Dopo aver ascoltato il dottor Nicolò
Marino, ex assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della Regione siciliana, sempre nell'ambito dell'approfondimento che
la Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti sta conducendo
relativamente alla Regione siciliana, è stato il turno dell’attuale
assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della Regione
siciliana, Vania Contrafatto e dell’ex dirigente generale del
dipartimento della regione siciliana delle acque e dei rifiuti Marco
Lupo a raccontare la gestione dei rifiuti in Sicilia negli ultimi
anni.
L’assessore Contrafatto è in carica
solo da pochi mesi e insieme al nuovo direttore Armenio, sta
lavorando per far recuperare alla Sicilia il tempo perduto. Tuttavia
degna di nota appare la dichiarazione del neo assessore sulla
certificazione antimafia della Tirrenoambiente
«Tornando, invece, alla questione
discariche – ha riferito la Contrafatto ai commissari – a
seguito dell'attività ispettiva che fu lanciata dall'assessore
Marino dopo le conclusioni a cui pervenne la Commissione ispettiva,
sono stati, in via di autotutela amministrativa, ripercorsi tutti i
passaggi amministrativi che portarono alle autorizzazioni, ora
ritirando, ora sospendendo quelle che erano state poste in essere
contro la legge. Ove sono state individuate situazioni penalmente
rilevanti, ne è stata data comunicazione alle procure competenti.
Come saprete bene, per la
discarica che insisteva in territorio di Messina, quella di Mazzarrà
Sant'Andrea, è pendente un procedimento penale per inquinamento
ambientale, quindi la discarica è attualmente sequestrata dalla
procura di Barcellona Pozzo di Gotto. Poiché, però, il sequestro
aveva avuto come oggetto solo la discarica e non anche il trattamento
meccanico-biologico, su quello, invece, sono in corso le attività di
revisione.
Noi abbiamo scritto
all'azienda chiedendo anche, nuovamente, i certificati antimafia e ci
è stato risposto in maniera piccata. La lettera con la quale ci
hanno risposto in settimana l'abbiamo portata e la depositeremo agli
atti affinché possiate vedere con quale tracotanza i responsabili
abbiano risposto, ritenendosi offesi perché noi ci siamo permessi di
chiedere nuovamente il certificato antimafia e contestando sia la
nostra idoneità a chiederlo, sia, soprattutto, il fatto che fosse
passato il tempo. Essi ci hanno anche minacciato di adire le vie
legali proprio perché noi avremmo fatto la «terribile» richiesta
di avere questo certificato. Questa discarica attualmente non è in
uso».
Marco Lupo invece, avendo lavorato a
stretto contatto con Nicolò Marino, ha fornito alla Commissione
ulteriori dettagli destinati a fare chiarezza sulla gestione
siciliana dei rifiuti degli ultimi anni.
Al
momento del suo insediamento come direttore generale era in atto
l'emergenza e la regione si era dotata due anni prima di una nuova
legge che regolamentava il settore, la legge n. 9 del 2010, che
riorganizzava il settore prevedendo il passaggio dalle attuali ATO,
che erano 27, alle nuove società per la regolamentazione del
servizio di gestione dei rifiuti che in acronimo si chiamano SRR.
«Dopo
due anni e mezzo dall'emanazione di questa legge e dalla
dichiarazione dell'emergenza, a fine 2012, non ho timore di essere
smentito –
ha dichiarato Lupo – affermando
che non era stato fatto nulla di concreto né per l'attuazione della
legge, né per la realizzazione degli obiettivi previsti nella
dichiarazione di emergenza».
Nessun
impianto pubblico era stato realizzato, né ne era stata avviata la
realizzazione, nessuna SRR era stata costituita, nessun piano
d'ambito predisposto da parte di queste SRR, anzi è avvenuto
l’esatto opposto.
«Per
quanto attiene l'impiantistica – continua Lupo –, nel
2010-2011 la regione aveva abbandonato l'idea di realizzare i
termovalorizzatori, anche perché le gare dei quattro famosi dei
termovalorizzatori sapete penso tutti come sono andate, e tra il 2010
e il 2012, cioè prima del mio insediamento, non facendosi
termovalorizzatori la regione ha autorizzato circa 11 milioni di
metri cubi di discariche fondamentalmente a quattro soggetti privati,
cioè 3 milioni di metri cubi a Oikos a Catania, 3 milioni di metri
cubi a Sicula Trasporti a Catania/Siracusa perché è al confine, 2
milioni di metri cubi a Messina Tirrenoambiente e 3 milioni di metri
cubi a Catanzaro Costruzioni ad Agrigento.
Quattro
soggetti privati hanno quindi ricevuto autorizzazioni per circa 11
milioni di metri cubi di discariche, quindi l'attenzione era molto
concentrata sui termovalorizzatori, ma nel frattempo la vera
problematica erano questi volumi autorizzati, e nessuna iniziativa
era stata adottata per il trattamento della frazione umida prima del
conferimento in discarica, la biostabilizzazione dei rifiuti, tenuto
conto che soltanto una discarica, quella di Sicula Trasporti, è
dotata di un impianto di biostabilizzazione.
In
tutto il resto della regione si è ritenuto di interpretare, secondo
me erroneamente, una circolare che consentiva in un periodo
transitorio, in attesa di realizzare l'impianto di
biostabilizzazione, di limitarsi alla tritovagliatura con la
possibilità di autorizzare una nuova discarica da 3 milioni di metri
cubi, quindi in quel modo l'adeguamento non sarebbe avvenuto mai».
La
direttiva europea era chiara, no al “tal quale” in discarica,
eppure non è mai stata applicata cercando di aggirarla con delle
“interpretazioni” fino a quando l’Europa ha detto basta aprendo
la procedura di infrazione.
Tornando
alle autorizzazioni alle megadiscariche private, esse furono
rilasciata tra il 2010 e il 2012
sotto il governo Lombardo. Con l’arrivo di Marino però si
decide di cambiare l’iter.
«...con
l'assessore Marino – continua l’ex direttore generale –,
che è stato il mio primo assessore di lunga prospettiva, abbiamo
cercato di agire su più fronti, intanto sul fronte della verifica
degli iter amministrativi che avevano condotto al rilascio di queste
autorizzazioni da parte dell'Assessorato ambiente, perché da noi sia
la VIA [valutazione impatto
ambientale, ndr] che l'AIA [autorizzazione
integrata ambientale, ndr] erano di competenza
dell'Assessorato ambiente.
Con
l'assessore Marino abbiamo invece presentato una norma attraverso il
Governo, poi approvata dal Parlamento, in cui la valutazione di
impatto ambientale rimaneva di competenza dell'Assessorato ambiente,
mentre l'AIA diventava competenza del mio dipartimento. Questa norma
è entrata in vigore a gennaio del 2013».
La
commissione
«...con
un decreto dell'assessore regionale e mio, a doppia firma del
direttore e dell'assessore, abbiamo istituito una Commissione per la
verifica degli iter amministrativi, cominciando proprio dalle quattro
discariche prima citate, perché avevano una volumetria rilevante, da
cui dipendeva la possibilità di conferire di circa 380 comuni,
quindi erano quelle più importanti.
Nella
Commissione di verifica sono stati inseriti dei componenti di grande
competenza ambientale: una funzionaria della provincia di Palermo, la
dottoressa Di Franco della provincia di Palermo, la dottoressa Abita
dell'ARPA (l'ARPA ha una struttura centrale e delle sezioni
provinciali), una funzionaria del dipartimento, la dottoressa Fais, e
alcuni componenti inseriti dal dottor Marino, che lavoravano nel suo
Gabinetto e aveva portato con lui quando si era insediato, in
particolare il dottore Buceri, un funzionario di polizia che lavorava
con lui alla procura di Caltanissetta quando lui faceva il
magistrato.
La
discarica Oikos
Dall'esame
di queste autorizzazioni è emerso di tutto. È difficile riassumere
tutte le questioni, ma posso dire che per quanto riguarda la
discarica di Catania, di Motta Sant'Anastasia gestita dalla ditta
Oikos, ricevuta la relazione io ho adottato tre provvedimenti. Loro
avevano una discarica esaurita, la discarica in contrada Tiritì, per
la quale ho fatto un provvedimento di chiusura per gravi motivi
ambientali; avevano l'autorizzazione alla realizzazione di un
bioreattore, per cui non ho neanche avviato il procedimento di revoca
perché la realizzazione dell'impianto non era ancora iniziata.
Per
la discarica in corso di coltivazione da circa 3milioni di metri cubi
ho avviato il procedimento di revoca dell'autorizzazione, che poi ho
concluso a luglio del 2014 con la revoca dell'autorizzazione».
«...Qualche
giorno prima della revoca, ma dopo l'avvio del procedimento il
titolare della discarica è stato arrestato insieme al dipendente del
dipartimento ambiente e nell'ordinanza del GIP vengono espressamente
citate le conclusioni della Commissione che aveva istruito l'iter
amministrativo dell'autorizzazione rilasciata».
La
discarica Tirrenoambiente
Per
quanto riguarda la discarica di Messina di Tirrenoambiente, anche lì
la Commissione ha concluso la sua relazione e sulla base della
relazione ricevuta io ho adottato un avvio di procedimento di revoca
del rinnovo dell'autorizzazione per la discarica e anche una revoca
dell'autorizzazione dell'impianto di biostabilizzazione.
Nel
frattempo è successo (lo racconto perché è sintomatico di come
funzionano le cose in Sicilia) che il gestore della discarica che
serve tutta la provincia di Messina (Messina è la provincia con il
maggior numero di comuni in Sicilia, oltre 100 comuni, anche molto
piccoli) comunica che aveva terminato i volumi utili per
l'abbancamento e che dopo venti giorni non avrebbe più consentito
l'accesso ai comuni.
A
noi risultava però che la discarica avesse avuto un'autorizzazione
nel 2012 per 1,700.000 metri cubi, per cui facendo due conti
spannometrici non ci quadrava. Ho quindi convocato una riunione
presso il mio dipartimento e ho fatto fare dei sopralluoghi in
discarica, dai quali è emerso che il progetto che era stato
approvato in realtà poteva avere scritto 5 milioni, 8 milioni o 7
milioni, perché non c'era neanche un progetto che potesse definirsi
tale e forse nel progetto si teneva conto di volumi già finiti.
Emerse
anche che non avevano utilizzato per l'abbancamento un'area compresa
nell'autorizzazione, perché questo non era funzionale
all'ampliamento che avrebbero dovuto fare, in quanto abbancando lì
non avrebbero più potuto ampliare, e non avevano ancora
l'autorizzazione per questo ampliamento però avevano già pensato di
sbancare un'intera collina in assenza di autorizzazione.
Queste
situazioni sono state rappresentate alla procura competente, quella
di Barcellona Pozzo di Gotto, che mi risulta che a novembre del 2014
abbia sequestrato anche quella discarica, che tra l'altro ha anche
altri problemi.
In
più, mentre nel loro progetto (chiamiamolo così) si prevedeva di
arrivare a un abbancamento fino a 118 metri sul livello del mare,
erano arrivati a circa 145 metri sul livello del mare, cioè 30 metri
più dei quanto previsto nelle planimetrie, e 30 metri sono un
palazzo ! Purtroppo nessuno ha mai segnalato in un sopralluogo la
presenza di un palazzo che non avrebbe dovuto esserci. Questo è
sintomatico della situazione in Sicilia».
La
discarica Catanzaro
«Anche
per quanto riguarda la discarica di Siculiana, quella di Agrigento,
la Commissione ha fatto la relazione e io ho avviato un procedimento
di secondo grado, perché obiettivamente le criticità rilevate non
erano certo paragonabili a quelle delle altre due di cui vi ho
parlato. La grossa criticità che ho rilevato è che questo impianto
non biostabilizzava la frazione umida però, per effetto di una
circolare che avevo fatto all'atto del mio insediamento, che imponeva
a ogni gestore di presentare un progetto entro una certa data pena
chiusura, l'operatore aveva già presentato il progetto dell'impianto
e quindi questo gli è stato prescritto anche in sede di revisione
dell'autorizzazione».
Loro sbancavano una collina
senza autorizzazione... la regione autorizzava
«Ho effettuato tutte queste
verifiche non essendo autorità ambientale, perché l'autorità
ambientale avrebbe dovuto essere l'Assessorato ambiente e purtroppo
penso che in Sicilia il vero problema sia stato questo, perché
quando manca l'autorità ambientale, cioè quando manca il soggetto
deputato a tutelare l'ambiente, tutto diventa più complicato.
Pur avviando un procedimento
di revoca, ad esempio, non essendo io l'autorità ambientale ho
revocato autorizzazioni quando l'Assessorato ambiente diceva che
invece era tutto a posto. Vi posso citare una nota di fine giugno in
cui l'Assessorato ambiente dice che per l'autorizzazione di Oikos
conferma il giudizio positivo, io revoco l'autorizzazione e poi
arrestano il funzionario e il anche il gestore della discarica [nel
corso dell’operazione Terra mia della procura di Palermo, ndr].
In tutta questa attività
purtroppo non c’è stato un apporto costruttivo da parte
dell'Assessorato ambiente e mi rendo conto che questi provvedimenti
di chiusura hanno determinato anche la situazione che si è venuta a
determinare in questi mesi, perché sono venute a mancare due
discariche importanti, quella di Mazzarrà Salt'Andrea e quella di
Messina che comunque avrebbe chiuso perché aveva terminato i volumi.
Funzionava
così: loro sbancavano una collina senza autorizzazione, poi
dichiaravano di chiudere e quindi in qualche modo si doveva
autorizzare l'ampliamento. La filosofia adottata era questa».
In chiusura di audizione il
presidente Bratti ha chiesto a Marco Lupo ulteriori chiarimenti sulle
autorizzazioni, i procedimenti di revoca e i controlli che avrebbe
dovuto effettuare l’Arpa Sicilia.
«Questi ampliamenti per
11 milioni di tonnellate – ha chiesto Bratti – sono
stati autorizzati prima del 2012 e quindi si presume (poi abbiamo
visto che non è così) che per essere autorizzati sia stata
presentata una serie di domande, ma voi dopo avete fatto
un'istruttoria su quelle richieste di autorizzazione e, a parte
alcune ispezioni eseguite, dalle carte vi siete accorti che non
c'erano delle corrispondenze e quindi siete intervenuti per la revoca
perché l'autorizzazione precedente era stata costruita senza le
basi, non avete revocato perché era successo qualcosa.
Sono
due cose diverse verificare se quanto fatto prima non è a posto e
revocarla o invece considerarla a posto con quella di prima però
ritenere che non la stia gestendo in modo consono e quindi revocarla.
È
vero che questa cosa è in capo all'Assessore all'ambiente, ma credo
che l'ARPA Sicilia abbia qualche ufficiale di polizia giudiziaria tra
i suoi dipendenti, quindi mi chiedevo come sia passata una discarica
con un sopralzo di 30 metri e, visto che le agenzie ambientali devono
effettuare un minimo di controlli di routine, come non si siano mai
accorti di questa situazione».
La risposta di Lupo.
«La questione se i
provvedimenti di revoca sono per problematiche ex post o ex ante:
sono per vizi nell’iter autorizzativo, quindi diciamo ex ante,
tranne il caso di Tirrenoambiente in cui, verificando l’iter
amministrativo, siamo andati a fare un sopralluogo evidenziando dei
problemi anche nell’ex post, perché c'era una sopraelevazione. La
relazione della Commissione avrebbe comunque richiesto la revoca
dell'autorizzazione.
«La Commissione ha
visto tutti gli iter autorizzativi e ha rilevato molti vizi sulle
vasche che però ormai erano chiuse, in post-gestione in qualche caso
conclusa. Chiaramente ho fatto un procedimento di secondo grado solo
sulla discarica in esercizio, in cui la Commissione rilevava tre
criteri criticità: 1) non era è stato coinvolto il dipartimento
urbanistico, che però dagli atti risultava convocato e non presente
2) il sindaco del Comune di Montallegro era contrario, ma poi nel
procedimento di secondo grado esprime parere favorevole, 3) la
biostabilizzazione, e lì già era in atto un procedimento.
ARPA in Sicilia è
fortemente sottodimensionata, perché ha circa 300 dipendenti e sono
pochi, perché l'ARPA Lazio, dove io attualmente lavoro, che è già
sottodimensionata, ne ha circa 500. Le ARPA sono divise per sezioni
provinciali, se uno trova persone che lavorano capaci e competenti va
tutto bene, ma purtroppo non sempre è così. In ARPA Palermo il
dottor Librici e il dottor Abate sono bravissimi, ARPA Caltanissetta
perlomeno per la mia esperienza no, ARPA Messina neppure».
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