Alla Regione, istituzione cardine
per la realizzazione del sistema di gestione dei rifiuti, sono
attribuite competenze in materia di pianificazione e organizzazione,
nonché la potestà autorizzativa, ma non ha la regione: nessun
potere gestionale diretto. Questo è il problema che tiene in scacco
la gestione dei rifiuti in Sicilia
«Il governo della regione millanta che
la Sicilia dispone di un "Piano di Gestione", ciò è falso
in punta di diritto. Si vuole gabellare come Piano regionale, un
"Piano emergenziale" del 2012, tra l'altro ancora in
itinere. Si vorrebbe celare così, l'ingiustificabile e dolosa
omissione del governo regionale nell'applicare il dispositivo
contenuto nell'art. 9 della legge regionale n.9/2010.
La regione attraverso il piano
regionale, assolve al ruolo di regolatore del: "Riciclo",
"Riuso" e "Recupero"; con il compito di innescare
flussi di materia per qualità e quantità sufficienti a realizzare
la filiera produttiva del riciclaggio, riuso e compostaggio.»
In questi giorni di ordinaria emergenza
rifiuti in Sicilia, torna a farsi sentire forte e chiara la voce del
professor Angelini nel denunciare omissioni, carenze e incompetenze
del carrozzone Regione siciliana.
Sono gli ato lo snodo nella gestione
Angelini evidenzia come l'insieme della
competenze nella gestione dei rifiuti sia demandata dalla legge ad un
unico soggetto amministrativo, l’autorità d’ambito, con compiti
di regolazione e di selezione del soggetto gestore mediante procedure
ad evidenza pubblica con il fine di realizzare una gestione:
efficiente, efficacie ed economica.
La normativa stabilisce che per quanto
riguarda la raccolta differenziata, la regione svolge il ruolo di
"regolatore", al fine di organare in modo unitario le
attività della RD nei vari territori. Spetta invece ai Comuni la
raccolta, art. 198, comma 2, D.Lgs 152/2006: "I comuni
concorrono a disciplinare la gestione dei rifiuti urbani con appositi
regolamenti che, nel rispetto dei principi di trasparenza,
efficienza, efficacia ed economicità e in coerenza con i piani
d'ambito [...] al fine di garantire una distinta gestione delle
diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi".
Vent'anni di violazioni
E invece da 20 anni, in «costante
violazione delle leggi – tuona il docente palermitano – o in
alcuni periodi con la "copertura" delle deroghe
commissariali, si impedisce che ogni ente locale di assolvere
pienamente e correttamente alle funzioni stabilite dalla legge».
Per Angelini la regione «continua
incontrastata ad avocare a se tutti i poteri in materia, senza averne
la legittimazione giuridica, causando enormi danni economici ed
ambientali alla Sicilia e ai siciliani. Violando la legge, come per
esempio, nell'autorizzare impianti (discariche comprese) che non sono
previsti dal Piano regionale di Gestione dei rifiuti o nei Piani di
Ambito».
Ed è proprio il dibattito su quanti
Ato realizzare in Sicilia a rappresentare per Angelini la cifra del
totale disallineamento della Sicilia alle regole, oltre che alle
buone pratiche, europee e nazionali.
«La definizione e la perimetrazione
degli Ato – sostiene – è la prima operazione che si effettua, in
ambito tecnico e non politico, per definire lo scenario ottimale
sotto il profilo della qualità ambientale, della economicità
dell'attività gestionali, dell'efficienza e qualità del servizio,
nell'ambito della redazione del Piano di Gestione regionale. Questo
andava fatto 20 anni fa, invece, in questo lasso di tempo si è
discusso in sede politica e si legiferato dando i numeri; 9, 27, 10,
16, 18 ATO. In questi anni, è stato costituito anche l'Ato "Isole
minori", la cosa più imbecille e disonesta che mai si sia stata
mai pensata nell'ambito delle gestione dei rifiuti.
Gli Ato vengono delimitati in base ad
uno studio tecnico-economico che deve corrispondere al superamento
della frammentazione, in modo da delineare delle gestioni con
adeguate dimensioni relative ai "produttori" di rifiuti,
definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla
base delle ripartizioni politico-amministrative».
«È necessario – conclude – che in
questo scenario si tenga in primo piano l'obiettivo di minimizzare i
costi economici e ambientali, come per esempio, valutando il sistema
stradale e ferroviario di comunicazione al fine di ottimizzare i
trasporti all'interno dell'Ato, o come mettere in comune al fine di
realizzare risparmi attraverso una gestione di scale, gli impianti
già realizzati e funzionanti.
Si tratta di garantire la gestione
integrata dei rifiuti, nelle diverse fasi della raccolta, trasporto,
riuso recupero e smaltimento, allo scopo di ottenere una stima in
quantità e qualità di materia trattata, al fine di garantire il
break even point nella gestione e nella valorizzazione.
L'obiettivo è quello di raggiungere
l'autosufficienza dell'Ato, ognuno si gestisce i rifiuti a "casa
propria", in di prossimità tra maggiore flusso dei rifiuti e
gli impianti, in modo da ridurre la movimentazione e massimizzare il
riutilizzo del materiale».
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