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domenica 2 agosto 2015

L'audizione davanti alla Commissione sulle ecomafie dei vertici di Tirrenoambiente

Il 22 giugno scorso il presidente e l'amministratore delegato di Tirrenoambiente sono stati sentiti davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.
La Commissione si occupa degli illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti. L'audizione dei vertici della società strumentale del Comune di Mazzarrà sant'Andrea, rientra nell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sulla Regione siciliana.
L'audizione, in origine prevista per l'8 giugno, era stata rinviata a seguito della nomina, proprio in quei giorni, del nuovo amministratore delegato Alfio Raineri.

L'assetto societario di Tirrenoambiente

Il presidente Bratti apre l'audizione chiedendo notizie sulla composizione societaria, sulla situazione dal punto di vista autorizzativo, considerato che la Commissione ha ricevuto diverse segnalazioni di situazioni che hanno comportato anche degli interventi da parte dell'autorità giudiziaria. 
Il presidente di Tirrenoambiente, l'avvocato Antonia De Domenico ha risposto: «Per quanto riguarda la situazione societaria, io sono stata nominata il 31 ottobre. Il 3 novembre è stata posta sotto sequestro la discarica e sono state revocate le autorizzazioni. Per quanto riguarda la società, da quando sono presidente si è iniziata un'attività per ridurre il consiglio d'amministrazione, considerando che noi siamo un organismo di diritto pubblico. Abbiamo provveduto alla modifica statutaria, riducendo il consiglio d'amministrazione da sette a tre…» [...]
«Noi siamo una società mista, per il 51 per cento pubblica. Il socio di maggioranza dei pubblici è il comune di Mazzarrà Sant'Andrea e poi nove piccoli comuni che hanno delle piccole quote (il comune di Mazzarrà Sant'Andrea ha una quota prevalente, il 45,48 per cento). La rimanente parte, il 49 per cento, è di soci operativi scelti attraverso una gara a doppio gettito.» [...]
Soci operativi che sono: «... Ederambiente, Secit, Gesenu, San Germano, ma non ricordo le altre. Poi c’è una posizione, dell'1 per cento, che è della Themis, però, al momento, questa posizione è in standby perché la Themis si è fusa con la società Osmon, la quale ha richiesto di diventare socia ma non l'abbiamo iscritto nel libro soci perché deve avere una serie di requisiti, così come i soci che hanno partecipato al bando. Quindi, abbiamo richiesto tutta la documentazione alla Osmon e la certificazione antimafia alla prefettura di Novara
«Perché la Osmon pare essere interessata a ben altro…» ha chiesto il presidente Bratti.
«La Osmon è una società che precedentemente aveva avuto degli incarichi nonostante non fosse un socio operativo. Poi c’è stata un'attività stragiudiziaria; sono state fatte delle transazioni tra la Osmon e la Tirrenoambiente e queste transazioni sono oggetto di un'attività giudiziaria da parte della procura di Vercelli. Oggi con la Osmon abbiamo un arbitrato dinanzi alla Camera arbitrale di Milano, dove noi, come Tirrenoambiente, ci siamo costituiti chiedendo la somma di circa 12 milioni di euro, posto che riteniamo il contratto nullo in virtù della circostanza per cui, se siamo una società pubblica, non possiamo dare incarichi senza gara.»
E Bratti di rimando: «Come mai questa interrelazione così forte con Vercelli ?»
Perché Osmon ha sede a Novara.
«Ma non solo, anche gli amministratori che avevate prima…», ha replicato il presidente.
«Io sono preparata per quello che è di mia competenza…» [...] «Dico ciò che so e che conosco bene. L'amministratore precedente all'ingegnere Raineri era Piccioni, quello precedente ancora era Antonioli, il quale, da ultimo, era anche amministratore della Osmon.
E Bratti «Parente di Piccioni, l'Antonioli?»
«Cognato di fatto, non parente diretto. Antonioli era amministratore dell'Osmon ed è diventato anche amministratore di Tirrenoambiente. La situazione Antonioli ha investito esattamente il mio mandato perché, nel momento in cui mi sono insediata, è stato richiesto di fare un contratto come direttore generale ad Antonioli, che quando io sono subentrata non era più amministratore delegato.
Mi viene sottoposto questo contratto come direttore generale, il cui incarico era stato deliberato l'anno prima per un compenso di 150.000 euro l'anno. Mi viene quindi sottoposto un contratto da 180.000 euro, non più 150.000 come deliberato, con effetto retroattivo. Decido di non firmarlo, lo sottopongo a parere e il legale mi conferma che non dovevo firmare quel contratto e che la delibera non doveva essere esistente. Antonioli, nel frattempo, inizia un'attività stragiudiziale, nel senso che invia delle lettere chiedendo la firma del contratto. Permettetemi, però, di tornare per un attimo indietro per una precisazione. Quando mi viene richiesta la firma del contratto, Antonioli era ancora agli arresti domiciliari, dopodiché ha avuto una limitazione per la Sicilia; quindi, il 18 dicembre si presenta in società volendo effettuare una gara. Io, però, l'ho sospeso, dicendo che non poteva far ciò posto che per me lui non era il direttore generale della società, non avendo io firmato il contratto. La sua posizione era sottoposta a parere, quindi l'ho sospeso. A partire da questa sospensione, ho ritenuto di non firmare il contratto. Oggi la sua posizione è che il suo contratto è stato dichiarato inesistente. Lui parte dal presupposto di aver percepito delle somme, salvo poi appurare che, siccome lui era anche amministratore delegato, non ha percepito delle somme ma se l’è attribuite ! Quindi oggi il suo rapporto è stato dichiarato inesistente e ora provvederemo, previo confronto con l'avvocato, a richiedere indietro le somme che si è attribuito da dicembre a luglio.»

Le autorizzazioni

Esaurito il discorso sugli assetti societari, la De Domenico risponde sullo stato attuale della società.
«Le autorizzazioni sono state sospese a seguito anche dell'attività della magistratura di Barcellona Pozzo di Gotto su un'area dell'impianto complessivo della discarica. L'area di Mazzarrà Sant'Andrea è una grossa area dove, per anni, sono state svolte operazioni di abbancamento dei rifiuti e dove sono presenti anche un impianto di cogenerazione di energia elettrica – con i gas provenienti dalla discarica – e un impianto per il trattamento del percolato, costruito ma non ancora attivato; ci sono, poi, gli uffici. La parte della discarica intesa come aree di abbancamento è stata sequestrata dal magistrato e quindi siamo in attesa dell'esito delle indagini per vedere come si dovrà procedere. Stiamo svolgendo con grande difficoltà una serie di attività non solo dovute, ma anche prescritte dall'ordinanza del giudice delle indagini preliminari nell'ambito di un'accorta gestione, soprattutto del percolato, che ci crea grossi problemi. Inoltre, sono state fatte anche delle opere a tutela dell'ambiente di copertura provvisoria per evitare infiltrazioni delle acque meteoriche, nonché di regimentazione delle stesse.
Per l'impianto di depurazione, parzialmente già realizzato (quanto meno le opere murarie per la biostabilizzazione), le relative autorizzazioni sono state ritirate. L'impianto di trattamento del percolato era stato autorizzato per cinquanta metri cubi/giorno – interessantissimo volume – ed è stato chiesto di estenderlo fino a duecento: non solo non è stata accolta la richiesta, ma è stata anche tolta l'autorizzazione. Identica cosa è avvenuta per l'impianto di biostabilizzazione. Tra l'altro, su tutti i manufatti esistenti in discarica il comune di Mazzarrà Sant'Andrea ha provveduto a emettere un'ordinanza di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi. Contro questa ordinanza è stato fatto ricorso al TAR ed è stata emanata una sospensiva, una decina di giorni fa. Identicamente, per quanto riguarda la revoca dell'autorizzazione all'impianto di trattamento, è stato prodotto ricorso al TAR e c’è stata una sospensiva del diniego di trattamento. Le autorizzazioni sono state sospese perché, per quello che ho potuto appurare in questi pochi giorni – pensavo di dover svolgere un'attività di natura tecnico-amministrativa e invece mi ritrovo dietro ai creditori che, ogni giorno, arrivano con i decreti ingiuntivi, facendo, quindi, più attività finanziaria che la mia attività specifica professionale – pare che ci siano state delle modifiche ai progetti originali, vistate come varianti non sostanziali ma che, di fatto, lo sono. Questo è un problema serio. Quando una grossa vasca di percolato, che doveva avere le dimensioni di sei serbatoi per trenta metri cubi cadauno, si trasforma in una vasca di 2.300 metri cubi, è chiaramente qualcosa di molto diverso da quello che era stato autorizzato. Identica cosa è stata fatta sull'impianto di biostabilizzazione, dove a un originario progetto del valore di circa 14 milioni complessivi, fra costruzioni murarie e impiantistica, si è andato a sovrapporre un progetto di circa 30 milioni che, sebbene molto più avanzato per la produzione di gas metano, era chiaramente in difformità: certamente si è trattato di una variante essenziale.»
«Per quello che conoscete, - replica il presidente Bratti - come è possibile che in un consiglio di amministrazione, tra l'altro composto da società – vedo anche la Gesenu – che una qualche professionalità nel campo dei rifiuti dovrebbero averla, si possa non sapere che un amministratore delegato sta facendo questo o quell'altro ? Lei ha sottolineato ciò ma, in realtà, qui si parla di differenze enormi, direi eclatanti: come mai il consiglio d'amministrazione – per non parlare del pubblico, essendo questa una società a maggioranza pubblica – non si è mai accorto di una situazione di questo genere
E qui risponde l'amministratore delegato Raineri: «Presidente, per quello che ho potuto vedere e capire in questi venti giorni, le direi, come si suole dire: un po’ di tutto ma niente e tutto. La gestione era prettamente imprenditoriale, di natura squisitamente privatistica e verticistica. L'avvocato, entrata qualche mese prima di me, ha cominciato a porre in essere alcuni cambiamenti; da circa un mese le do man forte per cercare di spostare tutto il sistema di gestione – soprattutto decisionale – dall'area squisitamente privatistica all'area di natura pubblicistica. Stiamo creando il RUP per i piccoli provvedimenti, stiamo cercando di ragionare sulla presenza di un ufficio tecnico che possa garantire le attività previste dagli uffici tecnici – cioè l'evidenza, la gara d'appalto, la selezione dei professionisti – secondo i modi e i termini previsti dalla normativa (mi riferisco al 163, al Codice degli appalti, che penso sia noto a questa Commissione); stiamo cercando di spostare quest'asse, non senza qualche rallentamento, qualche difficoltà e qualche incongruenza. Trattandosi di un'azienda particolare, sarebbe diverso se potessimo chiuderla e riaprirla fra tre mesi: è come una nave che cerchiamo di sistemare durante la navigazione. Tra l'altro, il mare è agitato, perché abbiamo problemi di natura finanziaria piuttosto forti, che ci preoccupano.
Quest'ultima affermazione porta Bratti a chiedere: «Adesso, da un lato dovete ottemperare alla messa in sicurezza di carattere ambientale, che comporta dei costi ma, dall'altro, da dove entrano le risorse?»
«Presidente, questo è un problema grosso…», la lapidaria risposta dell'ad a cui si aggiunge la De Domenico: «Proprio adesso abbiamo un problema strettamente finanziario, nel senso che abbiamo uno squilibrio: abbiamo debiti di circa 10 milioni di euro – ovviamente certi ed esigibili – e crediti per circa 50 milioni di euro verso le ATO, la cui esigibilità è molto lenta.
In realtà, in questo momento – cioè, proprio in questo momento storico, perché non sappiamo quale sarà l'evoluzione futura – è stata emessa una sentenza che nominerà i commissari ad acta affinché i debiti dell'ATO vadano in piattaforma. Tuttavia, intanto, li nomineranno? Con che tempi? Inoltre, supponendo di averli in piattaforma, riusciamo a scontarli? In questo momento abbiamo questa sentenza positiva, che ovviamente ci "predispone bene", ma oggi abbiamo una situazione finanziaria terribile: ad oggi, abbiamo in società decreti ingiuntivi per circa 3 milioni di euro, di cui 2,8 esecutivi, quindi con precetto.
Con le piccole riserve che abbiamo – che non sono proprio piccolissime – dobbiamo smaltire il percolato, un obbligo che ci ha imposto la procura.»
«Con un investimento mensile di 300.000 euro, presidente.» aggiunge Raineri.
E il presidente di Tirrenoambiente ha aggiunto: «Comunque, al di là delle prescrizioni della procura, se non smaltissimo il percolato creeremmo un danno ambientale incredibile
«Su questo - precisa Raineri - ci siamo incontrati anche con il dirigente generale della Regione siciliana (proprio venerdì eravamo lì per altri motivi e siamo stati gentilmente accolti). Ci siamo presentati – anche per motivi di correttezza istituzionale – e abbiamo rappresentato la nostra posizione. Sul percolato, che è la questione che più ci angoscia, abbiamo riserve finanziarie molto modeste, forse intorno a un milione, ma non andremo più in là di tre mesi. Inoltre, essendoci stata la sentenza del TAR circa la sospensione dell'ordinanza di demolizione avanzata dal comune, nonché, per quanto riguarda la stessa Regione siciliana, l'utilizzo, abbiamo chiesto al dirigente se si poteva, nel giro di tempi stretti, verificare alcuni passaggi. Il passaggio fondamentale che volevamo verificare, che abbiamo ventilato e che è stato accolto con soddisfazione, è stato questo: noi vorremmo ripartire con il percolato a cinquanta metri cubi minimo, ponendo la clausola importante secondo cui non scaricheremo nel Mazzarrà, cioè le acque trattate non saranno scaricate nel fiume – a tutela del fiume – ma saranno portate agli impianti di depurazione consortile delle aree civili, stante che i parametri sono quelli civili.
  Abbiamo fatto una piccola inchiesta tra persone che conosciamo, dirigenti eccetera e la questione non sarebbe del tutto infondata, quindi, dando garanzia di tutela ambientale, che tra l'altro ha molto infastidito negli anni alcuni sindaci, segnatamente il sindaco di Furnari, il quale si è battuto per la sua comunità in maniera piuttosto decisa, osteggiando le attività dell'azienda.»

La chiusura della discarica

Ma a che punto è l'iter di chiusura dell'invaso di contrada Zuppa?

L'amministratore delegato di Tirrenoambiente: «Voglio ancora chiarire che il primo luglio andremo alla Regione siciliana per iniziare le conferenze di servizi sul progetto di chiusura. Per tale progetto di chiusura è stato dato incarico, al solito, senza evidenza pubblica (almeno per la parte di direzione lavori, vedremo come possiamo arrivare). Dopodiché il progetto è stato preparato, una copia è stata mandata alla procura competente, che sta facendo le indagini – ciò mi pare, quantomeno, dovuto – e una copia alla Regione siciliana per chiedere la conferenza dei servizi: siamo stati chiamati per il primo luglio. Eravamo, infatti, a Palermo e mi sono recata presso l'ufficio competente per ricordare che essendo in corso un'attività da parte del magistrato su questa discarica, bisognava, per motivi di correttezza, aspettare che si chiudesse questa vicenda, oppure che si aprisse la conferenza e in quella sede avremmo sollevato la questione (anche perché le risultanze a seguire potranno avere conseguenze più o meno gravi). Noi siamo pronti a discutere con tutti. Qualora questo progetto potesse fare il suo corso, dopo gli eventuali rilievi della procura e dei suoi consulenti, abbiamo chiarito che saremo ben lieti – faremo per questo istanza al giudice – se, dopo la gara d'appalto – se si deve fare – per la direzione dei lavori, dopo che la parte pubblica nominerà i collaudatori, il giudice potesse valutare l'opportunità che il consulente di questa fase possa essere nominato dall'ufficio di alta sorveglianza dei lavori, al fine di chiarire ed essere certi – sicuri – che tutto si muova secondo un'ottica di trasparenza e soprattutto di legalità. Questo è un elemento importante.
Per quanto riguarda il percolato, abbiamo già inviato una comunicazione ai vertici regionali circa questa difficoltà, che si potrebbe palesare entro novanta giorni, cioè sulla possibilità che il percolato possa non essere smaltito. La Regione siciliana è creditrice e, in qualità di creditore, attraverso l'ATO, non ha voluto certificare il credito, perché si riteneva che l'ATO non fosse un ente pubblico. Allora, il TAR di Catania ha fatto una prima sospensiva, dopodiché ha sentenziato (vi è la sentenza definitiva, a meno che non sia appellata al CGA) che l'ATO è un ente pubblico e come tale deve ottemperare. È notizia di ieri – o avantieri – che il funzionario, dottor Barillà, ha già chiesto di nominare i commissari, anzi, li ha nominati per poter certificare il credito. È un passaggio stretto. Se riusciamo ad avere la certificazione dei crediti e a scontarli per tempo, forse andiamo avanti, diversamente, entro novanta giorni, così come già rappresentato alle autorità competenti, potremmo avere grosse difficoltà. Nell'ipotesi più favorevole – speriamo che possa avverarsi – essendoci risorse consistenti, non abbasseremo il livello di investimento per quanto riguarda il percolato, fermo restando che questa stessa Commissione ha verificato che tutto questo percolato va in giro per l'Italia. In quel caso, manterremo fermo l'investimento e, potendo noi utilizzare l'impianto che abbiamo, potremmo aumentare, a parità di costi, il quantitativo di materiale per accelerare le operazioni di bonifica della discarica: prima tutto questo percolato va via da quell'area, prima quell'area entra in una fase di relativa sicurezza. La salute e la tutela dell'ambiente sono costituzionalmente sancite, mentre i bilanci delle società sono tutelati dal codice civile, dal diritto fallimentare. Questa è l'impostazione che vorremmo dare. Concludo dicendo che stiamo tentando di formare un ufficio tecnico, che ci dovrebbe garantire, per quanto riguarda tutte le procedure di selezione, sia dei professionisti, sia delle imprese, sia dei servizi.»
E la De Domenico aggiunge: «Abbiamo provveduto ad approvare il regolamento del codice degli appalti, quindi, adesso, ci affacciamo a questo mondo nuovo per la società, che noi riteniamo sia anche quello giusto. In funzione di questo, abbiamo bisogno di un supporto, quindi creeremo un ufficio all'interno con specifiche competenze (vedremo se ci sarà il bisogno di un formatore). È una situazione in crescendo, nel senso che è una cosa nuova per la società.».
Interviene l'onorevole Nugnes replicando che al di là della sostituzione dei vertici, le responsabilità societarie restano
«Per esempio, continua la Nugnes - le polizze e le fideiussioni, che dovevano essere a garanzia, per la gestione del post mortem ma anche per quanto riguarda gli ampliamenti che erano previsti, sono comunque a carico delle società che ci sono, cioè sono lì per la loro quota parte. Quindi, anche se togliamo le persone che sono indagate, le società devono rispondere. Dunque, non comprendo questa criticità economica di gestione, visto che, comunque, è un dovere societario. Al di là dei crediti che si vantano, io devo rispondere a quelli che sono i miei obblighi, quindi, visto che la formazione societaria di questo gruppo è solidissima, al di là del 51 per cento pubblico, ritengo che le società dovrebbero essere pronte alla gestione delle parti di loro competenza.
Lei ha parlato anche di alcune prescrizioni della procura, se non sbaglio per la gestione del percolato. Ci ha parlato di grosse difficoltà, però anche questo mi sembra un atto assolutamente dovuto, così come la copertura: come mai la società lamenta la difficoltà di fare questi atti dovuti?»
La risposta di raineri: «La società non lamenta di adempiere a quello che un'ordinanza del giudice penale ha stabilito, così come ad un impegno societario ancora a monte, in quanto, nel momento in cui sono state attivate le aree di abbancamento, era previsto che nelle tariffe ci fosse una quota di accantonamento che andasse a fare le operazioni di chiusura e quindi la gestione di post chiusura. Il bilancio economico dell'azienda è solido, perché a fronte di circa 10-12 milioni di debiti che ci vengono richiesti a viva forza, tutti i giorni, abbiamo circa 50 milioni di crediti che vantiamo rispetto alle ATO. Peraltro, non è certamente un pagamento, ma è una certificazione che, con l'avallo della Cassa depositi e prestiti, potremmo poi scontare.»
la replica della Nugnes: «Questo è il bilancio. Quindi, dovete dare 10 milioni e riceverne 50; fino a che non incasserete, dovete necessariamente attendere, ma non per tutti gli atti dovuti. Se infatti io devo gestire il post mortem, non posso rifarmi ai crediti che vanto, ma devo provvedere!»
«Nella tariffa era previsto…» prova a ribattere la De Domenico, subito interrotta dall'onorevole Nugnes: «Mi rendo conto di questo, però è anche vero che ci sono delle situazioni di gravità e reputo che le imputazioni a carico della società potrebbero anche aggravarsi, per esempio per disastro ambientale.
  Qualora la gestione del percolato o la copertura di questa discarica non dovesse essere effettuata, ci potremmo trovare di fronte ad altre imputazioni. Quindi, è interesse della società stessa provvedere ad alcuni adempimenti, e in anticipo.»
E l'amministratore delegato di Tirrenoambiente risponde che: «Per quanto riguarda l'ordinanza del giudice penale, che chiaramente richiama puntualmente quali sono gli obblighi che la società aveva assunto nel momento in cui aveva presentato il progetto (quindi, alla partenza), quest'ultima si è dimostrata diligente da questo punto di vista, avendo già fatto la copertura provvisoria, evitando che le acque piovane vadano a incrementare i quantitativi di percolato – il cui smaltimento è molto costoso – e ha realizzato anche un gruppo di pozzi intermedi, fra la chiusura definitiva e la gestione in essere, per poter estrarre biogas e percolato in maniera più uniforme. Il custode della discarica ci ha fatto pervenire, circa dieci giorni fa, una relazione in cui si diceva che, per quanto era stato possibile accertare, c'erano sacche di percolato, quindi i pozzi che lo stanno prelevando, non stanno facendo ciò omogeneamente.
Abbiamo dato incarico al nostro ufficio tecnico di anticipare uno stralcio progettuale, così com’è stato per la copertura, per poter realizzare ulteriori sei pozzi al fine di estrarre in maniera più uniforme il percolato dalla massa. È evidente che noi stiamo provvedendo a fare tutto, ma ci dobbiamo raffrontare con le difficoltà economiche di cui dicevamo. Se ai soci si può proporre di fare un aumento di capitale, quello è un discorso che va fatto se i soci intendono entrare con ulteriori finanziamenti. Dico subito che non ho avuto tanto tempo per potere andare a fondo della vicenda, poiché c’è sempre qualcuno che deve dire qualcosa e così il tempo vola. Comunque sia, c’è una celerità nella certificazione dei crediti e una lettera che noi abbiamo inviato, alla fine della scorsa settimana, a tutte le autorità regionali, chiedendo che, a seguito della nomina dei commissari, si verifichi se nei comuni dove questa società ha crediti, questi possano essere direttamente gestiti da noi, ovvero non si possa creare una contabilità speciale a nostro favore.
Come lei ha perfettamente individuato, infatti, la possibilità di fare dei danni è molto rilevante, quindi noi abbiamo già detto alle autorità competenti (a sua eccellenza il prefetto, al presidente e ai massimi dirigenti della Regione) che questo è lo statu e che noi abbiamo riserve – abbiamo dei titoli che possiamo scontare – ancora per circa tre mesi, ma non di più.
Abbiamo delle piccole entrate, però la certezza dello smaltimento non siamo in grado di fornirla. Dopodiché ciò diventa un problema di protezione civile, perché a quel punto non possiamo fare altro che constatare la situazione.»

I debiti degli Ato, rischio fallimento per i Comuni

Riallacciandosi alle difficoltà finanziarie l'onorevole Stella Bianchi chiede: «Riguardo ai crediti di cui state chiedendo la certificazione, ci sembra che tale certificazione dei crediti incorra in un tema complessivo, per cui, una volta stabilito l'ammontare di debiti in bilancio degli ATO, si potrebbe decretare, ovvero arrivare ad un'ipotesi di sostanziale fallimento dei comuni che hanno debiti con le diverse società: è questa una valutazione che avete fatto anche voi? Ci sembra questo, infatti, un meccanismo vizioso, che rischia di non trovare soluzione, perché se per avere il vostro riscontro di credito – che nessuno mette in dubbio – saltano le casse comunali dei comuni che vi devono restituire dei soldi, questa strada potrebbe non essere percorribile. L'ipotesi cui lei accennava poco fa, cioè di un possibile aumento di capitale, era proprio ciò che volevo chiedervi, cioè se stiate esplorando altre strade – immagino di sì – per avere delle risorse, perché potrebbe essere difficile prevedere che la prima vada a buon fine, vista la complessità. Vorrei sapere, quindi, se stiate esplorando altre strade e chi possa eventualmente incoraggiare – il Comune di Mazzarrà, ovvero altre istituzioni – i soci privati a prendere la decisione di sostenere l'aumento di capitale, perché abbiamo visto che il comune non è una metropoli di enormi dimensioni, quindi immaginiamo che il suo sindaco non abbia un enorme potere di pressione politica.»
«Al di fuori della volontà e della disponibilità, ci sono dei limiti.» risponde l'ad Raineri.

Ma il torrente è inquinato?

«Quindi avete interessato di questo altre istituzioni a livello regionale e provinciale? - chiede la Bianchi - Che risposte vi stanno dando? Avete riscontri dai soci privati rispetto a un possibile aumento di capitale? Si accennava a misurazioni effettuate sullo stato di possibile inquinamento del torrente Mazzarrà, che scorre lì accanto. Noi condividiamo la vostra stessa preoccupazione. Abbiamo avuto occasione di fare un sopralluogo e abbiamo visto un torrente che scorre accanto a quella discarica. Ciò ha destato in tutti noi preoccupazione. Ci è stato detto che queste rilevazioni vengono fatte con dei piezometri posizionati all'esterno del bordo della discarica, ma che sinora non hanno rilevato niente di particolarmente significativo. D'altro canto, questi piezometri non sono neanche posizionati nel posto più sensibile. Vi sono arrivate, in tal senso, richieste di riposizionamento dei piezometri? Eventualmente, siete ben disposti a metterli dove deve essere misurato l'eventuale danno?»
«Le rispondo io per la parte finale - interviene Raineri - e poi l'avvocato risponderà al resto. È chiaro che, essendo in corso un'attività del magistrato con i suoi consulenti, tutto è demandato alla programmazione degli interventi e degli accertamenti che si stanno facendo. Noi siamo, ovviamente, sempre pronti ad adempiere, nei modi e nei termini possibili, alle prescrizioni dell'autorità giudiziaria in relazione a quanto da lei detto. C’è anche un altro strano evento: noi non siamo costituiti nelle indagini, cioè ci sono gli amministratori precedenti che sono oggetto di indagine con i loro consulenti legali e tecnici, ma non noi come azienda. Magari sappiamo (però, in questa sede, le indiscrezioni non sono opportune) che il magistrato, attraverso i suoi consulenti, sta disponendo tutte le indagini, ma in questa fase è tutto a carico dell'attività del Ministero della giustizia. Se dobbiamo rifondere e ci verrà chiesto, noi saremo sempre pronti ad adempiere.»
E il presidente di Tirrenoambiente: «Noi abbiamo anche votato, in consiglio di amministrazione, sulla possibilità di costituirci parte civile proprio per partecipare a questi atti, perché il nostro legale, incaricato dall'ex amministratore delegato, ha provveduto a un'istanza di dissequestro della discarica che non è andata a buon fine. Oggi abbiamo dato incarico a un legale affinché difendesse la società, anche, ove necessario, per la costituzione di parte civile. Su questo si è già votato. Abbiamo già dato l'incarico, non solo su Barcellona ma anche per gli altri procedimenti, laddove possibile. Per esempio, in fase informale, il legale ci diceva che su Palermo, dove a mio modesto parere era opportuno costituirci parte civile, non siamo più nei termini, però sono in atto altri procedimenti in varie procure d'Italia e abbiamo già dato mandato al legale per costituirci. Ovviamente, quello di Barcellona ci preme molto di più perché ci sono delle esigenze (anche l'esigenza di non fare più smaltire le acque nel torrente Mazzarrà nasce da questo). Noi ci andiamo a presentare, però loro non sanno cosa vogliamo fare, quindi, allo stato, abbiamo l'ordinanza di demolizione sospesa. Lavorare sull'impianto di percolato che non smaltisce più nel torrente Mazzarrà, è una sicurezza sia per noi amministratori, sia – ne siamo convinti – anche per l'ambiente e per la salute, perché può succedere che l'impianto vada per un momento in tilt e quindi non si scarichino più acque depurate.

L'impianto di percolato

«Solo per rappresentare ai signori commissari la complessità della vicenda - interviene Raineri -, vi dico che questo impianto era stato messo in una fase di preavvio per effettuare una serie di prove tecniche, nonché dei test di efficienza. Nel momento in cui la procura di Barcellona ha avviato la sua azione, tutto il materiale è stato lasciato dentro l'impianto, chiedendo, inoltre, una relazione generale sullo stato dei beni immobili, che vanno tutelati perché sono anche pubblici. Infatti, una goccia d'acqua in un solaio si ripara con 2 euro ma, a distanza di dieci mesi, può invece causare un grave danno. Secondo ciò che mi è stato riferito, l'impianto è pieno di materiale. A quel punto, per tutelarlo, abbiamo cercato di farlo pulire. Sono quindi in corso le operazioni di pulitura e di ripristino. Vedremo se nel giro di un mese, discutendo serenamente con la Regione siciliana – visto che non siamo né amministratori proprietari, né amministratori soci, bensì soltanto dei professionisti esterni – avremo la possibilità di avviare questo impianto, che tanto sarebbe utile allo smaltimento del percolato.»

I rapporti con Gesenu e Osmon

Riallacciandosi alle domande della collega Nugnes, l'onorevole Vignaroli chiede: «... considerando, come quasi sempre succede, che i soldi del post mortem poi spariscano. Aggiungo, però, altre domande senza dare nulla per scontato. Attualmente, nel vostro organico, ci sono persone indagate o comunque attenzionate da procedimenti? Per quanto riguarda il recupero del biogas, quando abbiamo visitato l'impianto, abbiamo visto – se ricordo bene – l'impianto di recupero del biogas di produzione energetica: a chi vanno quei soldi, da chi viene gestita questa produzione energetica? In tutte le inchieste con le varie condanne (Giambò 416 bis) qual è il ruolo che avevano le grandi società private italiane, come ad esempio la Gesenu ? Erano queste ultime a conoscenza di questa situazione? Come gestivano e che potere avevano all'interno della vostra società?»
«Inizierei dall'ultima domanda - risponde la De Domenico -, alla quale non possiamo rispondere perché Gesenu prima aveva come amministratore delegato un ingegnere noto, tuttavia, da quando io sono presidente, è l'avvocato Gentile. Egli era noto anche nel consiglio di amministrazione della Tirrenoambiente, quindi, sicuramente, conosceva la realtà societaria della Tirrenoambiente. Per quanto riguarda il biogas, come ho detto prima, l'impianto è gestito da Osmon. Anche qui c’è un arbitrato pendente innanzi alla Camera arbitrale di Milano, di cui dovremmo avere gli atti, che vi lasciamo.»
«Ma l'impianto a biogas adesso è funzionante?» chiede Bratti.
«Sì.» risponde la De Domenico.
«Quindi, costoro prendono i soldi per gli incentivi?» chiede ancora il presidente.
«Ci risulta che al momento la Osmon, che ci ha inoltrato una lettera, sia andata in concordato preventivo.» risponde l'avvocato De Domenico e l'ad Raineri aggiunge che «Su questo, in camera arbitrale, il nostro legale ha eccepito la nullità del contratto ab origine, chiedendo la restituzione di 12 milioni.»
Secondo quanto dichiarato dalla De Domenico, ci sarebbero diverse cause di nullità nel contratto con la Osmon: non è stata richiesta la certificazione antimafia, non c’è il conto dedicato, così anche per tutti gli altri.

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