Diffidata dall’utilizzare la vasca di
stoccaggio del percolato prodotto dalla discarica di contrada Zuppà
nel Comune di Mazzarrà Sant’Andrea e avvio del procedimento di
revoca delle autorizzazioni a suo tempo concesse per la realizzazione
del relativo impianto di smaltimento. Dalla conferenza dei servizi
tenutasi a Palermo il 25 febbraio giunge l’ennesimo stop alle
attività di Tirrenoambiente.
La vasca ‒ di 2300 metri cubi ‒ che
raccoglie il liquido prodotto dalla degradazione dei rifiuti
ammassati nell’ormai “famigerata” collina della munnizza
‒ sequestrata lo scorso 3 novembre dalla procura di Barcellona P.G.
‒ per il Dipartimento regionale Acque e rifiuti non è conforme
alle autorizzazioni rilasciate.
La prima risale al lontano 31 maggio
2006, quando l’allora commissario delegato per l’emergenza
rifiuti autorizzava un impianto per il trattamento di non più di 50
metri cubi al giorno dell’inquinante liquame. Secondo quanto
rilevato dalla Commissione per la verifica degli atti relativi
alle discariche private in esercizio per rifiuti non pericolosi site
nel territorio siciliano ‒ istituita nel gennaio 2014
dall’allora assessore regionale all’Energia e servizi di pubblica
utilità Nicolò Marino ‒ il progetto «pur rientrando fra le
tipologie previste nell’allegato IV alla parte II del d.lgs.
152/2006 punto 7 lett. r., non viene preventivamente sottoposto a
verifica di assoggettabilità» alla VIA (valutazione di impatto
ambientale).
Il 5 settembre 2008, a oltre due anni
dall’autorizzazione, l’impianto non era stato ancora realizzato,
ma Tirrenoambiente chiese una modifica progettuale ‒ «a seguito di
una sperimentazione non richiesta e non autorizzata» su un impianto
pilota. Modifica che veniva autorizzata il 4 dicembre 2009 con un
provvedimento che richiedeva di avviare successivamente la procedura
di verifica di assoggettabilità VIA, «in contrasto ‒ scrivono gli
ispettori regionali ‒ con quanto previsto dalla normativa, che
prevede che la verifica venga effettuata propedeuticamente al
rilascio dell’autorizzazione».
Nel giugno del 2012 la società
partecipata del comune mazzarrese presenta istanza di AIA
(autorizzazione integrata ambientale) e VIA per aumentare la capacità
dell’impianto a 200 metri cubi al giorno. Nel successivo mese di
agosto, in pendenza delle richieste di VIA e AIA, Tirrenoambiente
continua a chiedere modifiche all’impianto già parzialmente
realizzato «in assenza di provvedimento espresso di verifica di
assoggettabilità». Nel mese di dicembre il Servizio I
dell’assessorato regionale al Territorio e ambiente riteneva «che
il progetto non debba essere sottoposto alla procedura di valutazione
di impatto ambientale». Gli ispettori tuttavia non hanno ritenuto
congrue le conclusioni di quel provvedimento «con la presenza di una
istanza di VIA presentata nello stesso sito per lo stesso impianto,
con capacità di 200 tonn/giorno anziché 50 tonn/giorno, né con
un’AIA già rilasciata per la discarica, di cui l'impianto di
trattamento rappresenta di fatto una modifica sostanziale, essendo a
servizio della stessa».
In quel provvedimento si leggeva
inoltre che l'impianto autorizzato nel 2006 e nel 2009 risultava in
parte realizzato ma mai entrato in esercizio «in quanto non erano
state espletate le procedure di verifica di assogettabilità» in
difformità – secondo gli ispettori – a quanto previsto dall'art.
4 del 152/06 per il quale «la valutazione di impatto ambientale
riguarda i progetti di opere ed interventi che, per la loro natura o
dimensione, possano avere un impatto importante sull'ambiente ed è
preordinata a garantire che gli effetti derivanti dalla realizzazione
ed esercizio di dette opere ed interventi sull'ecosistema siano presi
in considerazione durante la loro progettazione e prima
dell'approvazione e autorizzazione dei relativi progetti, o comunque
prima della loro realizzazione».
Nel maggio del 2013 Tirrenoambiente
sollecitava, in attesa dell'AIA, il rilascio dell'autorizzazione ai
sensi dell'art. 208 d.lgs. 152/2006 per permettere l'avvio
dell'impianto.
Il 16 luglio 2013 il Dipartimento Acque
e rifiuti modificava i precedenti provvedimenti del 2006 e del 2009
autorizzando, in aggiunta alle operazioni già autorizzate, la
Tirrenoambiente allo svolgimento dell’attività di stoccaggio del
percolato.
Il 18 febbraio 2014 il Servizio tutela
delle acque dell’assessorato al Territorio e ambiente riteneva
necessario riconvocare la conferenza dei servizi relativa
all’impianto di trattamento del percolato «in considerazione del
fatto che gli elaborati di progetto relativo sono risultati carenti
per la formulazione del parere di competenza».
Cattive notizie anche per quanto
riguarda la possibilità di completare e mettere in esercizio
l’impianto di selezione e biostabilizzazione dei rifiuti. Nel corso
della conferenza dei servizi ‒ “imposta” dall’ordinanza del
Tar di Catania ‒ che dovrà riesaminare l’istanza di rinnovo
dell’AIA bocciata lo scorso ottobre, hanno ribadito il loro parere
negativo il Comune di Furnari e l’Arpa, mentre la Soprintendenza ha
riscontrato delle incongruenze tra gli elaborati grafici approvati in
precedenza e gli elaborati grafici proposti nel progetto esaminato in
sede di conferenza. Secondo il parere del dottor Ioppolo, da parte
dei progettisti è mancato uno sforzo di sintesi per rendere
leggibile gli elaborati al fine del rilascio dell’autorizzazione
paesaggistica.
Come già ribadito dal provvedimento di
diniego del rinnovo dell’AIA, il progetto approvato e le opere
realizzate non sono conformi al D.Lgs. 152/06. Inoltre l’istruttoria
risulterebbe carente in alcuni punti fondamentali e l’attività
realizzata non coincide con la tipologia dell’impianto realizzato.
L’impianto ricade nella zona di
rispetto per i pozzi ad uso idropotabile di cui all’art. 94 del
D.Lgs. 152/06 e, a qualche centinaio metri più a valle del sito nel
quale dovrebbe operare l’impianto della Tirrenoambiente, esiste da
tempo immemorabile il “Pozzo Lacco” che alimenta l’acquedotto
di Furnari.
Motivazioni in base alle quali a parere
della dottoressa Fais del Dipartimento Acque e rifiuti il decrerto
Aia non può essere rinnovato.
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