Aurelio Angelini, docente palermitano
di Sociologia dell’ambiente, risponde a Faraone denunciando i danni di una ventennale
gestione commissariale dei rifiuti in Sicilia
«Il governo, con un intervento della
Presidenza del consiglio dei ministri, proposto dal ministero
dell'Ambiente ha attivato, in materia di rifiuti, la procedura di
esercizio del potere sostitutivo sul governo regionale siciliano.
Troppi ritardi, grave situazione igienico sanitaria e debiti alle
stelle. Non si può più stare a guardare».
«Entro 30 giorni si
dovrà ridefinire la perimetrazione degli ambiti territoriali
ottimali (Ato) e il numero andrà ridotto da 18 a 5 (isole comprese).
Entro 120 giorni dalla nuova perimetrazione, gli Ato andranno resi
operativi. Entro 60 giorni, andrà adeguata la legislazione regionale
in materia di gestione dei rifiuti urbani e in particolare, andrà
organizzato il servizio, scelta la forma di gestione, determinate le
tariffe per i cittadini (per quanto di competenza) e criteri di
affidamento della gestione e relativo controllo».
«Entro 60 giorni andrà approvato il piano regionale di gestione dei rifiuti. Se la
Regione Sicilia non porterà a temine quanto stabilito nella diffida
– aggiunge – il governo nominerà un Commissario per sbloccare
questa situazione. Stiamo parlando di una regione, la Sicilia, ultima
in Italia per la raccolta differenziata (appena al 9%). Stiamo
parlando di discariche al collasso e di debiti che si sono sommati
fino a sfiorare i 2 miliardi di euro».
Questo quanto scriveva sul suo profilo
Facebook il sottosegretario all'Istruzione Davide Faraone
preannunciano il prossimo commissariamento della Regione siciliana in
materia di gestione dei rifiuti, all’indomani dell’intenzione del
governo nazionale di dare il via alla costruzione di 15 nuovi
inceneritori, di cui due proprio nell’Isola.
Oggi – sempre sul noto social – il
professor Aurelio Angelini (docente di Sociologia dell’ambiente
all’Università di Palermo (che nel 2000 era stato messo dal primo
Commissario straordinario, il presidente della Regione Angelo
Capodicasa, alla guida di un comitato scientifico con lo scopo di
redigere un piano per uscire dall’emergenza. Il Pier, caduto Capodicasa, non vide mai la luce) ha evidenziato come
gli interventi messi in atto dalle diverse Ordinanze di Protezione
Civile, con cui a partire dal 2000, si è intervenuto sui rifiuti
hanno peggiorato le non esaltanti gestioni comunali precedenti.
«I commissariamenti disposti non hanno
prodotto i risultati che promettevano – ha dichiarato Angelini –,
anzi per molti versi, hanno aggravato e incancrenito la situazione
gestionale isolana, generando costi elevatissimi per il personale (un
numero abnorme soprattutto di amministrativi), per la dipendenza
dalla discarica (91% dei rifiuti finisce in una buca), per i costi
dei trasporti (fino a 440 km di percorrenza per smaltire i rifiuti),
che hanno prodotto un aggravio economico progressivo nei bilanci dei
comuni, fino a dieci volte maggiore, a causa di un’anomala e unica
configurazione giuridica ed organizzativa del sistema siciliano dei
rifiuti».
Dal varo del decreto Ronchi nel 1997,
che recepiva le direttive europee in materia di rifiuti del 1991 che
mettono al centro della gestione il riciclaggio, il tasso di crescita
della raccolta differenziata è stato pari allo 0,5% per anno.
«L’Isola – secondo Angelini –
con questo ritmo raggiungerà l’obiettivo fissato per legge del
65%, tra più di un secolo. L’art. 5 della legge 225/92 e le s.m.i
prevede la possibilità di dichiarare lo stato di emergenza da parte
del Consiglio dei ministri, che determina la durata e gli obiettivi.
Per l’attuazione degli interventi, si provvede a mezzo di ordinanze
che operano in genere in deroga a disposizioni di legge. Questo
potere straordinario può essere utilizzato in modo efficace,
appropriato e competente e contenuto nel tempo, per risolvere una
reale emergenza (questo è lo spirito della legge). Oppure – come è
quasi sempre accaduto – si sostituisce un potere legittimo, che
deve applicare procedure trasparenti e concorrenti, con un’autorità
che opera nell’opacità e senza procedure concorrenziali, grazie al
potere derogatorio di cui dispone, in barba ai principi generali
dell’ordinamento giuridico e con l’adozione di decisioni che non
sono supportate da robuste motivazioni tecniche, giuridiche e di
convenienza economica. Difatti la finalità di un’ordinanza di
protezione civile, è quella di rimuovere i “pericoli e gli
ostacoli alla corretta amministrazione”, al fine di riportare alla
“normalità la gestione in base alle previsioni di legge” e nel
più breve tempo possibile (negli ultimi 15 anni: 10 di regime
commissariale, 3 anni di regime paracommissariale sotto l’autorità
dell’anomala agenzia “ARRA” e 2 anni per la chiusura delle
pendenze delle gestioni commissariali)».
«Illogicamente accade – prosegue il
professor Angelini – che per rimuovere “i pericoli e gli ostacoli
alla corretta amministrazione”, vengono nominati i responsabili
delle inadempienze, che si sono sottratti alle loro funzioni
pubbliche, provocando l’emergenza per negligenza, incapacità o per
corruzione. A queste stesse persone, vengono affidati poteri
straordinari che permettono nella “legalità” di andare contro la
legge, senza però "correre rischi"».
Per il docente palermitano gli esiti
dei regimi commissariali in Sicilia sono noti. Si va dai 210 milioni
di euro spesi per le bonifiche delle discariche non più in uso, che
incombono sui corpi idrici dell’Isola (circa 1000 discariche),
«senza che nessuna di queste sia stata mai bonificata», ma che ha
consentito ad un “«comitato d’affari» di spartirsi «incarichi
e consulenze per studi preliminari e per progetti di massima”», ai
306 milioni destinati agli investimenti che per Angelini «sono stati
distribuiti a pioggia per innumerevoli interventi irrilevanti o
sbagliati. Solo il 3% di questa somma (10 milioni) è stata spesa per
la realizzazione di impianti di compostaggio, che come è noto sono
strategici per la Raccolta Differenziata».
Altri 540 milioni di euro sono stati
sprecati dai regimi commissariali: «rifiuti, acque e dissesto
idrogeologico, con esiti disastrosi: il dissesto del territorio si è
accentuato, sono in corso procedure d’infrazione per la gestione
dei rifiuti e per la mancata depurazione delle acque».
Non sono state realizzate le bonifiche
dei siti altamente inquinati, nelle aree di Augusta/Melilli/Siracusa,
Gela, Milazzo/San Filippo del Mela, con gravissime conseguenze
ambientali e sanitarie, diventate cronaca di tutti i giorni,
dell’aumento di malattie polmonari, l’aumento dei casi di
neoplasia e di malformazioni neonatale.
«La complicità tra governi, corpi
dello Stato e commissari delegati, – continua – ha permesso
l’istituzionalizzazione dell’emergenza, generando stabilmente un
sistema parallelo, torbido e privo di controllo democratico, basato
sulla deroga e sul travisamento sistematico dell’ordinamento
giuridico. Ha deresponsabilizzato gli amministratori locali, ha
prodotto una situazione aggrovigliata sul piano amministrativo e
l’inefficienza nella gestione dei rifiuti, costituendo in modo
abnorme 27 società d’ambito, contemporaneamente affidatarie e
controllori della gestione dei rifiuti. Oggi per via ordinaria,
questo sistema viene polverizzato e definitivamente sepolto, da più
di 200 Ambiti di Raccolta comunale. In questo contesto ha prosperato
il malaffare, il clientelismo e la corruzione e ingenti risorse
pubbliche sono state sprecate. Un comitato d’affari si è spartito
appalti, incarichi e prebende, permettendo a Cosa nostra di
continuare a controllare una parte del business dei rifiuti, come
emerge chiaramente nella vicenda degli appalti per i quattro mega
inceneritori, nella gestione delle discariche, dei centri di
stoccaggio provvisori e di rottamazione, dello smaltimento illecito
dei rifiuti speciali e speciali pericolosi. Consegnandoci uno
spaccato vergognoso, ignobile e insostenibile, che è stato possibile
grazie alle lunghe stagioni di commissariamenti, gestiti dagli stessi
responsabili del disastro sanitario, ambientale ed economico,
attraverso regie politico-mafiose che hanno operato alla luce del
sole e nell’ombra. È stato creato un vero e proprio buco nero, che
opera nell’illegalità e nel dileggio dell’ordinamento giuridico
posto a presidio della corretta gestione del ciclo dei rifiuti, che
fa prosperare la criminalità organizzata, colletti bianchi e
politici corrotti. Se alla già critica situazione delle discariche
“incontrollate” aggiungiamo che ogni anno “spariscono nel
“nulla” milioni di tonnellate di rifiuti speciali e speciali
pericolosi prodotti in Sicilia, ma che non vengono trattati in
appositi impianti dell’Isola e che non risultano in uscita dalla
regione alle capitanerie di porto, vuol dire che siamo in pieno
disastro ambientale».
Come del resto aveva già evidenziato
la commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti nel
2011, quando nella relazione finale si leggeva che “In Sicilia il
settore dei rifiuti si caratterizza perché esso stesso organizzato
per delinquere”.
«La proposta di commissariamento in
materia di rifiuti avanzata in questi giorni – prosegue –,per la
presunta necessità – tra le altre ragioni- di dotarsi urgentemente
di un Piano di Gestione (la Sicilia è l’unica regione a non
disporre di un proprio piano), non regge sotto il profilo della
logica e mette a nudo un potere politico inadeguato e colpevolmente
immobile». La legge regionale n.9 del 2010, stabilisce –
attraverso una procedura snella e rapida- che “su proposta
dell’assessore regionale" al ramo, il “presidente della
regione emana il Piano”. «Perché – si interroga Angelini – in
regime di autonomia si vuol far intervenire il governo nazionale con
procedure eccezionali e derogatorie? Quando la via ordinaria è la
più rapida? Perché gli assessori che si sono assecondati dal 2010
ad oggi, non hanno predisposto il “Piano di Gestione”? Perché il
parlamento regionale non ha richiamato il governo all’applicazione
di una propria legge?» La risposta è semplice per il sociologo
«poter continuare a pianificare in modo emergenziale al di fuori dei
vincoli di legge ed autorizzare in deroga: inceneritori e discariche
e scialacquare risorse pubbliche senza vincoli e controlli».
«Ci troviamo – conclude il docente
palermitano – di fronte ad un sistema criminogeno, che ha
“progettato” una gestione illegale che ha agito in modo
indisturbato, grazie all’assenza dei controlli istituzionali e di
legalità. Infine, la Sicilia continua ad essere indifesa sotto il
profilo dei controlli ambientali, tra questi, vedi lo stato tecnico e
organizzativo in cui versa l’ARPA Sicilia, nata con dieci anni di
ritardo rispetto il resto d’Italia, ma che non è mai diventata
“adulta”, attraverso una oculata scelta, da parte dei decisori
politici, che hanno scelto un management inadeguato e di comodo, che
ha operato in modo che non si strutturasse una rete di controlli
territoriali e di rilevamenti puntuali, a partire dai siti interesse
nazionale (SIN), in cui insistono le principali industrie chimiche
del Paese che hanno operato come in zona franca».
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