Poche ore dopo un altro elicottero - forse lo stesso, con una probabile livrea bianco-blu - sempre a bassa quota ha effettuato un breve volo circolare sulla medesima area.
Si possono ipotizzare nuove attività investigative legate al sito di Tirrenoambiente?
Lo scorso marzo un velivolo del Noe - nell'ambito delle indagini condotte dalla Procura di Barcellona che ha sequestrato l'impianto lo scorso novembre - aveva sorvolato l'area con una telecamera termica alla ricerca di fughe di biogas e controllato lo stato della vegetazione esistente sul territorio. I risultati della perizia del dirigente della Protezione Civile Nicola Dell'Acqua - che ha interessato anche tutti i pozzi d'acqua presenti in zona - sono attesi per il prossimo 20 maggio.
L'ipotesi potrebbe non essere così peregrina, considerato che negli scorsi giorni, unità della polizia municipale di Furnari, insieme ai carabinieri della locale stazione hanno effettuato un sopralluogo presso il Torrente Mazzarrà, specificamente nel tratto posto tra l'ingresso della discarica (a circa 150 metri) i pozzi Lacco (fonte di approvvigionamento idrico del Comune di Furnari), constatando il deposito di un grosso quantitativo di residui di lavorazione di agrumi, il cosiddetto pastazzo.
Che l’area del torrente Mazzarrà sia
oggetto da diversi anni di sversamenti abusivi di pastazzo, e che
l’illecita gestione dello smaltimento dello stesso sia da decenni in
mano alle famiglie mafiose di Barcellona e Mazzarrà lo ha
certificato in primis la sentenza del processo Vivaio alla
mafia delle discariche che documenta il totale controllo di Tindaro
Calabrese nel settore. In quel procedimento si è evidenziato come i
boss abbiano gestito anche lo smaltimento illegale del rifiuto
speciale prodotto dalla lavorazione degli agrumi. Tonnellate di
scarti che poi venivano scaricate a cielo aperto, in aree sottoposte
a vincolo paesaggistico, ambientale e idrogeologico, a due passi
dalle stesse discariche. Lo ha confermato anche il pentito Santo
Gullo, nel 2012, subito dopo l'atto intimidatorio ai danni del
titolare della Candith. Lo sostengono diverse indagini dei carabinieri.
Ma nella relazione del comandante della polizia municipale si legge anche qualcos'altro di inquietante, se dovesse trovare riscontro in successive indagini.
«Si accertava - scrive l'ispettore Ravidà - in prossimità del
deposito di pastazzo ed esattamente a monte dello stesso, un enorme
ristagno di acqua paludosa ed un tubo, posizionato in mezzo alla
fitta vegetazione, dal quale si sentiva sgorgare del liquido non
identificato. A valle del deposito, invece, si
constatava un ampio acquitrino melmoso putrescente e maleodorante,
avente un colore rossiccio. La vegetazione circostante,
prevalentemente ortica selvatica, si presentava totalmente essiccata.
Antistante il predetto pantano di acque putride dalla scarpata
laterale, si accertava la presenza di un tubo nero in pvc, del
diametro di circa cm. 20, collocato nel sottosuolo e presumibilmente
proveniente dalla vicina discarica, dal quale al momento del sopralluogo non fuoriusciva nulla. A seguito ispezione ci si recava
nella locale caserma dei Carabinieri. Il Maresciallo Melas comunica va
ai presenti che avrebbe adottato tutti i provvedimenti necessari, ivi
compreso il sequestro dell'area».
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