I controlli eseguiti dal Noe dei
Carabinieri sul sito della discarica di
Mazzarrà Sant'Andrea, posta sotto sequestro dalla magistratura per gravi reati ambientali, hanno riscontrato livelli di percolato molto
elevati, forse sopra il limite di bonificabilità.
«La bomba ecologica
di Mazzarrà S.Andrea sta dunque per esplodere, come era prevedibile,
mettendo in pericolo la salute pubblica (e le tasche dei cittadini).
Val la pena di chiedersi quali siano le cause e di chi siano le
responsabilità.»
A lanciare l'allarme è Beniamino Ginatempo, presidente dell'associazione Zero Waste Sicilia, ordinario di fisica presso l'università di Messina.
Ginatempo ricorda come la
direttiva europea 1999/31/CE Discariche,
recepita in legge con il D.lgs.
n.36 del 12/03/2003, impone che i
rifiuti tal quale vadano “trattati” allo scopo di
prevenire/ridurre la formazione del percolato, prima di essere
abbancati.
Spiega quindi che questo trattamento preventivo, ovvero il trattamento meccanico-biologico (TMB), consiste
dapprima nella triturazione e separazione meccanica della frazione
umida (che inevitabilmente sarà “sporca” di secco), e nel secco
indifferenziato (“sporco” di umido). Il trattamento biologico
consiste nella stabilizzazione della frazione organica (FOS), ovvero
un materiale che abbancato produce pochissimo percolato. La FOS può
essere a volte usata nella bonifica delle discariche chiuse ed
illegali; il secco indifferenziato può essere avviato al recupero
spinto o all’estrusione termomeccanica (produzione di plastiche
multi composite); o più scelleratamente alla produzione di CSS da
incenerire.
«Un impianto di TMB a Mazzarrà avrebbe potuto evitare
questa ennesima crisi.», sostiene il docente.
L'impianto in questione però, pur se autorizzato nel 2009, e stato realizzato
solo nella parte edilizia. La sua Aia (autorizzazione integrata ambientale), scaduta nel 2014, non è
stata rinnovata dal Dipartimento regionale acque e rifiuti
dell’Assessorato Regionale dell’Energia e dei Servizi di Pubblica
Utilità il 23 ottobre 2014. Lo stesso Tar di Catania con sentenza n.
01177/2015 dell’8 aprile scorso ha rigettato il relativo ricorso
della Tirrenoambiente, la società strumentale del comune di Mazzarrà Sant’Andrea che gestisce l'invaso, perché infondato.
«Ma - denuncia Ginatempo - quasi tutte le discariche siciliane non sono attrezzate di questi
impianti di TMB, o se lo sono non hanno capacità sufficiente a
trattare i volumi di rifiuti in entrata. Pertanto il conferimento dei
rifiuti in Sicilia è quasi dovunque illegale e soggetto a sanzioni
europee, per la violazione della direttiva citata. Infatti la
Commissione Europea ha comminato sanzioni all’Italia, che, oltre a
€40 milioni di pregresso, consistono dall’ottobre 2014 in
€200.000 ogni 6 mesi, per ogni discarica illegale (il doppio per
ogni sito chiuso ma non bonificato, tre in provincia di Messina). È
presumibile che tali sanzioni verranno pagate dai cittadini tramite
ulteriori aumenti delle TARI.»
Secondo il presidente di ZWS, la costruzione degli impianti di TMB, prevista nel piano regionale
del 2012 non è mai stata imposta alle società di gestione delle
discariche dalla regione, anzi le AIA concesse e rinnovate, anche in
violazione alla legge citata, hanno condotto la magistratura ad
indagare, sospendere, sequestrare, commissariare.
Sono dunque
evidenti le inadempienze burocratiche e politiche della regione - da
Zero Waste Sicilia denunciate ripetutamente, e persino in audizione
alla commissione parlamentare ecoreati – e va dato atto
all’ex-assessore regionale Nicolò Marino di aver cominciato una
battaglia per la legalità contro i padroni delle discariche.
Battaglia che lo ha visto soccombere malamente perché fu presto
rimosso. Aveva toccato interessi consolidati?
«È
vero - prosegue - che i comuni dovrebbero ridurre le quantità di rifiuti che
smaltiscono, incentivando la raccolta differenziata (RD) con la
tariffazione “paga per quanto butti”e organizzando la raccolta
porta a porta (PAP). I siciliani infatti foraggiano le discariche con
470 kg/ab./anno
di tal quale, a fronte di realtà molto più virtuose come il
consorzio Contarina (prov. Treviso, 530.000 ab.), in cui la TARI è
la più bassa d’Italia, e solo 50
kg/ab./anno vengono smaltiti.
Ma in Sicilia non ci sono impianti di compostaggio per il trattamento
dell’umido di qualità raccolto PAP, ci sono pochi impianti di
valorizzazione del secco da RD, non ci sono in pratica impianti di
TMB. Il che rischia di vanificare ogni sforzo.»
«Chi ne ha beneficiato
e continuerà a beneficiarne?», si chiede quindi il professor Ginatempo?
«Si
badi bene - ha concluso il docente messinese - che la ventilata idea della giunta Crocetta e
dell’assessora Contrafatto di costruire sei inceneritori di CSS
nelle grandi discariche o nelle loro vicinanze servirebbe sì ad
evitare il percolato ma anche a certificare che in Sicilia i
materiali post-consumo non sono risorse pubbliche dei siciliani, se
recuperati, ma fonte di lucro per i soliti intoccabili.»
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