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lunedì 4 maggio 2015

Torrente Mazzarrà: scarichi abusivi e rischio inquinamento?

La quiete dell'alba questa mattina a Furnari è stata interrotta dal rombo di un elicottero - difficile col riverbero del sole determinarne la livrea identificativa, anche se la sagoma ricordava quella di un A109 in dotazione anche all'Arma dei carabinieri - che per alcuni minuti ha sorvolato a bassa quota l'area soprastante la discarica di Mazzarrà Sant'Andrea e della periferia nord dell'abitato di Furnari.
Poche ore dopo un altro elicottero - forse lo stesso, con una probabile livrea bianco-blu - sempre a bassa quota ha effettuato un breve volo circolare sulla medesima area.
Si possono ipotizzare nuove attività investigative legate al sito di Tirrenoambiente?
Lo scorso marzo un velivolo del Noe - nell'ambito delle indagini condotte dalla Procura di Barcellona che ha sequestrato l'impianto lo scorso novembre - aveva sorvolato l'area con una telecamera termica alla ricerca di fughe di biogas e controllato lo stato della vegetazione esistente sul territorio. I risultati della perizia del dirigente della Protezione Civile Nicola Dell'Acqua - che ha interessato anche tutti i pozzi d'acqua presenti in zona - sono attesi per il prossimo 20 maggio.
L'ipotesi potrebbe non essere così peregrina, considerato che negli scorsi giorni, unità della polizia municipale di Furnari, insieme ai carabinieri della locale stazione hanno effettuato un sopralluogo presso il Torrente Mazzarrà, specificamente nel tratto posto tra l'ingresso della discarica (a circa 150 metri) i pozzi Lacco (fonte di approvvigionamento idrico del Comune di Furnari), constatando il deposito di un grosso quantitativo di residui di lavorazione di agrumi, il cosiddetto pastazzo.
Che l’area del torrente Mazzarrà sia oggetto da diversi anni di sversamenti abusivi di pastazzo, e che l’illecita gestione dello smaltimento dello stesso sia da decenni in mano alle famiglie mafiose di Barcellona e Mazzarrà lo ha certificato in primis la sentenza del processo Vivaio alla mafia delle discariche che documenta il totale controllo di Tindaro Calabrese nel settore. In quel procedimento si è evidenziato come i boss abbiano gestito anche lo smaltimento illegale del rifiuto speciale prodotto dalla lavorazione degli agrumi. Tonnellate di scarti che poi venivano scaricate a cielo aperto, in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, ambientale e idrogeologico, a due passi dalle stesse discariche. Lo ha confermato anche il pentito Santo Gullo, nel 2012, subito dopo l'atto intimidatorio ai danni del titolare della Candith. Lo sostengono diverse indagini dei carabinieri. 
Ma nella relazione del comandante della polizia municipale si legge anche qualcos'altro di inquietante, se dovesse trovare riscontro in successive indagini.
«Si accertava - scrive l'ispettore Ravidà - in prossimità del deposito di pastazzo ed esattamente a monte dello stesso, un enorme ristagno di acqua paludosa ed un tubo, posizionato in mezzo alla fitta vegetazione, dal quale si sentiva sgorgare del liquido non identificato. A valle del deposito, invece, si constatava un ampio acquitrino melmoso putrescente e maleodorante, avente un colore rossiccio. La vegetazione circostante, prevalentemente ortica selvatica, si presentava totalmente essiccata. Antistante il predetto pantano di acque putride dalla scarpata laterale, si accertava la presenza di un tubo nero in pvc, del diametro di circa cm. 20, collocato nel sottosuolo e presumibilmente proveniente dalla vicina discarica, dal quale al momento del sopralluogo non fuoriusciva nulla. A seguito ispezione ci si recava nella locale caserma dei Carabinieri. Il Maresciallo Melas comunica va ai presenti che avrebbe adottato tutti i provvedimenti necessari, ivi compreso il sequestro dell'area».  

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