La Commissione si occupa degli illeciti
ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro
la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo
dei rifiuti. L'audizione dei vertici della società strumentale del Comune di Mazzarrà sant'Andrea, rientra nell'approfondimento che la
Commissione sta svolgendo sulla Regione siciliana.
L'audizione, in origine prevista per
l'8 giugno, era stata rinviata a
seguito della nomina, proprio in quei giorni, del nuovo
amministratore delegato Alfio Raineri.
L'assetto societario di Tirrenoambiente
Il presidente Bratti apre l'audizione chiedendo notizie sulla composizione societaria, sulla situazione dal punto di vista autorizzativo,
considerato che la Commissione ha ricevuto diverse segnalazioni di situazioni che
hanno comportato anche degli interventi da parte dell'autorità
giudiziaria.
Il presidente di Tirrenoambiente, l'avvocato Antonia De Domenico ha risposto: «Per quanto riguarda la situazione
societaria, io sono stata nominata il 31 ottobre. Il 3 novembre è
stata posta sotto sequestro la discarica e sono state revocate le
autorizzazioni. Per quanto riguarda la società, da quando sono
presidente si è iniziata un'attività per ridurre il consiglio
d'amministrazione, considerando che noi siamo un organismo di diritto
pubblico. Abbiamo provveduto alla modifica statutaria, riducendo il
consiglio d'amministrazione da sette a tre…» [...]
«Noi siamo una società mista, per il
51 per cento pubblica. Il socio di maggioranza dei pubblici è il
comune di Mazzarrà Sant'Andrea e poi nove piccoli comuni che hanno
delle piccole quote (il comune di Mazzarrà Sant'Andrea ha una quota
prevalente, il 45,48 per cento). La rimanente parte, il 49 per
cento, è di soci operativi scelti attraverso una gara a doppio
gettito.» [...]
Soci operativi che sono: «... Ederambiente, Secit, Gesenu,
San Germano, ma non ricordo le altre. Poi c’è una posizione,
dell'1 per cento, che è della Themis, però, al momento, questa
posizione è in standby perché la Themis si è fusa con la
società Osmon, la quale ha richiesto di diventare socia ma non
l'abbiamo iscritto nel libro soci perché deve avere una serie di
requisiti, così come i soci che hanno partecipato al bando. Quindi,
abbiamo richiesto tutta la documentazione alla Osmon e la
certificazione antimafia alla prefettura di Novara.»
«Perché la Osmon pare essere
interessata a ben altro…» ha chiesto il presidente Bratti.
«La Osmon è una società che
precedentemente aveva avuto degli incarichi nonostante non fosse un
socio operativo. Poi c’è stata un'attività stragiudiziaria; sono
state fatte delle transazioni tra la Osmon e la Tirrenoambiente e
queste transazioni sono oggetto di un'attività giudiziaria da parte
della procura di Vercelli. Oggi con la Osmon abbiamo un arbitrato
dinanzi alla Camera arbitrale di Milano, dove noi, come
Tirrenoambiente, ci siamo costituiti chiedendo la somma di circa 12
milioni di euro, posto che riteniamo il contratto nullo in virtù
della circostanza per cui, se siamo una società pubblica, non
possiamo dare incarichi senza gara.»
E Bratti di rimando: «Come mai questa interrelazione così
forte con Vercelli ?»
Perché Osmon ha sede a Novara.
«Ma non solo, anche
gli amministratori che avevate prima…», ha replicato il presidente.
«Io sono preparata per quello che è di mia
competenza…» [...] «Dico ciò che so e che conosco bene.
L'amministratore precedente all'ingegnere Raineri era Piccioni,
quello precedente ancora era Antonioli, il quale, da ultimo, era
anche amministratore della Osmon.
E Bratti «Parente di Piccioni,
l'Antonioli?»
«Cognato di fatto, non parente diretto.
Antonioli era amministratore dell'Osmon ed è diventato anche
amministratore di Tirrenoambiente. La situazione Antonioli ha
investito esattamente il mio mandato perché, nel momento in cui mi
sono insediata, è stato richiesto di fare un contratto come
direttore generale ad Antonioli, che quando io sono subentrata
non era più amministratore delegato.
Mi viene sottoposto questo
contratto come direttore generale, il cui incarico era stato
deliberato l'anno prima per un compenso di 150.000 euro l'anno. Mi
viene quindi sottoposto un contratto da 180.000 euro, non più
150.000 come deliberato, con effetto retroattivo. Decido di non
firmarlo, lo sottopongo a parere e il legale mi conferma che non
dovevo firmare quel contratto e che la delibera non doveva essere
esistente. Antonioli, nel frattempo, inizia un'attività
stragiudiziale, nel senso che invia delle lettere chiedendo la firma
del contratto. Permettetemi, però, di tornare per un attimo
indietro per una precisazione. Quando mi viene richiesta la firma del
contratto, Antonioli era ancora agli arresti domiciliari, dopodiché
ha avuto una limitazione per la Sicilia; quindi, il 18 dicembre si
presenta in società volendo effettuare una gara. Io, però, l'ho
sospeso, dicendo che non poteva far ciò posto che per me lui non era
il direttore generale della società, non avendo io firmato il
contratto. La sua posizione era sottoposta a parere, quindi l'ho
sospeso. A partire da questa sospensione, ho ritenuto di non firmare
il contratto. Oggi la sua posizione è che il suo contratto è stato
dichiarato inesistente. Lui parte dal presupposto di aver percepito
delle somme, salvo poi appurare che, siccome lui era anche
amministratore delegato, non ha percepito delle somme ma se l’è
attribuite ! Quindi oggi il suo rapporto è stato dichiarato
inesistente e ora provvederemo, previo confronto con l'avvocato, a
richiedere indietro le somme che si è attribuito da dicembre a
luglio.»
Le autorizzazioni
Esaurito il discorso sugli assetti societari, la De Domenico risponde sullo stato attuale della società.
«Le autorizzazioni sono state sospese a
seguito anche dell'attività della magistratura di Barcellona Pozzo
di Gotto su un'area dell'impianto complessivo della discarica. L'area
di Mazzarrà Sant'Andrea è una grossa area dove, per anni, sono
state svolte operazioni di abbancamento dei rifiuti e dove sono
presenti anche un impianto di cogenerazione di energia elettrica –
con i gas provenienti dalla discarica – e un impianto per il
trattamento del percolato, costruito ma non ancora attivato; ci sono,
poi, gli uffici. La parte della discarica intesa come aree di
abbancamento è stata sequestrata dal magistrato e quindi siamo in
attesa dell'esito delle indagini per vedere come si dovrà procedere.
Stiamo svolgendo con grande difficoltà una serie di attività non
solo dovute, ma anche prescritte dall'ordinanza del giudice delle
indagini preliminari nell'ambito di un'accorta gestione, soprattutto
del percolato, che ci crea grossi problemi. Inoltre, sono state
fatte anche delle opere a tutela dell'ambiente di copertura
provvisoria per evitare infiltrazioni delle acque meteoriche, nonché
di regimentazione delle stesse.
Per l'impianto di depurazione,
parzialmente già realizzato (quanto meno le opere murarie per la
biostabilizzazione), le relative autorizzazioni sono state ritirate.
L'impianto di trattamento del percolato era stato autorizzato per
cinquanta metri cubi/giorno – interessantissimo volume – ed è
stato chiesto di estenderlo fino a duecento: non solo non è stata
accolta la richiesta, ma è stata anche tolta l'autorizzazione.
Identica cosa è avvenuta per l'impianto di biostabilizzazione. Tra
l'altro, su tutti i manufatti esistenti in discarica il comune di
Mazzarrà Sant'Andrea ha provveduto a emettere un'ordinanza di
demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi. Contro questa
ordinanza è stato fatto ricorso al TAR ed è stata emanata una
sospensiva, una decina di giorni fa. Identicamente, per quanto
riguarda la revoca dell'autorizzazione all'impianto di trattamento, è
stato prodotto ricorso al TAR e c’è stata una sospensiva del
diniego di trattamento. Le autorizzazioni sono state sospese
perché, per quello che ho potuto appurare in questi pochi giorni
– pensavo di dover svolgere un'attività di natura
tecnico-amministrativa e invece mi ritrovo dietro ai creditori che,
ogni giorno, arrivano con i decreti ingiuntivi, facendo, quindi, più
attività finanziaria che la mia attività specifica professionale –
pare che ci siano state delle modifiche ai progetti originali,
vistate come varianti non sostanziali ma che, di fatto, lo sono.
Questo è un problema serio. Quando una grossa vasca di percolato,
che doveva avere le dimensioni di sei serbatoi per trenta metri cubi
cadauno, si trasforma in una vasca di 2.300 metri cubi, è
chiaramente qualcosa di molto diverso da quello che era stato
autorizzato. Identica cosa è stata fatta sull'impianto di
biostabilizzazione, dove a un originario progetto del valore di circa
14 milioni complessivi, fra costruzioni murarie e impiantistica, si è
andato a sovrapporre un progetto di circa 30 milioni che, sebbene
molto più avanzato per la produzione di gas metano, era chiaramente
in difformità: certamente si è trattato di una variante essenziale.»
«Per quello che conoscete, - replica il presidente Bratti - come è
possibile che in un consiglio di amministrazione, tra l'altro
composto da società – vedo anche la Gesenu – che una qualche
professionalità nel campo dei rifiuti dovrebbero averla, si possa
non sapere che un amministratore delegato sta facendo questo o
quell'altro ? Lei ha sottolineato ciò ma, in realtà, qui si parla
di differenze enormi, direi eclatanti: come mai il consiglio
d'amministrazione – per non parlare del pubblico, essendo questa
una società a maggioranza pubblica – non si è mai accorto di una
situazione di questo genere?»
E qui risponde l'amministratore delegato Raineri: «Presidente, per quello che ho potuto
vedere e capire in questi venti giorni, le direi, come si suole dire:
un po’ di tutto ma niente e tutto. La gestione era prettamente
imprenditoriale, di natura squisitamente privatistica e verticistica.
L'avvocato, entrata qualche mese prima di me, ha cominciato a porre
in essere alcuni cambiamenti; da circa un mese le do man forte per
cercare di spostare tutto il sistema di gestione – soprattutto
decisionale – dall'area squisitamente privatistica all'area di
natura pubblicistica. Stiamo creando il RUP per i piccoli
provvedimenti, stiamo cercando di ragionare sulla presenza di un
ufficio tecnico che possa garantire le attività previste dagli
uffici tecnici – cioè l'evidenza, la gara d'appalto, la selezione
dei professionisti – secondo i modi e i termini previsti dalla
normativa (mi riferisco al 163, al Codice degli appalti, che penso
sia noto a questa Commissione); stiamo cercando di spostare
quest'asse, non senza qualche rallentamento, qualche difficoltà e
qualche incongruenza. Trattandosi di un'azienda particolare, sarebbe
diverso se potessimo chiuderla e riaprirla fra tre mesi: è come una
nave che cerchiamo di sistemare durante la navigazione. Tra l'altro,
il mare è agitato, perché abbiamo problemi di natura finanziaria
piuttosto forti, che ci preoccupano.
Quest'ultima affermazione porta Bratti a chiedere: «Adesso, da un lato dovete ottemperare
alla messa in sicurezza di carattere ambientale, che comporta dei
costi ma, dall'altro, da dove entrano le risorse?»
«Presidente, questo è un problema
grosso…», la lapidaria risposta dell'ad a cui si aggiunge la De Domenico: «Proprio adesso abbiamo un problema
strettamente finanziario, nel senso che abbiamo uno squilibrio:
abbiamo debiti di circa 10 milioni di euro – ovviamente
certi ed esigibili – e crediti per circa 50 milioni di euro
verso le ATO, la cui esigibilità è molto lenta.
In realtà, in questo momento –
cioè, proprio in questo momento storico, perché non sappiamo quale
sarà l'evoluzione futura – è stata emessa una sentenza che
nominerà i commissari ad acta affinché i debiti dell'ATO vadano in
piattaforma. Tuttavia, intanto, li nomineranno? Con che tempi?
Inoltre, supponendo di averli in piattaforma, riusciamo a scontarli?
In questo momento abbiamo questa sentenza positiva, che ovviamente ci "predispone bene", ma oggi abbiamo una situazione finanziaria
terribile: ad oggi, abbiamo in società decreti ingiuntivi per circa
3 milioni di euro, di cui 2,8 esecutivi, quindi con precetto.
Con le piccole riserve che
abbiamo – che non sono proprio piccolissime – dobbiamo smaltire
il percolato, un obbligo che ci ha imposto la procura.»
«Con un investimento mensile di 300.000
euro, presidente.» aggiunge Raineri.
E il presidente di Tirrenoambiente ha aggiunto: «Comunque, al di là delle prescrizioni della
procura, se non smaltissimo il percolato creeremmo un danno
ambientale incredibile.»
«Su questo - precisa Raineri - ci siamo incontrati anche con
il dirigente generale della Regione siciliana (proprio venerdì
eravamo lì per altri motivi e siamo stati gentilmente accolti). Ci
siamo presentati – anche per motivi di correttezza istituzionale –
e abbiamo rappresentato la nostra posizione. Sul percolato, che è la
questione che più ci angoscia, abbiamo riserve finanziarie molto
modeste, forse intorno a un milione, ma non andremo più in là di
tre mesi. Inoltre, essendoci stata la sentenza del TAR circa la
sospensione dell'ordinanza di demolizione avanzata dal comune,
nonché, per quanto riguarda la stessa Regione siciliana, l'utilizzo,
abbiamo chiesto al dirigente se si poteva, nel giro di tempi stretti,
verificare alcuni passaggi. Il passaggio fondamentale che volevamo
verificare, che abbiamo ventilato e che è stato accolto con
soddisfazione, è stato questo: noi vorremmo ripartire con il
percolato a cinquanta metri cubi minimo, ponendo la clausola
importante secondo cui non scaricheremo nel Mazzarrà, cioè le acque
trattate non saranno scaricate nel fiume – a tutela del fiume –
ma saranno portate agli impianti di depurazione consortile delle aree
civili, stante che i parametri sono quelli civili.
Abbiamo fatto una piccola
inchiesta tra persone che conosciamo, dirigenti eccetera e la
questione non sarebbe del tutto infondata, quindi, dando garanzia di
tutela ambientale, che tra l'altro ha molto infastidito negli anni
alcuni sindaci, segnatamente il sindaco di Furnari, il quale si è
battuto per la sua comunità in maniera piuttosto decisa, osteggiando
le attività dell'azienda.»
La chiusura della discarica
Ma a che punto è l'iter di chiusura dell'invaso di contrada Zuppa?
L'amministratore delegato di Tirrenoambiente: «Voglio ancora chiarire che il primo
luglio andremo alla Regione siciliana per iniziare le conferenze di
servizi sul progetto di chiusura. Per tale progetto di chiusura è
stato dato incarico, al solito, senza evidenza pubblica (almeno per
la parte di direzione lavori, vedremo come possiamo arrivare).
Dopodiché il progetto è stato preparato, una copia è stata
mandata alla procura competente, che sta facendo le indagini –
ciò mi pare, quantomeno, dovuto – e una copia alla Regione
siciliana per chiedere la conferenza dei servizi: siamo stati
chiamati per il primo luglio. Eravamo, infatti, a Palermo e mi sono
recata presso l'ufficio competente per ricordare che essendo in corso
un'attività da parte del magistrato su questa discarica, bisognava,
per motivi di correttezza, aspettare che si chiudesse questa vicenda,
oppure che si aprisse la conferenza e in quella sede avremmo
sollevato la questione (anche perché le risultanze a seguire
potranno avere conseguenze più o meno gravi). Noi siamo pronti a
discutere con tutti. Qualora questo progetto potesse fare il suo
corso, dopo gli eventuali rilievi della procura e dei suoi
consulenti, abbiamo chiarito che saremo ben lieti – faremo per
questo istanza al giudice – se, dopo la gara d'appalto – se si
deve fare – per la direzione dei lavori, dopo che la parte pubblica
nominerà i collaudatori, il giudice potesse valutare l'opportunità
che il consulente di questa fase possa essere nominato dall'ufficio
di alta sorveglianza dei lavori, al fine di chiarire ed essere certi
– sicuri – che tutto si muova secondo un'ottica di trasparenza e
soprattutto di legalità. Questo è un elemento importante.
Per quanto riguarda il percolato,
abbiamo già inviato una comunicazione ai vertici regionali circa
questa difficoltà, che si potrebbe palesare entro novanta giorni,
cioè sulla possibilità che il percolato possa non essere smaltito.
La Regione siciliana è creditrice e, in qualità di creditore,
attraverso l'ATO, non ha voluto certificare il credito, perché si
riteneva che l'ATO non fosse un ente pubblico. Allora, il TAR di
Catania ha fatto una prima sospensiva, dopodiché ha sentenziato (vi
è la sentenza definitiva, a meno che non sia appellata al CGA) che
l'ATO è un ente pubblico e come tale deve ottemperare. È notizia di
ieri – o avantieri – che il funzionario, dottor Barillà, ha già
chiesto di nominare i commissari, anzi, li ha nominati per poter
certificare il credito. È un passaggio stretto. Se riusciamo ad
avere la certificazione dei crediti e a scontarli per tempo, forse
andiamo avanti, diversamente, entro novanta giorni, così come già
rappresentato alle autorità competenti, potremmo avere grosse
difficoltà. Nell'ipotesi più favorevole – speriamo che possa
avverarsi – essendoci risorse consistenti, non abbasseremo il
livello di investimento per quanto riguarda il percolato, fermo
restando che questa stessa Commissione ha verificato che tutto questo
percolato va in giro per l'Italia. In quel caso, manterremo fermo
l'investimento e, potendo noi utilizzare l'impianto che abbiamo,
potremmo aumentare, a parità di costi, il quantitativo di materiale
per accelerare le operazioni di bonifica della discarica: prima tutto
questo percolato va via da quell'area, prima quell'area entra in una
fase di relativa sicurezza. La salute e la tutela dell'ambiente sono
costituzionalmente sancite, mentre i bilanci delle società sono
tutelati dal codice civile, dal diritto fallimentare. Questa è
l'impostazione che vorremmo dare. Concludo dicendo che stiamo
tentando di formare un ufficio tecnico, che ci dovrebbe garantire,
per quanto riguarda tutte le procedure di selezione, sia dei
professionisti, sia delle imprese, sia dei servizi.»
E la De Domenico aggiunge: «Abbiamo provveduto ad approvare il
regolamento del codice degli appalti, quindi, adesso, ci affacciamo a
questo mondo nuovo per la società, che noi riteniamo sia anche
quello giusto. In funzione di questo, abbiamo bisogno di un supporto,
quindi creeremo un ufficio all'interno con specifiche competenze
(vedremo se ci sarà il bisogno di un formatore). È una situazione
in crescendo, nel senso che è una cosa nuova per la società.».
Interviene l'onorevole Nugnes replicando che al di là della sostituzione dei vertici, le
responsabilità societarie restano.
«Per esempio, continua la Nugnes - le polizze e le
fideiussioni, che dovevano essere a garanzia, per la gestione del
post mortem ma anche per quanto riguarda gli ampliamenti che erano
previsti, sono comunque a carico delle società che ci sono, cioè
sono lì per la loro quota parte. Quindi, anche se togliamo le
persone che sono indagate, le società devono rispondere. Dunque, non
comprendo questa criticità economica di gestione, visto che,
comunque, è un dovere societario. Al di là dei crediti che si
vantano, io devo rispondere a quelli che sono i miei obblighi,
quindi, visto che la formazione societaria di questo gruppo è
solidissima, al di là del 51 per cento pubblico, ritengo che le
società dovrebbero essere pronte alla gestione delle parti di loro
competenza.
Lei ha parlato anche di alcune
prescrizioni della procura, se non sbaglio per la gestione del
percolato. Ci ha parlato di grosse difficoltà, però anche questo mi
sembra un atto assolutamente dovuto, così come la copertura: come
mai la società lamenta la difficoltà di fare questi atti dovuti?»
La risposta di raineri: «La società non lamenta di adempiere a
quello che un'ordinanza del giudice penale ha stabilito, così come
ad un impegno societario ancora a monte, in quanto, nel momento in
cui sono state attivate le aree di abbancamento, era previsto che
nelle tariffe ci fosse una quota di accantonamento che andasse a fare
le operazioni di chiusura e quindi la gestione di post chiusura. Il
bilancio economico dell'azienda è solido, perché a fronte di circa
10-12 milioni di debiti che ci vengono richiesti a viva forza, tutti
i giorni, abbiamo circa 50 milioni di crediti che vantiamo rispetto
alle ATO. Peraltro, non è certamente un pagamento, ma è una
certificazione che, con l'avallo della Cassa depositi e prestiti,
potremmo poi scontare.»
la replica della Nugnes: «Questo è il
bilancio. Quindi, dovete dare 10 milioni e riceverne 50; fino a che
non incasserete, dovete necessariamente attendere, ma non per tutti
gli atti dovuti. Se infatti io devo gestire il post mortem, non posso
rifarmi ai crediti che vanto, ma devo provvedere!»
«Nella tariffa era previsto…» prova a ribattere la De Domenico, subito interrotta dall'onorevole Nugnes: «Mi rendo conto di
questo, però è anche vero che ci sono delle situazioni di gravità
e reputo che le imputazioni a carico della società potrebbero anche
aggravarsi, per esempio per disastro ambientale.
Qualora la gestione del percolato
o la copertura di questa discarica non dovesse essere effettuata, ci
potremmo trovare di fronte ad altre imputazioni. Quindi, è interesse
della società stessa provvedere ad alcuni adempimenti, e in
anticipo.»
E l'amministratore
delegato di Tirrenoambiente risponde che: «Per quanto riguarda l'ordinanza del
giudice penale, che chiaramente richiama puntualmente quali sono gli
obblighi che la società aveva assunto nel momento in cui aveva
presentato il progetto (quindi, alla partenza), quest'ultima si è
dimostrata diligente da questo punto di vista, avendo già fatto la
copertura provvisoria, evitando che le acque piovane vadano a
incrementare i quantitativi di percolato – il cui smaltimento è
molto costoso – e ha realizzato anche un gruppo di pozzi intermedi,
fra la chiusura definitiva e la gestione in essere, per poter
estrarre biogas e percolato in maniera più uniforme. Il custode
della discarica ci ha fatto pervenire, circa dieci giorni fa, una
relazione in cui si diceva che, per quanto era stato possibile
accertare, c'erano sacche di percolato, quindi i pozzi che lo stanno
prelevando, non stanno facendo ciò omogeneamente.
Abbiamo dato incarico al nostro
ufficio tecnico di anticipare uno stralcio progettuale, così com’è
stato per la copertura, per poter realizzare ulteriori sei pozzi al
fine di estrarre in maniera più uniforme il percolato dalla massa. È
evidente che noi stiamo provvedendo a fare tutto, ma ci dobbiamo
raffrontare con le difficoltà economiche di cui dicevamo. Se ai soci
si può proporre di fare un aumento di capitale, quello è un
discorso che va fatto se i soci intendono entrare con ulteriori
finanziamenti. Dico subito che non ho avuto tanto tempo per potere
andare a fondo della vicenda, poiché c’è sempre qualcuno che deve
dire qualcosa e così il tempo vola. Comunque sia, c’è una
celerità nella certificazione dei crediti e una lettera che noi
abbiamo inviato, alla fine della scorsa settimana, a tutte le
autorità regionali, chiedendo che, a seguito della nomina dei
commissari, si verifichi se nei comuni dove questa società ha
crediti, questi possano essere direttamente gestiti da noi, ovvero
non si possa creare una contabilità speciale a nostro favore.
Come lei ha perfettamente
individuato, infatti, la possibilità di fare dei danni è molto
rilevante, quindi noi abbiamo già detto alle autorità competenti (a
sua eccellenza il prefetto, al presidente e ai massimi dirigenti
della Regione) che questo è lo statu e che noi abbiamo riserve –
abbiamo dei titoli che possiamo scontare – ancora per circa tre
mesi, ma non di più.
Abbiamo delle piccole entrate,
però la certezza dello smaltimento non siamo in grado di fornirla.
Dopodiché ciò diventa un problema di protezione civile, perché a
quel punto non possiamo fare altro che constatare la situazione.»
I debiti degli Ato, rischio fallimento per i Comuni
Riallacciandosi alle difficoltà finanziarie l'onorevole Stella Bianchi chiede: «Riguardo ai crediti di cui state chiedendo la
certificazione, ci sembra che tale certificazione dei crediti incorra
in un tema complessivo, per cui, una volta stabilito l'ammontare di
debiti in bilancio degli ATO, si potrebbe decretare, ovvero arrivare
ad un'ipotesi di sostanziale fallimento dei comuni che hanno debiti
con le diverse società: è questa una valutazione che avete fatto
anche voi? Ci sembra questo, infatti, un meccanismo vizioso, che
rischia di non trovare soluzione, perché se per avere il vostro
riscontro di credito – che nessuno mette in dubbio – saltano le
casse comunali dei comuni che vi devono restituire dei soldi, questa
strada potrebbe non essere percorribile. L'ipotesi cui lei accennava
poco fa, cioè di un possibile aumento di capitale, era proprio ciò
che volevo chiedervi, cioè se stiate esplorando altre strade –
immagino di sì – per avere delle risorse, perché potrebbe essere
difficile prevedere che la prima vada a buon fine, vista la
complessità. Vorrei sapere, quindi, se stiate esplorando altre
strade e chi possa eventualmente incoraggiare – il Comune di
Mazzarrà, ovvero altre istituzioni – i soci privati a prendere la
decisione di sostenere l'aumento di capitale, perché abbiamo visto
che il comune non è una metropoli di enormi dimensioni, quindi
immaginiamo che il suo sindaco non abbia un enorme potere di
pressione politica.»
«Al di fuori della volontà e della
disponibilità, ci sono dei limiti.» risponde l'ad Raineri.
Ma il torrente è inquinato?
«Quindi avete
interessato di questo altre istituzioni a livello regionale e
provinciale? - chiede la Bianchi - Che risposte vi stanno dando? Avete riscontri dai
soci privati rispetto a un possibile aumento di capitale? Si
accennava a misurazioni effettuate sullo stato di possibile
inquinamento del torrente Mazzarrà, che scorre lì accanto. Noi
condividiamo la vostra stessa preoccupazione. Abbiamo avuto occasione
di fare un sopralluogo e abbiamo visto un torrente che scorre accanto
a quella discarica. Ciò ha destato in tutti noi preoccupazione. Ci è
stato detto che queste rilevazioni vengono fatte con dei piezometri
posizionati all'esterno del bordo della discarica, ma che sinora non
hanno rilevato niente di particolarmente significativo. D'altro
canto, questi piezometri non sono neanche posizionati nel posto più
sensibile. Vi sono arrivate, in tal senso, richieste di
riposizionamento dei piezometri? Eventualmente, siete ben disposti
a metterli dove deve essere misurato l'eventuale danno?»
«Le rispondo io per la parte finale - interviene Raineri - e poi
l'avvocato risponderà al resto. È chiaro che, essendo in corso
un'attività del magistrato con i suoi consulenti, tutto è demandato
alla programmazione degli interventi e degli accertamenti che si
stanno facendo. Noi siamo, ovviamente, sempre pronti ad adempiere,
nei modi e nei termini possibili, alle prescrizioni dell'autorità
giudiziaria in relazione a quanto da lei detto. C’è anche un altro
strano evento: noi non siamo costituiti nelle indagini, cioè ci sono
gli amministratori precedenti che sono oggetto di indagine con i loro
consulenti legali e tecnici, ma non noi come azienda. Magari sappiamo
(però, in questa sede, le indiscrezioni non sono opportune) che il
magistrato, attraverso i suoi consulenti, sta disponendo tutte le
indagini, ma in questa fase è tutto a carico dell'attività del
Ministero della giustizia. Se dobbiamo rifondere e ci verrà chiesto,
noi saremo sempre pronti ad adempiere.»
E il presidente
di Tirrenoambiente: «Noi abbiamo anche votato, in consiglio di
amministrazione, sulla possibilità di costituirci parte civile
proprio per partecipare a questi atti, perché il nostro legale,
incaricato dall'ex amministratore delegato, ha provveduto a
un'istanza di dissequestro della discarica che non è andata a buon
fine. Oggi abbiamo dato incarico a un legale affinché difendesse la
società, anche, ove necessario, per la costituzione di parte civile.
Su questo si è già votato. Abbiamo già dato l'incarico, non solo
su Barcellona ma anche per gli altri procedimenti, laddove possibile.
Per esempio, in fase informale, il legale ci diceva che su Palermo,
dove a mio modesto parere era opportuno costituirci parte civile, non
siamo più nei termini, però sono in atto altri procedimenti in
varie procure d'Italia e abbiamo già dato mandato al legale per
costituirci. Ovviamente, quello di Barcellona ci preme molto di più
perché ci sono delle esigenze (anche l'esigenza di non fare più
smaltire le acque nel torrente Mazzarrà nasce da questo). Noi ci
andiamo a presentare, però loro non sanno cosa vogliamo fare,
quindi, allo stato, abbiamo l'ordinanza di demolizione sospesa.
Lavorare sull'impianto di percolato che non smaltisce più nel
torrente Mazzarrà, è una sicurezza sia per noi amministratori, sia
– ne siamo convinti – anche per l'ambiente e per la salute,
perché può succedere che l'impianto vada per un momento in tilt e
quindi non si scarichino più acque depurate.
L'impianto di percolato
«Solo per rappresentare ai signori
commissari la complessità della vicenda - interviene Raineri -, vi dico che questo impianto
era stato messo in una fase di preavvio per effettuare una serie di
prove tecniche, nonché dei test di efficienza. Nel momento in cui la
procura di Barcellona ha avviato la sua azione, tutto il materiale è
stato lasciato dentro l'impianto, chiedendo, inoltre, una relazione
generale sullo stato dei beni immobili, che vanno tutelati perché
sono anche pubblici. Infatti, una goccia d'acqua in un solaio si
ripara con 2 euro ma, a distanza di dieci mesi, può invece causare
un grave danno. Secondo ciò che mi è stato riferito, l'impianto è
pieno di materiale. A quel punto, per tutelarlo, abbiamo cercato di
farlo pulire. Sono quindi in corso le operazioni di pulitura e di
ripristino. Vedremo se nel giro di un mese, discutendo serenamente
con la Regione siciliana – visto che non siamo né amministratori
proprietari, né amministratori soci, bensì soltanto dei
professionisti esterni – avremo la possibilità di avviare questo
impianto, che tanto sarebbe utile allo smaltimento del percolato.»
I rapporti con Gesenu e Osmon
Riallacciandosi alle domande della collega Nugnes, l'onorevole Vignaroli chiede: «... considerando, come quasi
sempre succede, che i soldi del post mortem poi spariscano. Aggiungo,
però, altre domande senza dare nulla per scontato. Attualmente, nel
vostro organico, ci sono persone indagate o comunque attenzionate da
procedimenti? Per quanto riguarda il recupero del biogas, quando
abbiamo visitato l'impianto, abbiamo visto – se ricordo bene –
l'impianto di recupero del biogas di produzione energetica: a chi
vanno quei soldi, da chi viene gestita questa produzione energetica?
In tutte le inchieste con le varie condanne (Giambò 416 bis) qual è
il ruolo che avevano le grandi società private italiane, come ad
esempio la Gesenu ? Erano queste ultime a conoscenza di questa
situazione? Come gestivano e che potere avevano all'interno della
vostra società?»
«Inizierei dall'ultima domanda - risponde la De Domenico -, alla quale non
possiamo rispondere perché Gesenu prima aveva come amministratore
delegato un ingegnere noto, tuttavia, da quando io sono presidente, è
l'avvocato Gentile. Egli era noto anche nel consiglio di
amministrazione della Tirrenoambiente, quindi, sicuramente, conosceva
la realtà societaria della Tirrenoambiente. Per quanto riguarda il
biogas, come ho detto prima, l'impianto è gestito da Osmon. Anche
qui c’è un arbitrato pendente innanzi alla Camera arbitrale di
Milano, di cui dovremmo avere gli atti, che vi lasciamo.»
«Ma l'impianto a
biogas adesso è funzionante?» chiede Bratti.
«Sì.» risponde la De Domenico.
«Quindi, costoro
prendono i soldi per gli incentivi?» chiede ancora il presidente.
«Ci risulta che al momento la Osmon, che ci ha
inoltrato una lettera, sia andata in concordato preventivo.» risponde l'avvocato De Domenico e l'ad Raineri aggiunge che «Su questo, in camera arbitrale, il
nostro legale ha eccepito la nullità del contratto ab origine,
chiedendo la restituzione di 12 milioni.»
Secondo quanto dichiarato dalla De Domenico, ci sarebbero diverse cause di nullità nel contratto con la Osmon: non è stata richiesta la
certificazione antimafia, non c’è il conto dedicato, così anche
per tutti gli altri.
Nessun commento:
Posta un commento