In un'intervista rilasciata a Salvo Catalano del quotidiano online meridionews.it (CTZEN-LINKSICILIA) l'ex assessore all'energia e rifiuti Nicolò Marino racconta come si è arrivati al provvedimento di diniego delle autorizzazioni integrate ambientali (rilasciate a Tirrenoambiente nel 2009) con il conseguente provvedimento di chiusura e al recente sequestro da parte della magistratura di Barcellona P.G. della discarica di Mazzarrà Sant'Andrea.
Cominciamo dalla fine. La discarica di
Mazzarà Sant'Andrea è stata sequestrata. I rifiuti dirottati
sull'impianto di Tiritì-Valanghe. Eppure per entrambe le strutture
la commissione d'inchiesta da lei voluta aveva riscontrato gravi
irregolarità.
La Commissione aveva il compito di
effettuare verifiche sulle quattro discariche private che in Sicilia
agiscono sostanzialmente in una situazione di monopolio nei diversi
territori. L'obiettivo era riscontrare eventuali violazioni sotto il
profilo amministrativo in diversi aspetti: nel rilascio delle
autorizzazioni; nella mancanza di un impianto di biostabilizzazione
che è un obbligo di legge dal 2003; nei volumi di rifiuti conferiti;
nella congruità delle tariffe applicate per tonnellata, punto
quest'ultimo, che nessuno aveva mai verificato.
Tra le violazioni riscontrate nella
discarica del Messinese e quelle in provincia di Catania c'erano
grandi differenze?
La situazione di Mazzarà è apparsa
subito molto grave: c'erano importanti violazioni di tipo
amministrativo e penale. Si era sbancato dove non si sarebbe potuto,
non erano state inviate alla Regione segnalazioni imminenti e
doverose. Sotto il profilo ambientale c'erano violazioni più
evidenti rispetto all'impianto gestito dalla ditta Oikos a Motta
Sant'Anastasia. Comunque, in entrambi i casi abbiamo avviato la
procedura di revoca delle autorizzazioni e trasmesso i nostri
risultati all'autorità giudiziaria competente, perché secondo noi
meritavano una valutazione d'interesse penale. Dalla nostra
segnalazione sono nate le indagini della procura di Palermo e quella
di Barcellona Pozzo di Gotto. Quest'ultima ha portato al sequestro
preventivo di Mazzarà. Ma si tratta di profili diversi.
Ci spieghi meglio.
La procura di Palermo ha competenza sul
rilascio delle autorizzazioni da parte della Regione e su questo
indaga (l'operazione Terra Mia a luglio ha portato all'arresto di un
funzionario regionale e di quattro imprenditori, tra cui Domenico
Proto, titolare della Oikos e Giuseppe Antonioli, amministratore
della discarica di Mazzarà, ndr). Lì si è fermata, non volendo
immischiarsi nella valutazione di eventuali reati ambientali che
spettano, per competenza territoriale, alle procure locali. In
sostanza i magistrati palermitani non hanno proceduto a sequestri
preventivi perché sono rimasti in ambito amministrativo. Cosa
diversa ha fatto la procura di Barcellona Pozzo di Gotto.
Avete trasmesso la vostra relazione
anche alla Procura di Catania in riferimento alla Oikos e alla
discarica Tiritì-Valanghe d'inverno?
Sì, perché ritenevamo che meritasse
una valutazione di natura penale.
Si aspettava l'avvio di un'indagine
anche a Catania che, per quanto al momento è dato sapere, non c'è
stata?
Diciamo che la procura di Barcellona ha
manifestato maggiore sensibilità nel ripristino della legalità
penale e amministrativa nel caso della discarica di Mazzarà. Un
intervento cautelare dell'autorità giudiziaria avrebbe aiutato anche
i provvedimenti amministrativi.
A proposito, a che punto è l'iter di
chiusura della discarica Tiritì-Valanghe d'inverno da lei avviato?
La ditta Oikos avrebbe dovuto
presentare entro la fine di ottobre un piano di chiusura che poi va
approvato dalla Regione. La scadenza è passata quindi da poco, ma
non so se è stato presentato.La chiusura delle discariche è molto
problematica, costringe a portare fuori i rifiuti. Dopo Mazzarà e
Tiritì, neanche la Sicula Trasporti è messa bene (è l'azienda
della famiglia Leonardi che gestisce l'impianto di Grotte San
Giorgio, il più vicino a Catania, ndr). Dietro l'angolo c'è una
grave emergenza.
Secondo lei, il governo regionale
poteva fare di più?
L'amministrazione regionale non ha mai
ritenuto di ripristinare la legalità autonomamente, ha sempre
delegato all'autorità giudiziaria, come se non avesse un ruolo
autonomo. Si è demendato il tutto, lasciando di conseguenza l'azione
alla minore o maggiore sensibilità delle varie procure.
Di chi sono le responsabilità di
queste scelte?
Il primo atto importante da assessore è
stato, dopo aver capito le irregolarità commesse, levare
all'assessorato all'Ambiente la competenza sul rilascio dell'Aia
(l'Autorizzazione Integrata Ambientale). Perché lì stava uno dei
problemi, in quell'assessorato c'era una concentrazione di illiceità.
Qualche giorno fa il nuovo assessore ha affermato che la Regione
Sicilia ha uno sdoppiamento di competenze nel settore dell'autorità
ambientale, perché l'Aia, dopo la mia decisione, spetta
all'assessorato all'Energia, mentre la Via (la valutazione d'impatto
ambientale) è rimasta all'assessorato all'Ambiente. Ma è stato
necessario questo sdoppiamento. Adesso c'è un ottimo assessore, così
come il direttore generale che mi auguro continueranno a fare
pulizia. Quello che non è adatto a ricoprire il suo ruolo è il
dottor Gaetano Gullo (dirigente generale del dipartimento Ambiente,
ndr).
Perché?
Perché si è reso responsabile di
numerose e palesi violazioni della normativa ambientale, peraltro
riscontrate dalla procura di Palermo. Pensi che due giorni prima che
scoppiasse l'operazione Terra Mia, in conferenza di servizi, disse
che per l'autorizzazione alle discariche era tutto apposto. Più
volte segnalai questa situazione a Crocetta.
Per tutta risposta, secondo molti, è
stato fatto fuori. Lei che idea si è fatto del suo allontanamento
dal governo?
Ritengo che la mia posizione molto dura
contro l'ingerenza, anche nei settori dei rifiuti, di alcuni uomini
di Confindustria che facevano riferimento a Ivan Lo bello, Antonello
Montante e Giuseppe Catanzaro (rispettivamente vicepresidente
nazionale di Confidustria, presidente e vicepresidente di
Confindustria Sicilia, ndr) ha determinato una grande conflittualità
per la quale sono stato allontanato. Stavo ripristinando un concetto
di alta amministrazione.
Ancora ieri il presidente Crocetta ha
parlato della realizzazione di discariche pubbliche. Secondo lei c'è
una vera volontà di affrancarsi dal sistema che si basa sugli
impianti privati?
Insieme a Crocetta abbiamo lanciato le
gare d'appalto per la costruzione di tre discariche pubbliche: a
Enna, per coprire l'area del Catanese, a Gela, vicino quella di
Siculiana, e a Messina, per sostituire Mazzarà. Il presidente ha
condiviso questo iniziativa. Io non ho trovato impedimenti nel
predisporre i bandi di gara, ma forse è stato condizionato da altre
situazioni. Il sistema ci si è ritorto contro.
Da chi è formato il sistema?
Il problema non è Crocetta. Il sistema
è sopra Crocetta e ha rilevanza nazionale, in ampi settori di
Confindustria attraverso le persone che ho già citato. Ad esempio
quando Catanzaro (titolare della discarica di Siculiana, ndr) cerca
di non far convertire il decreto legge del governo Monti
sull'emergenza rifiuti, nella parte riguardante l'impiantistica. Per
fermarlo scrive alla commissione Ambiente del Senato e la lettera
viene sottoscritta anche da Legambiente. Eppure Catanzaro,
approfittando dell'emergenza, ha gestito per tanti anni una discarica
che prima apparteneva al comune di Siculiana. Perché Confindustria
si oppone alle nuove piattaforme pubbliche?
Si è tanto parlato, anche il
governatore Crocetta lo ha fatto, di rischio di infiltrazioni mafiose
nel mantenere una situazione di emergenza.
Il rischio di infiltrazioni mafiose
nell'emergenza è una sciocchezza. Sono certo che Crocetta vuole le
discariche pubbliche, sono altrettanto certo che nel contemperare i
vari interessi che erano rappresentati da questo governo, quando si è
giunti al conflitto tra me e Confindustria, il governatore ha scelto
gli industriali. Se è stata la scelta giusta alla fine solo lui lo
potrà dire.
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