Con la sentenza di ieri della Suprema
Corte – che ha confermato le condanne decise nel processo di
appello del marzo dello scorso anno – si chiude il processo Vivaio
alla mafia della discarica di Mazzarrà Sant'Andrea, comune
recentemente sciolto per infiltrazioni mafiose.
L'operazione del Ros, scattata il 10
aprile 2008, oltre ad accertare numerosi episodi estorsivi nei
confronti di alcuni imprenditori locali, aveva evidenziato gli
interessi illeciti del clan dei mazzarroti, costola della famiglia
barcellonese, nella gestione “non ufficiale” della mega-discarica
di contrada Zuppà e i condizionamenti nelle elezioni amministrative
del maggio 2007 in alcuni comuni del comprensorio, con particolare
riferimento alle elezioni amministrative di Furnari, comune poi
sciolto dal Governo nel 2009 proprio per infiltrazioni mafiose.
Da quel troncone di indagine scaturì
poi nel 2010 l'indagine Torrente e il relativo processo attualmente
nella fase dibattimentale davanti al Tribunale di Barcellona Pozzo di
Gotto.
Confermato quindi l'ergastolo per Aldo
Nicola Munafò per l'omicidio di Ninì Rottino, ammazzato nell'estate
nel 2006 nella guerra tra il boss “emergente” Tindaro Calabrese –
che dovrà scontare sedici anni – e il “vecchio” boss, oggi
collaboratore di giustizia, Melo Bisognano condannato a 7 anni e
mezzo.
Confermate anche le condanne a otto
anni per Nello Giambò, ex sindaco di Mazzarrà e presidente –
all'epoca dell'operazione – di Tirrenoambiente, la partecipata del
comune che ha gestito fino al 3 novembre 2014 la discarica, e “u
baruni” Michele Rotella, i due “colletti sporchi”, artefici
insieme a Melo Bisognano della sua realizzazione.
Le altre condanne
Tredici anni per Alfio Giuseppe
Castro, otto anni e 8 mesi ad Agostino Campisi, otto anni per Nunziato
Siracusa, nove anni per Carmelo Salvatore Trifirò.
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