La commissione istituita dall’ex assessore Marino per verificare le condizioni degli impianti privati ha sollevato pesanti dubbi sul sito di proprietà della Tirrenoambiente. Diverse le irregolarità riscontrate.
Quella della discarica di contrada Zuppà, una delle tre più
grandi discariche private siciliane, è una storia lunga più di dieci anni e
più volte al centro di inchieste tra commistioni politico-affaristico-mafiose.
Un’enorme collina d’argilla e spazzatura posta a cavallo tra i comuni di
Mazzarrà Sant’Andrea e Furnari, in cui ogni giorno arrivano oltre 700
tonnellate di rifiuti prodotti da Messina e altre provincie.
Raccolte, triturate, trasportate e interrate dagli operai
della Tirrenoambiente Spa, l’azienda guidata da Giuseppe Antonioli che incamera
circa 70.000 euro al giorno (in media ogni tonnellata viene pagata 100 euro),
una miniera d’oro per i gestori.
Nonostante la Regione abbia approvato da tempo un deliberato
che impone una distanza minima di 5 chilometri tra le discariche e i centri
abitati, l’invaso sorge ad appena 400 metri dal centro abitato di Furnari,
abitato da oltre 3 mila persone, appestando l’aria con miasmi e un fetore
insopportabile, tanto da non poter aprire le finestre nemmeno d’estate.
Potrebbe finalmente prospettarsi una svolta nella questione
dell’impianto della Tirrenoambiente.
La commissione ispettiva
Tutto comincia con la revisione, da parte dell’assessorato
regionale all’Energia, guidato ancora da Nicolò Marino, delle autorizzazioni
concesse agli operatori proprietari degli impianti privati nella regione.
Per l’impianto di contrada Zuppà, entrato in funzione nel
2003, è stato proposto «l’avvio del procedimento di diniego dell’istanza di
rinnovo». Nella comunicazione inviata anche all’azienda partecipata dal comune
di Mazzarrà Sant’Andrea, il dirigente regionale Marco Lupo ricorda che il 17
gennaio 2014 «è stata costituita una commissione ispettiva per la verifica
degli atti relativi alle discariche private in esercizio per rifiuti non
pericolosi site nel territorio siciliano».
Commissione che ha sollevato pesanti dubbi sul sito di
Mazzarrà.
Le irregolarità individuate dal pool investigativo,
raccolte in una relazione conclusiva di 170 pagine depositata lo scorso
giugno, nel sito messinese riguardano la tutela dell’ambiente e della salute e
danno ragione ai cittadini di Furnari che da tempo lamentano una serie di
violazioni dal punto di vista ambientale.
Paure che sembrano avere finalmente un riscontro ufficiale.
Carenze e violazioni
Il documento mette in rilievo alcuni punti: l’assenza delle
prescrizioni del sindaco, la «mancata applicazione del principio di unica Aia
(Autorizzazione integrata ambientale) per uno o più impianti localizzati sullo
stesso sito e gestiti dal medesimo gestore». E poi le «difformità». Quella nel
rispetto del programma di riduzione dei rifiuti biodegradabili, la presenza di
rifiuti non ammessi (come liquidi e pneumatici), la mancanza dell’obbligo di
trattamento dei rifiuti, dei piani di gestione operativa e post operativa,
sorveglianza e controllo e ripristino ambientale. E ancora violazioni
volumetriche, la mancanza di coerenza con il piano regionale di gestione dei
rifiuti.
Inoltre, «il decreto Aia rilasciato non possiede le
caratteristiche di conformità legislativa più volte richiamata né
conseguenzialmente permette l’effettuazione di controlli efficaci sulle
attività di gestione rifiuti autorizzate». Secondo le accuse della Regione, «le
attività di gestione dei rifiuti sono state svolte in difformità ad alcune
condizioni imposte nel decreto Aia, nonché in difformità al decreto legislativo
36/03 e decreto legislativo 59/05», che normano rispettivamente la gestione
delle discariche e la riduzione dell’inquinamento.
E ancora « la legittimità dell’atto è palesemente inficiata
dall’assenza agli atti del preventivo giudizio di compatibilità ambientale
positivo» (Via), non sono conformi l’impermeabilizzazione, e manca
l’indicazione della capacità totale dell’impianto. Non solo, il progetto della
barriera di confinamento realizzata al di sotto del corpo rifiuti non è stato
trasmesso: ciò non rende possibile attestare se la base dell’ampliamento non si
attesti su aree già coltivate.
Gli ispettori inoltre fanno notare come alcune aree
intermedie fra la nuova e la vecchia discarica storica siano «oggetto di
coltivazione ed abbancamento». Le immagini tratte da Google Earth
«sembrerebbero confermare l’avvenuto sbancamento in tempi non definiti».
Infine, «non risulta che il piano finanziario sia stato mai
trasmesso ed approvato, così come le garanzie finanziarie». Alla commissione,
inoltre, «non è chiaro» se la polizza assicurativa sia scaduta a maggio del
2012 e soprattutto se sia stata adeguata dopo l’ampliamento.
Decisione rinviata a settembre
Tirrenoambiente, che ha annunciato la chiusura del sito per
il prossimo 31 agosto per esaurimento della capienza, avrebbe stilato un
documento con le contro deduzioni.
Il prossimo 2 settembre a Palermo è stata convocata una
conferenza dei servizi alla quale è stato invitato anche il comune di Furnari,
che ottiene finalmente il riconoscimento delle proprie ragioni.
Un appuntamento che potrebbe essere fondamentale: se le
criticità riscontrate non dovessero essere risolte, la Regione esprimerà parere
negativo al rinnovo delle autorizzazioni.
Ma i passi successivi sono messi in dubbio
dall’avvicendamento di Marino con Salvatore Calleri, considerato vicino agli
ambienti di Confindustria.
Il “modello Marino” prevedeva di togliere il monopolio delle
discariche ai privati e fare i controlli sui prezzi di conferimento in
discarica.
Ed è proprio sui rifiuti che nei mesi scorsi l’ex assessore
si è scontrato con Giuseppe Catanzaro, che di Confindustria è vicepresidente,
lanciando pesanti accuse sui presunti intrecci con Cosa nostra scatenando una
reazione fatta di querele e richieste di risarcimento milionarie.
I timori degli abitanti di Furnari risiedono tutti in questo
legame tra il leader toscano del Megafono e Confindustria. Associazione legata
a doppio filo con il nome del gruppo Catanzaro.
Come agirà la Regione, alla luce di quanto evidenziato dalla
commissione ispettiva?
Calleri bloccherà l’iter o – come sperano i cittadini –
agirà in continuità amministrativa?
Mazzette alla Regione
Negli stessi giorni in cui all’assessorato si avviava l’iter
del procedimento di diniego delle autorizzazioni, la procura di Palermo portava
a termine l’operazione “Terra Mia”, ordinando l’arresto proprio
dell’amministratore delegato di Tirrenoambiente, Giuseppe Antonioli, insieme ad
altri tre imprenditori della “munnizza” (Domenico Proto della Oikos di
Misterbianco, Calogero e Nicolò Sodano, titolari della discarica Soambiente di
Agrigento e del funzionario dell’assessorato regionale al Territorio e ambiente,
Gianfranco Cannova, figura chiave di un sistema di corruzione messo in atto per
raggirare il sistema di autorizzazioni allo smaltimento dei rifiuti.
Gravi i danni ambientali
Secondo gli investigatori il quadro di corruzione emerso è
molto grave, in quanto ha messo a repentaglio la salute pubblica e alla
preservazione del territorio da gravi danni ambientali.
Nel corso delle indagini, polizia e Noe dei carabinieri,
hanno constatato che «questo settore amministrativo è caratterizzato da una
stratificazione normativa e da un complesso e macchinoso apparato burocratico
che ha consentito al funzionario infedele, pur non rivestendo un ruolo apicale,
di “giostrare” nella gestione delle procedure connesse al rilascio dei
provvedimenti, agevolando gli imprenditori e preservandoli dall’ordinaria
attività di controllo e monitoraggio della pubblica amministrazione consentendo
loro in questo modo di superare indenni tutti i controlli.
Cannova, secondo l’accusa, gestiva il suo ufficio come un
feudo, ricevendo regalie e ingenti somme di denaro dai diversi imprenditori che
attendevano dal suo ufficio le autorizzazioni amministrative per l’esercizio
delle discariche e che si vedevano garantire una corsia preferenziale per le
loro pratiche. Il funzionario, inoltre, avvertiva in anticipo le imprese dei
controlli o le informava del risultato di riunioni in assessorato.
Quell’Audi sospetta
Nei confronti del dipendente regionale l’ex assessore
regionale al Territorio Mariella Lo Bello aveva presentato lo scorso marzo un
esposto. Il funzionario: aveva predisposto un atto che bloccava
l’autorizzazione a una discarica di Gela. A quel punto l’assessore Lo Bello,
insospettita dallo “strano” comportamento, avvia una serie di verifiche e salta
fuori la storia di una conferenza dei servizi convocata nel settembre 2008 e
presieduta dallo stesso Cannova che aveva rilasciato l’Autorizzazione integrata
ambientale per l’ampliamento della discarica di Mazzarrà Sant’Andrea, omettendo
la vicinanza al centro abitato di Furnari.
Nell’ottobre del 2008 il funzionario acquista un’Audi A6 in
Lombardia, in una concessionaria che faceva riferimento all’amministratore
delegato della società alla quale era stata rilasciata l’autorizzazione.
«Abbiamo così trasferito il funzionario e presentato una denuncia sospettando
un giro di tangenti per oliare alcune pratiche piuttosto che altre, il tutto in
un assessorato noto per le sue lentezze e le improvvise accelerazioni»,
commentava la Lo Bello.
Articolo pubblicato sul numero di settembre de I Siciliani (scritto prima dei fatti del 2 settembre che riassumo qui sotto insieme ad un’analisi complessiva della situazione).
Slitta al 29 settembre la conferenza decisiva sulla chiusura
o meno della discarica di contrada Zuppà. Il 2 a Palermo in conferenza dei
servizi il Dipartimento regionale acque e rifiuti ha confermato «il diniego del
rinnovo del provvedimento 393/09» (che aveva autorizzato un ampliamento di
quasi due milioni di metri cubi di rifiuti, poi abbancati in sopraelevazione) e
contestualmente richiesto «l'emanazione di uno specifico provvedimento di
chiusura della discarica».
L'assessorato regionale all'Energia ha quindi ordinato a
Tirrenoambiente di presentare entro il prossimo 22 settembre «un progetto di
chiusura della discarica conforme alle prescrizioni già impartite con la
diffida del 19 agosto scorso» insieme a un progetto di «messa in sicurezza del
lato sud della discarica (dove sono stati riscontrati dei fenomeni di
instabilità), volto a garantire che il sito possa essere chiuso nel rispetto
della normativa ambientale e di sicurezza vigente».
Sembra quindi che i giorni per la ultradecennale discarica
di contrada Zuppà stiano per finire, non è invece certo cosa ne sarà di
Tirrenoambiente, che alla prossima conferenza dei servizi punterà tutto
sull’impianto di biostabilizzazione (anch’esso per la verità non immune da
irregolarità e violazioni di legge, a leggere la relazione della commissione
ispettiva), circostanza che va letta alla luce delle intenzioni di Edipower, di
proprietà del colosso A2A, socio di Tirrenoambiente, di convertire una linea
della centrale di Milazzo a CSS (rifiuti). Intanto l’amministrazione comunale
furnarese (che ha nominato come esperto Giuseppe Maria
Ardizzone a cui, nel dicembre 2013 dopo le dimissioni di Giuseppino Innocenti,
era stato chiesto di diventare Direttore Generale della società Tirrenoambiente
S.p.a.) reitera le richieste di commissariamento della società strumentale del
comune di Mazzarrà (la prima risale al maggio scorso, quando un lungo e
dettagliato rapporto della Guardia di Finanza, radiografava una serie di
anomalie sui bilanci della società). Un provvedimento analogo è stato disposto dal Prefetto di
Catania Maria Guia Federico, su richiesta del presidente dell’Autorità
Anticorruzione, Raffaele Cantone, per la società Oikos, che gestisce la
discarica e il servizio raccolta rifiuti nel catanese.
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