Dieci anni per l'ex sindaco di Furnari Salvatore Lopes, sette anni e sei mesi per il boss Tindaro Calabrese, due anni per l'ex boss, ora pentito, Carmelo Bisognano: entrambi attualmente in carcere. Prossima udienza il 10 dicembre
Ieri si è tenuta un'altra udienza del processo "Torrente", ormai alle battute finali. Su disposizione del presidente del collegio giudicante, il dottor Orifici, si è però svolta a porte chiuse, e tutti i soggetti estranei al procedimento sono stati invitati a lasciare l'aula. Anche questi sono, purtroppo, effetti della pandemia.
Tutti fuori quindi, stampa compresa ma, grazie ad un cronista di razza come Leonardo Orlando, si è comunque riusciti ad avere notizie su quanto successo ieri mattina dietro le porte blindate dell'Aula A del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto.
Dopo una brevissima requisitoria - infatti ha lasciato l'aula pochi minuti dopo l'inizio dell'udienza - il rappresentante della pubblica accusa, il dottor Francesco Massara, ha chiesto la condanna per tutti gli imputati: dieci anni di carcere per l'ex sindaco di Furnari, il dottor Salvatore Lopes; sette anni e sei mesi per il boss di Novara di Sicilia Tindaro Calabrese, attualmente recluso presso il carcere de L'Aquila, due anni per il boss pentito Carmelo Bisognano, ex capo dei mazzarroti, anche lui detenuto ma, per ovvi motivi, in località ignota.
Per gli altri imputati l'accusa ha chiesto la condanna a tredici anni e sei mesi per Sebastiano Geraci e Leonardo Arcidiacono, dieci anni per Roberto Munafò e quattro anni per Vincenza Bisognano, sorella del pentito Carmelo, anche lei in regime di protezione.
Dopo la requisitoria del pm, sono intervenute le parti civili: il Comune di Furnari e l'avvocato Mario Foti, all'epoca dei fatti candidato alle elezioni amministrative. Le arringhe del nutrito collegio difensivo si terranno invece nella prossima udienza, fissata per il 10 dicembre. A seguire l'attesa sentenza di primo grado che porterà ad una prima verità processuale attesa ormai da ben dieci anni.
L'operazione Torrente era stata condotta, il 5 novembre 2010, dai carabinieri del Ros e del Comando Provinciale di Messina nell’ambito di un'inchiesta, coordinata dalla Dda di Messina, sulle infiltrazioni mafiose nei lavori di messa in sicurezza del territorio iniziati dopo l’alluvione del 2008 che colpì Furnari, Falcone e Mazzarrà Sant’Andrea, assestando un duro colpo al clan dei “mazzarroti” e facendo luce sul condizionamento che la cosca aveva esercitato sulle elezioni amministrative svoltesi a Furnari il 13 e 14 maggio 2007.
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