Slitta al 29 settembre la conferenza
decisiva sulla chiusura o meno della discarica di contrada Zuppà.
Ieri a Palermo in conferenza dei servizi il Dipartimento regionale
acque e rifiuti ha confermato «il diniego del rinnovo del
provvedimento 393/09» (che aveva autorizzato un ampliamento di quasi
due milioni di metri cubi di rifiuti, poi abbancati in
sopraelevazione) e contestualmente richiesto «l'emanazione di uno
specifico provvedimento di chiusura della discarica». È stato
inoltre stabilito che la Tirrenoambiente «dovrà ripristinare l'area
sbancata» – senza autorizzazioni come evidenziato nella relazione
della commissione ispettiva nominata dall'ex assessore Marino – e
nei piani della società partecipata dal Comune di Mazzarrà
Sant'Andrea destinata al quarto ampliamento in 15 anni.
L'assessorato regionale all'Energia ha
quindi ordinato a Tirrenoambiente di presentare entro il prossimo 22
settembre «un progetto di chiusura della discarica conforme alle
prescrizioni già impartite con la diffida del 19 agosto scorso»
insieme a un progetto di «messa in sicurezza del lato sud della
discarica (dove sono stati riscontrati dei fenomeni di instabilità),
volto a garantire che il sito possa essere chiuso nel rispetto della
normativa ambientale e di sicurezza vigente».
Il dirigente generale Marco Lupo ha
inoltre ribadito che «nel progetto di chiusura l'utilizzo di rifiuti
potrà essere previsto esclusivamente nelle particelle oggetto di
autorizzazione con decreto 393 del 2009». A tal proposito nei giorni
scorsi, si ricorderà, c'era stata un'ispezione al sito di contrada
Zuppà ad opera dei carabinieri e dei tecnici dell'Arpa Messina,
volta ad acquisire dati certi sulle volumetrie ancora disponibili e
che ha portato alla concessione di una proroga fino a tutto settembre
per l'utilizzo dell'invaso mazzarrese per far fronte all'emergenza
rifiuti di Messina e provincia (ormai il conto di queste emergenze si
è perso nei meandri del tempo).
Per la Regione, inoltre, Provincia di
Messina e struttura territoriale dell'Arpa (secondo la quale tutto
andava bene in contrada Zuppà) dovranno dare delle risposte a tutta
una serie di interrogativi sulle attività di controllo della
gestione della discarica in questi anni. La Provincia dovrà
esprimersi «sulle violazioni riscontrate nella gestione della
discarica, nel corso delle sue attività di controllo, con
particolare riferimento a quelle che possano aver avuto ricadute
sulla qualità ambientale del sito» e verificare «la corrispondenza
tra i dati riportati nel registro di carico e scarico dei rifiuti in
ingresso» e i dati forniti dalla Tirrenoambiente, oltre a verificare
«qualità e quantità dei rifiuti abbancati e quantità di percolato
smaltito rispetto alla quantità teorica risultante dal bilancio
idrogeologico della stessa discarica». Non dimentichiamo infatti che
a poche centinaia di metri sono presenti i pozzi di contrada Lacco
che alimentano l'acquedotto comunale di Furnari che – secondo
quanto più volte denunciato dall'amministrazione del centro
tirrenico – potrebbero essere stati inquinati.
All'Arpa invece è stato richiesto di
fornire «le risultanze delle procedure di autocontrollo [sic] messe
in atto dal gestore» insieme ai risultati dei controlli effettuati
dalla stessa agenzia «su acqua, suolo e aria, al fine di esprimersi
sulle eventuali difformità accertate» e le «le evidenze analitiche
su eventuali potenziali fenomeni di contaminazione del sito».
Infine la Regione chiede a Provincia e
Arpa di verificare circa le autorizzazioni del «rilevato in terra
ubicato nelle vicinanze del costruendo (dal 2009) impianto di
biostabilizzazione» e se «tale struttura sia stata autorizzata o
meno visto che agli atti ciò non risulta».
Per l’avvocato Mario Foti, sindaco di
Furnari ieri presente in conferenza dei servizi «La società che
gestisce l’invaso -- nota alle cronache giudiziarie sia per la
condanna in secondo grado dell'ex presidente per concorso esterno in
associazione mafiosa che per l'arresto dell’attuale amministratore
delegato per un presunto atto di corruzione di un funzionario
regionale – ha mostrato la propria colpevole negligenza e la
propria incompetenza nel gestire il sito della discarica».
«Dalle risultanze documentali (il
riferimento è alla citata relazione della commissione Marino) è,
infatti, emerso – continua Foti – che l’abbancamento dei
rifiuti è stato fatto in maniera non conforme alla normativa vigente
ed in violazione del progetto autorizzato dalla competente autorità
regionale. In particolare, risultano violate le prescrizioni sulle
modalità di impermeabilizzazione, quelle sulla volumetria che ha
superato di circa 1 milione di metri cubi quella consentita, con
erronea rappresentazioni dello stato di fatto, una grave incongruenza
tra i volumi forniti con un superamento delle quote massime di
riferimento di abbancamento (con una altezza di 145 ml sul livello
del mare, rispetto ai 118 mls previsti ed autorizzati in progetto),
una diversa morfologia realizzata rispetto a quella autorizzata,
l’assenza di un piezometro posto a monte, la mancata esecuzione
della verifica sulla stabilità del corpo rifiuti dell’insieme
terreno/corpo rifiuti e del corpo rifiuti».
«La palese violazione delle
autorizzazioni – conclude il primo cittadino furnarese – che ha
comportato un’altezza della discarica presenta di circa 27 metri in
più di quanto consentito (equivalente ad un palazzo di dieci piani)
è stata posta in essere con il complice silenzio e con le omissioni
delle istituzioni che avrebbero dovuto vigilare su una attività
pericolosa che comporta rischio per i cittadini che vivono nel
territorio, atteggiamento peraltro continuato e reiterato anche in
detta conferenza di servizi».
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