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venerdì 27 febbraio 2015

Tirrenoambiente: dalla Regione stop anche all’impianto di smaltimento del percolato

Diffidata dall’utilizzare la vasca di stoccaggio del percolato prodotto dalla discarica di contrada Zuppà nel Comune di Mazzarrà Sant’Andrea e avvio del procedimento di revoca delle autorizzazioni a suo tempo concesse per la realizzazione del relativo impianto di smaltimento. Dalla conferenza dei servizi tenutasi a Palermo il 25 febbraio giunge l’ennesimo stop alle attività di Tirrenoambiente.
La vasca ‒ di 2300 metri cubi ‒ che raccoglie il liquido prodotto dalla degradazione dei rifiuti ammassati nell’ormai “famigerata” collina della munnizza ‒ sequestrata lo scorso 3 novembre dalla procura di Barcellona P.G. ‒ per il Dipartimento regionale Acque e rifiuti non è conforme alle autorizzazioni rilasciate.
La prima risale al lontano 31 maggio 2006, quando l’allora commissario delegato per l’emergenza rifiuti autorizzava un impianto per il trattamento di non più di 50 metri cubi al giorno dell’inquinante liquame. Secondo quanto rilevato dalla Commissione per la verifica degli atti relativi alle discariche private in esercizio per rifiuti non pericolosi site nel territorio siciliano ‒ istituita nel gennaio 2014 dall’allora assessore regionale all’Energia e servizi di pubblica utilità Nicolò Marino ‒ il progetto «pur rientrando fra le tipologie previste nell’allegato IV alla parte II del d.lgs. 152/2006 punto 7 lett. r., non viene preventivamente sottoposto a verifica di assoggettabilità» alla VIA (valutazione di impatto ambientale).
Il 5 settembre 2008, a oltre due anni dall’autorizzazione, l’impianto non era stato ancora realizzato, ma Tirrenoambiente chiese una modifica progettuale ‒ «a seguito di una sperimentazione non richiesta e non autorizzata» su un impianto pilota. Modifica che veniva autorizzata il 4 dicembre 2009 con un provvedimento che richiedeva di avviare successivamente la procedura di verifica di assoggettabilità VIA, «in contrasto ‒ scrivono gli ispettori regionali ‒ con quanto previsto dalla normativa, che prevede che la verifica venga effettuata propedeuticamente al rilascio dell’autorizzazione».
Nel giugno del 2012 la società partecipata del comune mazzarrese presenta istanza di AIA (autorizzazione integrata ambientale) e VIA per aumentare la capacità dell’impianto a 200 metri cubi al giorno. Nel successivo mese di agosto, in pendenza delle richieste di VIA e AIA, Tirrenoambiente continua a chiedere modifiche all’impianto già parzialmente realizzato «in assenza di provvedimento espresso di verifica di assoggettabilità». Nel mese di dicembre il Servizio I dell’assessorato regionale al Territorio e ambiente riteneva «che il progetto non debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale». Gli ispettori tuttavia non hanno ritenuto congrue le conclusioni di quel provvedimento «con la presenza di una istanza di VIA presentata nello stesso sito per lo stesso impianto, con capacità di 200 tonn/giorno anziché 50 tonn/giorno, né con un’AIA già rilasciata per la discarica, di cui l'impianto di trattamento rappresenta di fatto una modifica sostanziale, essendo a servizio della stessa».
In quel provvedimento si leggeva inoltre che l'impianto autorizzato nel 2006 e nel 2009 risultava in parte realizzato ma mai entrato in esercizio «in quanto non erano state espletate le procedure di verifica di assogettabilità» in difformità – secondo gli ispettori – a quanto previsto dall'art. 4 del 152/06 per il quale «la valutazione di impatto ambientale riguarda i progetti di opere ed interventi che, per la loro natura o dimensione, possano avere un impatto importante sull'ambiente ed è preordinata a garantire che gli effetti derivanti dalla realizzazione ed esercizio di dette opere ed interventi sull'ecosistema siano presi in considerazione durante la loro progettazione e prima dell'approvazione e autorizzazione dei relativi progetti, o comunque prima della loro realizzazione».
Nel maggio del 2013 Tirrenoambiente sollecitava, in attesa dell'AIA, il rilascio dell'autorizzazione ai sensi dell'art. 208 d.lgs. 152/2006 per permettere l'avvio dell'impianto.

Il 16 luglio 2013 il Dipartimento Acque e rifiuti modificava i precedenti provvedimenti del 2006 e del 2009 autorizzando, in aggiunta alle operazioni già autorizzate, la Tirrenoambiente allo svolgimento dell’attività di stoccaggio del percolato.
Il 18 febbraio 2014 il Servizio tutela delle acque dell’assessorato al Territorio e ambiente riteneva necessario riconvocare la conferenza dei servizi relativa all’impianto di trattamento del percolato «in considerazione del fatto che gli elaborati di progetto relativo sono risultati carenti per la formulazione del parere di competenza».
Cattive notizie anche per quanto riguarda la possibilità di completare e mettere in esercizio l’impianto di selezione e biostabilizzazione dei rifiuti. Nel corso della conferenza dei servizi ‒ “imposta” dall’ordinanza del Tar di Catania ‒ che dovrà riesaminare l’istanza di rinnovo dell’AIA bocciata lo scorso ottobre, hanno ribadito il loro parere negativo il Comune di Furnari e l’Arpa, mentre la Soprintendenza ha riscontrato delle incongruenze tra gli elaborati grafici approvati in precedenza e gli elaborati grafici proposti nel progetto esaminato in sede di conferenza. Secondo il parere del dottor Ioppolo, da parte dei progettisti è mancato uno sforzo di sintesi per rendere leggibile gli elaborati al fine del rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
Come già ribadito dal provvedimento di diniego del rinnovo dell’AIA, il progetto approvato e le opere realizzate non sono conformi al D.Lgs. 152/06. Inoltre l’istruttoria risulterebbe carente in alcuni punti fondamentali e l’attività realizzata non coincide con la tipologia dell’impianto realizzato.
L’impianto ricade nella zona di rispetto per i pozzi ad uso idropotabile di cui all’art. 94 del D.Lgs. 152/06 e, a qualche centinaio metri più a valle del sito nel quale dovrebbe operare l’impianto della Tirrenoambiente, esiste da tempo immemorabile il “Pozzo Lacco” che alimenta l’acquedotto di Furnari.

Motivazioni in base alle quali a parere della dottoressa Fais del Dipartimento Acque e rifiuti il decrerto Aia non può essere rinnovato.

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