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sabato 8 novembre 2014

Discarica di Mazzarrà Sant'Andrea, parla l'ex assessore Nicolò Marino

In un'intervista rilasciata a Salvo Catalano del quotidiano online meridionews.it (CTZEN-LINKSICILIA) l'ex assessore all'energia e rifiuti Nicolò Marino racconta come si è arrivati al provvedimento di diniego delle autorizzazioni integrate ambientali (rilasciate a Tirrenoambiente nel 2009) con il conseguente provvedimento di chiusura e al recente sequestro da parte della magistratura di Barcellona P.G. della discarica di Mazzarrà Sant'Andrea.

Cominciamo dalla fine. La discarica di Mazzarà Sant'Andrea è stata sequestrata. I rifiuti dirottati sull'impianto di Tiritì-Valanghe. Eppure per entrambe le strutture la commissione d'inchiesta da lei voluta aveva riscontrato gravi irregolarità.
La Commissione aveva il compito di effettuare verifiche sulle quattro discariche private che in Sicilia agiscono sostanzialmente in una situazione di monopolio nei diversi territori. L'obiettivo era riscontrare eventuali violazioni sotto il profilo amministrativo in diversi aspetti: nel rilascio delle autorizzazioni; nella mancanza di un impianto di biostabilizzazione che è un obbligo di legge dal 2003; nei volumi di rifiuti conferiti; nella congruità delle tariffe applicate per tonnellata, punto quest'ultimo, che nessuno aveva mai verificato.

Tra le violazioni riscontrate nella discarica del Messinese e quelle in provincia di Catania c'erano grandi differenze?
La situazione di Mazzarà è apparsa subito molto grave: c'erano importanti violazioni di tipo amministrativo e penale. Si era sbancato dove non si sarebbe potuto, non erano state inviate alla Regione segnalazioni imminenti e doverose. Sotto il profilo ambientale c'erano violazioni più evidenti rispetto all'impianto gestito dalla ditta Oikos a Motta Sant'Anastasia. Comunque, in entrambi i casi abbiamo avviato la procedura di revoca delle autorizzazioni e trasmesso i nostri risultati all'autorità giudiziaria competente, perché secondo noi meritavano una valutazione d'interesse penale. Dalla nostra segnalazione sono nate le indagini della procura di Palermo e quella di Barcellona Pozzo di Gotto. Quest'ultima ha portato al sequestro preventivo di Mazzarà. Ma si tratta di profili diversi.

Ci spieghi meglio.
La procura di Palermo ha competenza sul rilascio delle autorizzazioni da parte della Regione e su questo indaga (l'operazione Terra Mia a luglio ha portato all'arresto di un funzionario regionale e di quattro imprenditori, tra cui Domenico Proto, titolare della Oikos e Giuseppe Antonioli, amministratore della discarica di Mazzarà, ndr). Lì si è fermata, non volendo immischiarsi nella valutazione di eventuali reati ambientali che spettano, per competenza territoriale, alle procure locali. In sostanza i magistrati palermitani non hanno proceduto a sequestri preventivi perché sono rimasti in ambito amministrativo. Cosa diversa ha fatto la procura di Barcellona Pozzo di Gotto.

Avete trasmesso la vostra relazione anche alla Procura di Catania in riferimento alla Oikos e alla discarica Tiritì-Valanghe d'inverno?
Sì, perché ritenevamo che meritasse una valutazione di natura penale.

Si aspettava l'avvio di un'indagine anche a Catania che, per quanto al momento è dato sapere, non c'è stata?
Diciamo che la procura di Barcellona ha manifestato maggiore sensibilità nel ripristino della legalità penale e amministrativa nel caso della discarica di Mazzarà. Un intervento cautelare dell'autorità giudiziaria avrebbe aiutato anche i provvedimenti amministrativi.

A proposito, a che punto è l'iter di chiusura della discarica Tiritì-Valanghe d'inverno da lei avviato?
La ditta Oikos avrebbe dovuto presentare entro la fine di ottobre un piano di chiusura che poi va approvato dalla Regione. La scadenza è passata quindi da poco, ma non so se è stato presentato.La chiusura delle discariche è molto problematica, costringe a portare fuori i rifiuti. Dopo Mazzarà e Tiritì, neanche la Sicula Trasporti è messa bene (è l'azienda della famiglia Leonardi che gestisce l'impianto di Grotte San Giorgio, il più vicino a Catania, ndr). Dietro l'angolo c'è una grave emergenza.

Secondo lei, il governo regionale poteva fare di più?
L'amministrazione regionale non ha mai ritenuto di ripristinare la legalità autonomamente, ha sempre delegato all'autorità giudiziaria, come se non avesse un ruolo autonomo. Si è demendato il tutto, lasciando di conseguenza l'azione alla minore o maggiore sensibilità delle varie procure.

Di chi sono le responsabilità di queste scelte?
Il primo atto importante da assessore è stato, dopo aver capito le irregolarità commesse, levare all'assessorato all'Ambiente la competenza sul rilascio dell'Aia (l'Autorizzazione Integrata Ambientale). Perché lì stava uno dei problemi, in quell'assessorato c'era una concentrazione di illiceità. Qualche giorno fa il nuovo assessore ha affermato che la Regione Sicilia ha uno sdoppiamento di competenze nel settore dell'autorità ambientale, perché l'Aia, dopo la mia decisione, spetta all'assessorato all'Energia, mentre la Via (la valutazione d'impatto ambientale) è rimasta all'assessorato all'Ambiente. Ma è stato necessario questo sdoppiamento. Adesso c'è un ottimo assessore, così come il direttore generale che mi auguro continueranno a fare pulizia. Quello che non è adatto a ricoprire il suo ruolo è il dottor Gaetano Gullo (dirigente generale del dipartimento Ambiente, ndr).

Perché?
Perché si è reso responsabile di numerose e palesi violazioni della normativa ambientale, peraltro riscontrate dalla procura di Palermo. Pensi che due giorni prima che scoppiasse l'operazione Terra Mia, in conferenza di servizi, disse che per l'autorizzazione alle discariche era tutto apposto. Più volte segnalai questa situazione a Crocetta.

Per tutta risposta, secondo molti, è stato fatto fuori. Lei che idea si è fatto del suo allontanamento dal governo?
Ritengo che la mia posizione molto dura contro l'ingerenza, anche nei settori dei rifiuti, di alcuni uomini di Confindustria che facevano riferimento a Ivan Lo bello, Antonello Montante e Giuseppe Catanzaro (rispettivamente vicepresidente nazionale di Confidustria, presidente e vicepresidente di Confindustria Sicilia, ndr) ha determinato una grande conflittualità per la quale sono stato allontanato. Stavo ripristinando un concetto di alta amministrazione.

Ancora ieri il presidente Crocetta ha parlato della realizzazione di discariche pubbliche. Secondo lei c'è una vera volontà di affrancarsi dal sistema che si basa sugli impianti privati?
Insieme a Crocetta abbiamo lanciato le gare d'appalto per la costruzione di tre discariche pubbliche: a Enna, per coprire l'area del Catanese, a Gela, vicino quella di Siculiana, e a Messina, per sostituire Mazzarà. Il presidente ha condiviso questo iniziativa. Io non ho trovato impedimenti nel predisporre i bandi di gara, ma forse è stato condizionato da altre situazioni. Il sistema ci si è ritorto contro.

Da chi è formato il sistema?
Il problema non è Crocetta. Il sistema è sopra Crocetta e ha rilevanza nazionale, in ampi settori di Confindustria attraverso le persone che ho già citato. Ad esempio quando Catanzaro (titolare della discarica di Siculiana, ndr) cerca di non far convertire il decreto legge del governo Monti sull'emergenza rifiuti, nella parte riguardante l'impiantistica. Per fermarlo scrive alla commissione Ambiente del Senato e la lettera viene sottoscritta anche da Legambiente. Eppure Catanzaro, approfittando dell'emergenza, ha gestito per tanti anni una discarica che prima apparteneva al comune di Siculiana. Perché Confindustria si oppone alle nuove piattaforme pubbliche?

Si è tanto parlato, anche il governatore Crocetta lo ha fatto, di rischio di infiltrazioni mafiose nel mantenere una situazione di emergenza.

Il rischio di infiltrazioni mafiose nell'emergenza è una sciocchezza. Sono certo che Crocetta vuole le discariche pubbliche, sono altrettanto certo che nel contemperare i vari interessi che erano rappresentati da questo governo, quando si è giunti al conflitto tra me e Confindustria, il governatore ha scelto gli industriali. Se è stata la scelta giusta alla fine solo lui lo potrà dire.

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