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venerdì 2 ottobre 2015

Il deputato D'Uva (M5S) chiede l'invio di una commissione di acceso agli atti a Falcone (Me)

Lo scorso 25 settembre Francesco D'Uva, parlamentare messinese del M5S e membro della Commissione antimafia, ha presentato (insieme ai colleghi Villarosa, Lorefice, Mannino, Dadone, Lupo, Sarti, Rizzo e Cancelleri) un'interrogazione al ministro dell'Interno sulle indagini avviate dalla magistratura sulla gestione dell’emergenza alluvionale del 2008, che coinvolgono l'attuale sindaco e alcuni ex assessori del Comune di Falcone nel messinese.

Per il parlamentare pentastellato «è necessario rilevare come nel territorio falconese sia emerso, nel corso degli anni, un preoccupante quadro di legami tra politica e criminalità organizzata, a seguito di numerose indagini e alcune dichiarazioni di collaboratori di giustizia, i quali, deponendo in sede di alcuni procedimenti giudiziari denominati «Gotha» e riguardanti il sistema mafioso di gestione degli appalti nel territorio barcellonese, avrebbero denunciato un sistema illecito attraverso il quale garantire l'affidamento dei lavori ad aziende legate alla criminalità organizzata».
Nella sua interrogazione al ministro, D'Uva ricorda come «in seguito alle numerose indagini portate avanti in questi anni dalle varie procure siciliane dal 2008 a oggi, tali dichiarazioni hanno potuto trovare effettivo riscontro nei numerosi arresti per associazione mafiosa a danno di imprenditori titolari di alcune delle ditte risultate vincitrici degli appalti, e come tra questi avvenimenti particolare rilievo assume proprio l'affidamento di parte dei lavori per la rimozione dal territorio dei fanghi causati dall'alluvione del 2008 a un imprenditore ritenuto legato ad ambienti di tipo malavitoso, che ha condotto la magistratura all'emissione di 8 avvisi di garanzia nei confronti di alcuni esponenti politici del comune di Falcone (Messina), per i quali si ipotizza il reato di abuso d'ufficio in concorso».
Al sindaco Cirella e agli ex assessori comunali Pasquale Bucolo, Sebastiano Calabrese, Francesco Giuseppe Cannistraci e Mariano Antonino Gitto è stato infatti contestato dalla procura della Repubblica di Patti il reato di cui agli artt. 81, 110 e 323 c.p. «perché, in concorso tra loro con più atti esecutrici di un medesimo disegno criminoso, con ordinanza del 14.12.2008 n. 30 a firma di Cirella e con delibere di approvazione dei lavori della Giunta Municipale n. 203 del 31.12.2008 e n. 59 dell’8.5.2009 precettando, quale ditta esecutrice dei lavori di intervento a seguito dell’alluvione verificatasi in Falcone l’11 dicembre 2008, la ditta individuale di Trifilò Carmelo Salvatore nonostante quest’ultimo, originario di Terme Vigliatore, risultasse gravato da precedenti penali e all’epoca sottoposto a misura della custodia cautelare in carcere (giusta ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Messina a seguito dell’operazione antimafia “Vivaio” della Procura Distrettuale Antimafia di Messina), intenzionalmente procuravano a questi un ingiusto vantaggio consistito nell’affidamento di lavori per un ammontare pari a 70.660 euro».
Lavori per i quali – come si legge nell'interrogazione – «il comune di Falcone ha ricevuto dalla regione siciliana fondi per un ammontare superiore ad un milione e quattrocentomila euro».
Lo scorso 12 gennaio, il gip del Tribunale di Patti, Ugo Molina, aveva fissato per il 16 settembre l’udienza preliminare in relazione alla richiesta di rinvio a giudizio del Pubblico ministero Bonanzinga, ma l'udienza è stata rinviata al 18 novembre prossimo per un impedimento di uno dei difensori.
D'Uva ha precisato come, «agli amministratori comunali, così come al presunto boss Carmelo Salvatore Trifirò, si contesta la violazione dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998, il quale prevede espressamente che, «quando, a seguito delle verifiche disposte dal prefetto, emergono elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle società o imprese interessate, le amministrazioni cui sono fornite le relative informazioni, non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, né autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni», chiedendo quindi al ministro Alfano «se sia a conoscenza dei fatti sin qui esposti e se intenda valutare la sussistenza dei presupposti per avviare iniziative ai sensi degli articoli 141, 142 e 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali».
Quella del deputato grillino non è la prima interrogazione parlamentare riguardante le vicende di Falcone, atti analoghi erano stati presentati dall'ex ministro Antonio Di Pietro e dal senatore Scilipoti dopo che in un'inchiesta giornalistica, “Falcone colonia di mafia fra Tindari e Barcellona”, a firma di Antonio Mazzeo, pubblicata dal periodico I Siciliani giovani nell'agosto 2012, erano state descritte alcune vicende che avevano interessato la vita politica, sociale, economica ed amministrativa della piccola cittadina della costa tirrenica (speculazioni immobiliari dalle devastanti conseguenze ambientali e paesaggistiche; lavori di somma urgenza post alluvione del 2008 dal forte impatto sul fragilissimo territorio; ecc.) nonché le origini e le dinamiche evolutive delle organizzazioni criminali presenti nel territorio, organicamente legate alle potenti cosche mafiose di Barcellona Pozzo di Gotto.
Per quell'inchiesta però Mazzeo è stato querelato dal Comune di Falcone e rinviato a giudizio, nonostante il pm ne avesse richiesto l'archiviazione perché il giornalista «a parere di quest’ufficio – si leggeva nella richiesta – , non travalica il limite di critica politica/storica posto che nella ricostruzione della storia del Comune di Falcone richiama fatti da sempre ricollegati al paese nonché problematiche sociali che attengono alla realtà del territorio locale».

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