2014 è
in continuo movimento
Le due zone “incriminate” sono quella a sud in cui insiste
una frattura della discarica, la cui esistenza finì sotto i riflettori della
magistratura e dei carabinieri nel corso del sequestro del 2014, che non si
è mai fermata, ma ha continuato a scivolare “seppur con movimenti notevolmente
ridotti” – precisa Carenzo – danneggiando così i teli di copertura della vasca.
“L’altra macro area, posta a Nord dell’invaso – prosegue la
nota – è identificata in un versante dove il telo di copertura non più consono
alla sua funzione, sta generando un doppio danno, ovvero, notevoli
infiltrazioni di acqua in occasione delle precipitazioni e ingenti fuoriuscite
di biogas con i conseguenti effetti negativi per l’ambiente e la popolazione
circostante”.
Solo con il ripristino dei teli di copertura e con la
“contestuale realizzazione di nuovi punti di captazione del biogas essendo
quelli attuali non più funzionali a garantire una corretta captazione
all’interno della massa dei rifiuti” la “problematica relativa alle emissioni
di biogas potrà essere risolta” dice Carenzo che conclude, “senza tralasciare
quelle che sono le altre problematiche relative alla stabilità che interessano
la discarica”, chiedendo ad un lungo elenco di enti, tra cui la Procura di
Barcellona, il Noe, l’Arpa e l’assessorato regionale dell’Energia e dei servizi
di pubblica utilità, “urgente incontro/riscontro, in relazione agli interventi
che ad oggi non possono più essere considerati procrastinabili”. Che tradotto
sta a significare, che siano le istituzioni a metterci una pezza, perché noi a
Tirrenoambiente non abbiamo le risorse economiche per far fronte a quello che
sarebbe un nostro dovere.
Gestion post mortem a
chi compete?
Eh sì, dovere. Perché la gestione post operativa della
discarica è una precisa responsabilità di Tirrenoambiente.
Facciamo un passo indietro.
Prima dell'intervento della magistratura, l’impianto era
stato “bocciato” dal Dipartimento regionale acque e rifiuti che, a seguito di
un'ispezione sulle autorizzazioni, aveva disposto la revoca delle stesse e
ordinato a Tirrenoambiente di presentare un progetto di chiusura e messa in
sicurezza del sito volto a garantire che esso possa essere chiuso «nel rispetto
della normativa ambientale e di sicurezza vigente».
Tutto questo la Regione lo chiedeva nel settembre del 2014.
A marzo 2017, un mese prima che il percolato tracimasse, la
Regione chiede il progetto di chiusura della discarica aggiornato allo stato
attuale.
In questi quasi tre anni cosa è stato realizzato per
ottemperare a quell'ordine?
L'altra domanda che dovremmo porci è quella relativa alla
mancanza di risorse economiche in capo a Tirrenoambiente.
Come gestore di un impianto di trattamento dei rifiuti la
società partecipata del comune mazzarrese doveva stipulare delle polizze
fidejussorie a garanzia delle attività autorizzate.
Questo perché in caso in cui il gestore non possa far fronte
ai suoi obblighi, si procede all'escussione della polizza.
Proprio il 22 marzo scorso, il Dipartimento regionale acque
e rifiuti ha chiesto “la trasmissione delle polizze fidejussorie stipulate a
garanzia delle attività autorizzate”.
E il 4 aprile «è stata richiesta (dal Dipartimento) alla
Milano Assicurazioni Spa l'escussione della polizza per €. 103.500,00 oltre Iva
(10%)».
Traducendo ancora una volta, dove sono finiti i soldi per la
gestione post mortem?
E gli enti preposti
al controllo?
Il Dipartimento regionale dell’Acqua e dei rifiuti ha chiesto
l’intervento dello Stato ai sensi dell’articolo 309 del Codice dell’Ambiente,
sottolineando in una sua nota al Ministero dell’Ambiente del 27 luglio scorso
come, “nonostante le numerose richieste al Gestore/Custode giudiziario di
fornire ogni utile informazione per definire un programma di lavori/azioni con
le relative stime dei costi e della durata, volto a chiusura definitiva della
discarica e, quindi a salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini,
nessun concreto riscontro si è avuto dai predetti soggetti.”
L’intervento statale chiesto dalla Regione sarebbe dettato
dalla “gravità della situazione” e dalla “mancanza di fondi per provvedere alla
chiusura, messa in sicurezza e gestione post operativa della discarica in
argomento”.
Anche se, fanno sapere da Palermo, “sia intenzione di questa
Amministrazione porre in essere le attività di recupero delle somme vantate
dalla Tirrenoambiente nei confronti degli Enti conferitori”, eventualmente
nominando dei commissari ad acta, poiché i tempi per quest’ultima attività non
sarebbero “compatibili” con le “criticità ambientali contingenti ed immediate”.
L’Arpa, Struttura territoriale di Messina “in considerazione
delle criticità inerenti la gestione della discarica di Mazzarrà S. Andrea
gestita dalla Tirrenoambiente S.p.A. in liquidazione” nonché della nota di
Carenzo, “ha attivato un piano di indagini su matrici ambientali a far data dal
21.07.2017 i cui esiti saranno trasmessi anche al Comune di Furnari”.
Quest’ultimo, dal canto suo, ha recentemente diffidato la
Tirrenoambiente, il Comune di Mazzarrà e la Regione Siciliana “di procedere
immediatamente alla messa in sicurezza definitiva e alla bonifica del sito
della discarica”.
Ha inoltre diffidato la Regione a convocare una conferenza
di servizi “al fine di programmare tutti gli interventi per la bonifica del
sito” scongiurando tutti i rischi derivanti da sversamento di percolato,
fuoriuscite di biogas e smottamenti della montagna di rifiuti abbancati.
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