Lo scorso 25 settembre Francesco
D'Uva, parlamentare messinese del M5S e membro della Commissione
antimafia, ha presentato (insieme ai colleghi Villarosa, Lorefice,
Mannino, Dadone, Lupo, Sarti, Rizzo e Cancelleri) un'interrogazione
al ministro dell'Interno sulle indagini avviate dalla magistratura
sulla gestione dell’emergenza alluvionale del 2008, che coinvolgono
l'attuale sindaco e alcuni ex assessori del Comune di Falcone nel
messinese.
Per
il parlamentare pentastellato «è necessario rilevare come nel
territorio falconese sia emerso, nel corso degli anni, un
preoccupante quadro di legami tra politica e criminalità
organizzata, a seguito di numerose indagini e alcune dichiarazioni di
collaboratori di giustizia, i quali, deponendo in sede di alcuni
procedimenti giudiziari denominati «Gotha» e riguardanti il sistema
mafioso di gestione degli appalti nel territorio barcellonese,
avrebbero denunciato un sistema illecito attraverso il quale
garantire l'affidamento dei lavori ad aziende legate alla criminalità
organizzata».
Nella
sua interrogazione al ministro, D'Uva ricorda come «in seguito
alle numerose indagini portate avanti in questi anni dalle varie
procure siciliane dal 2008 a oggi, tali dichiarazioni hanno potuto
trovare effettivo riscontro nei numerosi arresti per associazione
mafiosa a danno di imprenditori titolari di alcune delle ditte
risultate vincitrici degli appalti, e come tra questi
avvenimenti particolare rilievo assume proprio l'affidamento di parte
dei lavori per la rimozione dal territorio dei fanghi causati
dall'alluvione del 2008 a un imprenditore ritenuto legato ad ambienti
di tipo malavitoso, che ha condotto la magistratura all'emissione di
8 avvisi di garanzia nei confronti di alcuni esponenti politici del
comune di Falcone (Messina), per i quali si ipotizza il reato di
abuso d'ufficio in concorso».
Al
sindaco Cirella e agli ex assessori comunali Pasquale Bucolo,
Sebastiano Calabrese, Francesco Giuseppe Cannistraci e Mariano
Antonino Gitto è stato infatti contestato dalla procura della
Repubblica di Patti il reato di cui agli artt. 81, 110 e 323 c.p.
«perché, in concorso tra loro con più atti esecutrici di un
medesimo disegno criminoso, con ordinanza del 14.12.2008 n. 30 a
firma di Cirella e con delibere di approvazione dei lavori della
Giunta Municipale n. 203 del 31.12.2008 e n. 59 dell’8.5.2009
precettando, quale ditta esecutrice dei lavori di intervento a
seguito dell’alluvione verificatasi in Falcone l’11 dicembre
2008, la ditta individuale di Trifilò Carmelo Salvatore nonostante
quest’ultimo, originario di Terme Vigliatore, risultasse gravato da
precedenti penali e all’epoca sottoposto a misura della custodia
cautelare in carcere (giusta ordinanza del G.i.p. del Tribunale di
Messina a seguito dell’operazione antimafia “Vivaio” della
Procura Distrettuale Antimafia di Messina), intenzionalmente
procuravano a questi un ingiusto vantaggio consistito
nell’affidamento di lavori per un ammontare pari a 70.660 euro».
Lavori
per i quali – come si legge nell'interrogazione – «il comune
di Falcone ha ricevuto dalla regione siciliana fondi per un ammontare
superiore ad un milione e quattrocentomila euro».
Lo
scorso 12 gennaio, il gip del Tribunale di Patti, Ugo Molina, aveva
fissato per il 16 settembre l’udienza preliminare in relazione alla
richiesta di rinvio a giudizio del Pubblico ministero Bonanzinga, ma
l'udienza è stata rinviata al 18 novembre prossimo per un
impedimento di uno dei difensori.
D'Uva
ha precisato come, «agli amministratori comunali, così come al
presunto boss Carmelo Salvatore Trifirò, si contesta la violazione
dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 252
del 1998, il quale prevede espressamente che, «quando, a seguito
delle verifiche disposte dal prefetto, emergono elementi relativi a
tentativi di infiltrazione mafiosa nelle società o imprese
interessate, le amministrazioni cui sono fornite le relative
informazioni, non possono stipulare, approvare o autorizzare i
contratti o subcontratti, né autorizzare, rilasciare o comunque
consentire le concessioni e le erogazioni», chiedendo quindi al
ministro Alfano «se sia a conoscenza dei fatti sin qui esposti
e se intenda valutare la sussistenza dei presupposti per avviare
iniziative ai sensi degli articoli 141, 142 e 143 del testo unico
delle leggi sull'ordinamento degli enti locali».
Quella
del deputato grillino non è la prima interrogazione parlamentare
riguardante le vicende di Falcone, atti analoghi erano stati
presentati dall'ex ministro Antonio Di Pietro e dal senatore
Scilipoti dopo che in un'inchiesta giornalistica, “Falcone colonia
di mafia fra Tindari e Barcellona”, a firma di Antonio Mazzeo,
pubblicata dal periodico I Siciliani giovani nell'agosto 2012, erano
state descritte alcune vicende che avevano interessato la vita
politica, sociale, economica ed amministrativa della piccola
cittadina della costa tirrenica (speculazioni immobiliari dalle
devastanti conseguenze ambientali e paesaggistiche; lavori di somma
urgenza post alluvione del 2008 dal forte impatto sul fragilissimo
territorio; ecc.) nonché le origini e le dinamiche evolutive delle
organizzazioni criminali presenti nel territorio, organicamente
legate alle potenti cosche mafiose di Barcellona Pozzo di Gotto.
Per
quell'inchiesta però Mazzeo è stato querelato dal Comune di Falcone
e rinviato a giudizio, nonostante il pm ne avesse richiesto
l'archiviazione perché il giornalista «a parere di quest’ufficio
– si leggeva nella richiesta – , non travalica il limite di
critica politica/storica posto che nella ricostruzione della storia
del Comune di Falcone richiama fatti da sempre ricollegati al paese
nonché problematiche sociali che attengono alla realtà del
territorio locale».
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