Sarebbero 24 le discariche illegali in Sicilia. Nonostante i piani di riassetto non siano stati
presentati o approvati, non sono stati chiuse dall’autorità
competente. Questo potrebbe portare a nuove sanzioni europee, proprio
durante il semestre europeo italiano.
Una penalità giornaliera di 256.819
euro per violazione delle direttive ignorate, dal giorno in cui sarà
pronunciata la sentenza fino a quello dell’esecuzione, oltre a una
somma forfettaria di 28.089 euro al giorno per il numero di giorni di
persistenza dell’infrazione a partire dal 26 aprile 2007 al giorno
della pronuncia della nuova sentenza.
L’Italia insiste nell’ignorare le
norme comunitarie, sebbene siano trascorsi sette anni dalla condanna
per non aver ottemperato agli obblighi previsti da alcuni articoli
delle direttive 75/442/CEE, 91/689/CEE e 1999/31/CE concernenti i
rifiuti, quelli pericolosi e la gestione delle discariche; ben undici
anni da quando la Commissione europea ha aperto la procedura di
infrazione 2003_2077 riguardante le discariche abusive.
La deputata palermitana del Movimento 5
stelle Claudia Mannino, membro della commissione Ambiente di
Montecitorio, ha presentato un’interpellanza urgente alla Camera
per capire “quali iniziative straordinarie e urgenti intenda
adottare l’esecutivo per giungere, il più rapidamente possibile,
alla rimozione di tutte le inottemperanze giuridiche che sono causa
della condanna inflitta al nostro Paese nell’aprile del 2007, in
considerazione del fatto che il permanere delle stesse situazioni è
all’origine di una probabile seconda condanna da parte della Corte
Europea”. “Ormai – afferma Claudia Mannino – i tempi sono
strettissimi, quindi è quanto mai urgente che il governo intervenga
per evitare multe pesantissime che, in un modo o nell’altro,
dovranno pagare tutti gli ignari cittadini”.
La Commissione regionale antimafia, le
cui attività d’indagine sono al momento focalizzate proprio sulle infiltrazioni mafiose nelle discariche private siciliane, è pronta ad inviare alle Procure un suo dossier.
È
un settore ritenuto infatti ad alto rischio infiltrazione della criminalità
organizzata. Ci sono le norme, nazionali e regionali, che prevedono
rigide misure di prevenzione. Ma in Sicilia il settore rifiuti
continua a vivere nel paradosso.
Da una attenta analisi su chi abbia fin
qui applicato la normativa nazionale in ambito di white list, su chi
cioè abbia i requisiti per essere iscritto all’elenco dei
fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti
a tentativo di infiltrazione mafiosa gestite dalle prefetture (in
applicazione dell’art. 1, commi dal 52 al 57, della legge
n.190/2012; D.P.C.M. 18 aprile 2013) si scopre che, a parte
la discarica di Siculiana (gruppo Catanzaro), nessuna delle 24 discariche siciliane (sia
pubbliche che private) ha ottenuto l’iscrizione a questo elenco
speciale.
Per essere ammessi agli elenchi
delle cosiddette white list le imprese interessate vengono passate al
setaccio e controllate punto per punto per verificare che le
infiltrazioni non solo non siano in atto ma non siano mai avvenute.
La norma prevede infatti che «L’iscrizione negli elenchi della
prefettura della provincia in cui l’impresa ha sede soddisfa i
requisiti per l’informazione antimafia per l’esercizio della
relativa attività. La prefettura effettua verifiche periodiche circa
la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito
negativo, dispone la cancellazione dell’impresa dall’elenco».
Inoltre, la delibera regionale
“Disposizioni applicative connesse all’attuazione della normativa
antimafia” prevede che l’amministrazione regionale debba
acquisire sempre le informative antimafia nei casi previsti dal
decreto legislativo 159/2011 e che tale obbligo debba essere esteso
anche alle società partecipate dalla Regione siciliana procedendo
all’immediata revoca dei rapporti nel caso in cui siano acquisite
informative atipiche. La domanda a questo punto è d’obbligo:
quante volte la verifica antimafia è stata fatta e in quanti casi è
stata acquista l’obbligatoria informativa antimafia?
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