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venerdì 14 agosto 2015

Il sistema siciliano dei rifiuti e i danni prodotti dai commissari

Aurelio Angelini, docente palermitano di Sociologia dell’ambiente, risponde a Faraone denunciando i danni di una ventennale gestione commissariale dei rifiuti in Sicilia

«Il governo, con un intervento della Presidenza del consiglio dei ministri, proposto dal ministero dell'Ambiente ha attivato, in materia di rifiuti, la procedura di esercizio del potere sostitutivo sul governo regionale siciliano. Troppi ritardi, grave situazione igienico sanitaria e debiti alle stelle. Non si può più stare a guardare».
«Entro 30 giorni si dovrà ridefinire la perimetrazione degli ambiti territoriali ottimali (Ato) e il numero andrà ridotto da 18 a 5 (isole comprese). Entro 120 giorni dalla nuova perimetrazione, gli Ato andranno resi operativi. Entro 60 giorni, andrà adeguata la legislazione regionale in materia di gestione dei rifiuti urbani e in particolare, andrà organizzato il servizio, scelta la forma di gestione, determinate le tariffe per i cittadini (per quanto di competenza) e criteri di affidamento della gestione e relativo controllo».
«Entro 60 giorni andrà approvato il piano regionale di gestione dei rifiuti. Se la Regione Sicilia non porterà a temine quanto stabilito nella diffida – aggiunge – il governo nominerà un Commissario per sbloccare questa situazione. Stiamo parlando di una regione, la Sicilia, ultima in Italia per la raccolta differenziata (appena al 9%). Stiamo parlando di discariche al collasso e di debiti che si sono sommati fino a sfiorare i 2 miliardi di euro».
Questo quanto scriveva sul suo profilo Facebook il sottosegretario all'Istruzione Davide Faraone preannunciano il prossimo commissariamento della Regione siciliana in materia di gestione dei rifiuti, all’indomani dell’intenzione del governo nazionale di dare il via alla costruzione di 15 nuovi inceneritori, di cui due proprio nell’Isola.
Oggi – sempre sul noto social – il professor Aurelio Angelini (docente di Sociologia dell’ambiente all’Università di Palermo (che nel 2000 era stato messo dal primo Commissario straordinario, il presidente della Regione Angelo Capodicasa, alla guida di un comitato scientifico con lo scopo di redigere un piano per uscire dall’emergenza. Il Pier, caduto Capodicasa, non vide mai la luce) ha evidenziato come gli interventi messi in atto dalle diverse Ordinanze di Protezione Civile, con cui a partire dal 2000, si è intervenuto sui rifiuti hanno peggiorato le non esaltanti gestioni comunali precedenti.
«I commissariamenti disposti non hanno prodotto i risultati che promettevano – ha dichiarato Angelini –, anzi per molti versi, hanno aggravato e incancrenito la situazione gestionale isolana, generando costi elevatissimi per il personale (un numero abnorme soprattutto di amministrativi), per la dipendenza dalla discarica (91% dei rifiuti finisce in una buca), per i costi dei trasporti (fino a 440 km di percorrenza per smaltire i rifiuti), che hanno prodotto un aggravio economico progressivo nei bilanci dei comuni, fino a dieci volte maggiore, a causa di un’anomala e unica configurazione giuridica ed organizzativa del sistema siciliano dei rifiuti».
Dal varo del decreto Ronchi nel 1997, che recepiva le direttive europee in materia di rifiuti del 1991 che mettono al centro della gestione il riciclaggio, il tasso di crescita della raccolta differenziata è stato pari allo 0,5% per anno.
«L’Isola – secondo Angelini – con questo ritmo raggiungerà l’obiettivo fissato per legge del 65%, tra più di un secolo. L’art. 5 della legge 225/92 e le s.m.i prevede la possibilità di dichiarare lo stato di emergenza da parte del Consiglio dei ministri, che determina la durata e gli obiettivi. Per l’attuazione degli interventi, si provvede a mezzo di ordinanze che operano in genere in deroga a disposizioni di legge. Questo potere straordinario può essere utilizzato in modo efficace, appropriato e competente e contenuto nel tempo, per risolvere una reale emergenza (questo è lo spirito della legge). Oppure – come è quasi sempre accaduto – si sostituisce un potere legittimo, che deve applicare procedure trasparenti e concorrenti, con un’autorità che opera nell’opacità e senza procedure concorrenziali, grazie al potere derogatorio di cui dispone, in barba ai principi generali dell’ordinamento giuridico e con l’adozione di decisioni che non sono supportate da robuste motivazioni tecniche, giuridiche e di convenienza economica. Difatti la finalità di un’ordinanza di protezione civile, è quella di rimuovere i “pericoli e gli ostacoli alla corretta amministrazione”, al fine di riportare alla “normalità la gestione in base alle previsioni di legge” e nel più breve tempo possibile (negli ultimi 15 anni: 10 di regime commissariale, 3 anni di regime paracommissariale sotto l’autorità dell’anomala agenzia “ARRA” e 2 anni per la chiusura delle pendenze delle gestioni commissariali)».
«Illogicamente accade – prosegue il professor Angelini – che per rimuovere “i pericoli e gli ostacoli alla corretta amministrazione”, vengono nominati i responsabili delle inadempienze, che si sono sottratti alle loro funzioni pubbliche, provocando l’emergenza per negligenza, incapacità o per corruzione. A queste stesse persone, vengono affidati poteri straordinari che permettono nella “legalità” di andare contro la legge, senza però "correre rischi"».
Per il docente palermitano gli esiti dei regimi commissariali in Sicilia sono noti. Si va dai 210 milioni di euro spesi per le bonifiche delle discariche non più in uso, che incombono sui corpi idrici dell’Isola (circa 1000 discariche), «senza che nessuna di queste sia stata mai bonificata», ma che ha consentito ad un “«comitato d’affari» di spartirsi «incarichi e consulenze per studi preliminari e per progetti di massima”», ai 306 milioni destinati agli investimenti che per Angelini «sono stati distribuiti a pioggia per innumerevoli interventi irrilevanti o sbagliati. Solo il 3% di questa somma (10 milioni) è stata spesa per la realizzazione di impianti di compostaggio, che come è noto sono strategici per la Raccolta Differenziata».
Altri 540 milioni di euro sono stati sprecati dai regimi commissariali: «rifiuti, acque e dissesto idrogeologico, con esiti disastrosi: il dissesto del territorio si è accentuato, sono in corso procedure d’infrazione per la gestione dei rifiuti e per la mancata depurazione delle acque».
Non sono state realizzate le bonifiche dei siti altamente inquinati, nelle aree di Augusta/Melilli/Siracusa, Gela, Milazzo/San Filippo del Mela, con gravissime conseguenze ambientali e sanitarie, diventate cronaca di tutti i giorni, dell’aumento di malattie polmonari, l’aumento dei casi di neoplasia e di malformazioni neonatale.
«La complicità tra governi, corpi dello Stato e commissari delegati, – continua – ha permesso l’istituzionalizzazione dell’emergenza, generando stabilmente un sistema parallelo, torbido e privo di controllo democratico, basato sulla deroga e sul travisamento sistematico dell’ordinamento giuridico. Ha deresponsabilizzato gli amministratori locali, ha prodotto una situazione aggrovigliata sul piano amministrativo e l’inefficienza nella gestione dei rifiuti, costituendo in modo abnorme 27 società d’ambito, contemporaneamente affidatarie e controllori della gestione dei rifiuti. Oggi per via ordinaria, questo sistema viene polverizzato e definitivamente sepolto, da più di 200 Ambiti di Raccolta comunale. In questo contesto ha prosperato il malaffare, il clientelismo e la corruzione e ingenti risorse pubbliche sono state sprecate. Un comitato d’affari si è spartito appalti, incarichi e prebende, permettendo a Cosa nostra di continuare a controllare una parte del business dei rifiuti, come emerge chiaramente nella vicenda degli appalti per i quattro mega inceneritori, nella gestione delle discariche, dei centri di stoccaggio provvisori e di rottamazione, dello smaltimento illecito dei rifiuti speciali e speciali pericolosi. Consegnandoci uno spaccato vergognoso, ignobile e insostenibile, che è stato possibile grazie alle lunghe stagioni di commissariamenti, gestiti dagli stessi responsabili del disastro sanitario, ambientale ed economico, attraverso regie politico-mafiose che hanno operato alla luce del sole e nell’ombra. È stato creato un vero e proprio buco nero, che opera nell’illegalità e nel dileggio dell’ordinamento giuridico posto a presidio della corretta gestione del ciclo dei rifiuti, che fa prosperare la criminalità organizzata, colletti bianchi e politici corrotti. Se alla già critica situazione delle discariche “incontrollate” aggiungiamo che ogni anno “spariscono nel “nulla” milioni di tonnellate di rifiuti speciali e speciali pericolosi prodotti in Sicilia, ma che non vengono trattati in appositi impianti dell’Isola e che non risultano in uscita dalla regione alle capitanerie di porto, vuol dire che siamo in pieno disastro ambientale».
Come del resto aveva già evidenziato la commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti nel 2011, quando nella relazione finale si leggeva che “In Sicilia il settore dei rifiuti si caratterizza perché esso stesso organizzato per delinquere”.
«La proposta di commissariamento in materia di rifiuti avanzata in questi giorni – prosegue –,per la presunta necessità – tra le altre ragioni- di dotarsi urgentemente di un Piano di Gestione (la Sicilia è l’unica regione a non disporre di un proprio piano), non regge sotto il profilo della logica e mette a nudo un potere politico inadeguato e colpevolmente immobile». La legge regionale n.9 del 2010, stabilisce – attraverso una procedura snella e rapida- che “su proposta dell’assessore regionale" al ramo, il “presidente della regione emana il Piano”. «Perché – si interroga Angelini – in regime di autonomia si vuol far intervenire il governo nazionale con procedure eccezionali e derogatorie? Quando la via ordinaria è la più rapida? Perché gli assessori che si sono assecondati dal 2010 ad oggi, non hanno predisposto il “Piano di Gestione”? Perché il parlamento regionale non ha richiamato il governo all’applicazione di una propria legge?» La risposta è semplice per il sociologo «poter continuare a pianificare in modo emergenziale al di fuori dei vincoli di legge ed autorizzare in deroga: inceneritori e discariche e scialacquare risorse pubbliche senza vincoli e controlli».
«Ci troviamo – conclude il docente palermitano – di fronte ad un sistema criminogeno, che ha “progettato” una gestione illegale che ha agito in modo indisturbato, grazie all’assenza dei controlli istituzionali e di legalità. Infine, la Sicilia continua ad essere indifesa sotto il profilo dei controlli ambientali, tra questi, vedi lo stato tecnico e organizzativo in cui versa l’ARPA Sicilia, nata con dieci anni di ritardo rispetto il resto d’Italia, ma che non è mai diventata “adulta”, attraverso una oculata scelta, da parte dei decisori politici, che hanno scelto un management inadeguato e di comodo, che ha operato in modo che non si strutturasse una rete di controlli territoriali e di rilevamenti puntuali, a partire dai siti interesse nazionale (SIN), in cui insistono le principali industrie chimiche del Paese che hanno operato come in zona franca».

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