di Carmelo Catania e Antonio Mazzeo
La ventilata realizzazione
di una centrale elettrica alimentata a biomasse in un’area agricola del Comune
di Furnari (già noto alle cronache ambientaliste per subire da anni l’inquinamento
causato dalla vicina discarica di rifiuti di Mazzarrà Sant’Andrea, una delle
più grandi del Meridione), oltre a suscitare le dure proteste dei cittadini, ha
innescato una violenta querelle, a suon di dichiarazioni sulla stampa, comizi,
manifesti, ecc., tra maggioranza e opposizione.
Il progetto, presentato
formalmente il 23 aprile scorso dalla Comet Bio srl di Messina (rappresentante
legale l’ing. Ivo Blandina, già presidente provinciale di Confindustria),
prevede la costruzione in contrada Maraffino di un impianto di co-generazione,
per la produzione combinata di energia elettrica e termica, alimentata da
biomasse “pravalentemente forestale”, di poco inferiore al megawatt di potenza,
consentendo così una procedura abilitativa semplificata (P.A.S.). Successivamente
alla convocazione della conferenza dei servizi del 5 giugno scorso in cui hanno
dato il loro parere tutti gli enti interessati, l’amministrazione furnarese ha
pubblicato sul sito internet del comune alcuni documenti relativi alla centrale
Comet Bio, compreso il verbale della conferenza stessa. Verbale del quale, a
leggerlo con attenzione, fanno “parte
integrante ed essenziale” ben otto note allegate relative ai pareri
espressi dagli altri enti convocati (le direzioni Servizi Tecnici di Viabilità e
Ambiente della Provincia Regionale di Messina, gli assessorati dell'Energia e
dei Servizi di Pubblica Utilità e del Territorio e dell’Ambiente della Regione
siciliana, il Comando del Corpo Forestale, l’Agenzia regionale per la
protezione dell’ambiente - Arpa Sicilia, il Comando Regione Militare Sud; la
Soprintendenza dei Beni Culturali). Nonostante sia stata conclamata la pubblicità e disponibilità di questi
atti, alla data odierna è reperibile integralmente solo il parere della
Soprintendenza che ha bocciato l’impianto
perché “sarà realizzato su aree agricole indiziate di presenze archeologiche e
in aree contraddistinte dalla presenza di Beni isolati”.
Dal verbale della
conferenza dei servizi si evince tuttavia che l’assessorato regionale dell’Energia
ha ritenuto di non dovere di esprimere alcun parere; l’assessorato Territorio e
Ambiente ha declinato ogni commento in attesa di chiudere l’istruttoria,
riservandosi comunque di richiedere “ulteriore
documentazione integrativa”; no comment pure dal Comando Regione Militare
Sud, che necessita di altri 90 giorni per esaminare il progetto.
La Direzione Servizi
Tecnici di Viabilità della Provincia Regionale di Messina ha invece espresso “il proprio nulla-osta per quanto di
competenza ai soli fini viabili, con la condizione, che, prima dell’inizio dei
lavori, sia ottenuta l’autorizzazione prevista dall’art. 26 del D.L. 285/92”,
relativo al nuovo codice stradale. La
strada provinciale di collegamento al futuro sito, secondo quanto documentato
nel corso della conferenza dei servizi, risulta attualmente però “in molti tratti dissestata a causa di frane
verificatesi in occasione dell’alluvione del 2008; per la maggior parte impraticabile;
interdetta (da un’ordinanza sindacale)
alla viabilità dei mezzi pesanti”. Il Comando del Corpo Forestale della Regione Sicilia ha
invece autorizzato i lavori di realizzazione dell’impianto a biomasse “ai soli fini del vincolo idrogeologico”, condizionandoli
però al rispetto delle previsioni progettuali e al conferimento in discarica
autorizzata per rifiuti speciali dei volumi in eccedenza. “Inoltre dovranno essere acquisiti
gli ulteriori nulla osta di competenza delle Autorità Amministrative preposte
alla gestione di eventuali altri vincoli che gravano sulla zona”,
raccomanda il Corpo Forestale.
Ancora un “parere favorevole condizionato” quello
espresso dall’Arpa Sicilia – Struttura Territoriale di Messina. Nello
specifico, nella nota indirizzata al Comune di Furnari e assunta al prot. n.
5576 del 5 giugno 2014, l’Arpa richiama l’attenzione del Comune su alcuni
aspetti che, se non esaurientemente chiariti, possono costituire motivo di
diniego dell’autorizzazione.
Ma quali sono queste
condizioni che l’Arpa ritiene necessarie per la “valutazione positiva del progetto”?
Se la ratio della
normativa sull’utilizzo delle FER (Fonti energia rinnovabili) è il principio
della riduzione dei gas serra, non si può non evidenziare come debba essere
garantito che l’approvvigionamento delle materie prime risponda ad un’esigenza
di offerta prevalentemente locale (la cosiddetta filiera corta). Se il cippato
(legno triturato) per la centrale dovesse invece arrivare da altre province
(quando non addirittura da altre nazioni), tutto su camion, andata e ritorno,
addio “filiera corta” e “non inquinamento”.
La Comet Bio ha
dichiarato che l’impianto sarà “alimentato
da biomassa costituita da materiale vegetale prodotto dalla lavorazione
esclusivamente meccanica di legno vergine proveniente da interventi
selvicolturali, da manutenzione forestale e da potatura nella forma di cippato
ovvero di trucioli non contaminati da inquinantì”, entro un raggio di 30-40
km, prevalentemente Monti Peloritani (area tra i torrenti Mazzarà e Patrì e
bosco di Malabotta) all’interno dei territori comunali di Furnari, Tripi, Fondachelli
Fantina, Montalbano Elicona, Novara di Sicilia, Francavilla di Sicilia,
Antillo, Rodì Milici. La fornitura del materiale vegetale, secondo quanto
asserito a Tempo Stretto da Ivo
Blandina sarebbe “più che garantita da parte di proprietari di boschi e imprenditori
agricoli, presenti nella compagine sociale, per circa 15.000 tonnellate annue; altri
proprietari di boschi e imprenditori agricoli locali disponibili, ad oggi, per
circa 5.000 tonnellate annue”.
Al riguardo -
secondo quanto previsto dal punto 16.1, del Decreto Ministeriale del 10
settembre 2010 - “la valorizzazione dei
potenziali energetici delle diverse risorse rinnovabili presenti nel territorio
nonché della loro capacità di sostituzione delle fonti fossili […] la combustione
ai fini energetici di biomasse di origine agricola-forestale potrà essere
valorizzata ove tali fonti rappresentano una risorsa significativa nel contesto
locale ed un'importante opportunità ai fini energetico-produttivi”. E’ così
che l’Arpa Sicilia ha chiesto alla Comet Bio di presentare “un’esaustiva relazione in merito al materiale vegetale che sarà combusto
indicando con certezza la tipologia ed i siti di approvvigionamento presi in
considerazione nella stima dei quantitativi annui dichiarati a progetto, dando
evidenza anche alla continuità temporale annua di tale approvvigionamento”.
“Particolari cautele”, aggiunge
l’Arpa, “dovranno essere impiegate nella gestione
delle ceneri di combustione”, mentre per la verifica di conformità delle
emissioni in atmosfera e diffuse “si
dovrà fare riferimento a misurazioni o campionamenti della durata pari a un’ora
di funzionamento dell’impianto nelle condizioni di esercizio più gravose”.
Il gestore dell’impianto sarà inoltre obbligato all’osservanza delle disposizioni
di legge per la protezione della popolazione “dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di
rete generati dagli elettrodotti”.
L’Arpa evidenzia
anche come la relazione tecnica della Comet Bio sia carente per quanto riguarda
la valutazione dell’impatto delle emissioni sonore, ritenendo “necessario integrare la documentazione
prodotta con una valutazione di impatto acustico redatta da un tecnico
competente ai sensi della legge 447/95 ai
fini di accertare il rispetto dei limiti di rumore assoluti e differenziali
previsti in relazione al contesto ambientale in cui insiste l’insediamento”.
L’Arpa, infine, prescrive che nel caso in
cui la Comet Bio intendesse “utilizzare
biomasse diverse da quelle dichiarate, di tale intenzione si dovrà dare
evidenza […] al fine di poter poi
proporre idonee prescrizioni”.
Nel progetto per la
centrale a biomasse, la società di Blandina ipotizza che “a seguito di considerazioni di carattere tecnico e/o economico, una
volta terminato il periodo d'incentivazione, l'impianto possa essere
riconvertito”, senza però precisare a quali altre attività. Da qui i timori
di amministratori, cittadini e ambientalisti che l’impianto possa essere
utilizzato a medio-lungo termine per l’incenerimento dei rifiuti della vicina
megadiscarica di Mazzarrà Sant’Andrea. “Si tratta di un timore privo di alcun
fondamento”, replica lo stesso Blandina. “La specifica tecnologia prevista per
questo impianto di biomasse non è assolutamente utilizzabile per la combustione
di materiale che non sia di origine vegetale”.
Creare un
inceneritore di rifiuti da una centrale a biomasse è comunque vietato dalle
normative vigenti, ricordano gli ambientalisti. Per effetto della cancellazione
dell’art. 17 del decreto legislativo n. 387 del 2003, un impianto a biomasse,
una volta autorizzato, può bruciare solo i combustibili di questa specie inclusi
nell’elenco dell’allegato X del decreto legislativo 152/2006: cioè legno
cippato non trattato, scarti agroforestali e oli vegetali. Pertanto, se la Comet
Bio volesse provare a riconvertire l’impianto di Furnari in un inceneritore per
rifiuti dovrebbe aprire un nuovo procedimento autorizzativo che prevede
obbligatoriamente lo svolgimento di una valutazione d’impatto ambientale (Via),
se l’impianto dovesse trattare 100 tonnellate al giorno. In questo caso il
progetto dovrà tener conto delle direttive europee di gestione e trattamento
dei rifiuti che antepongono il recupero di materia al recupero energetico e
chiedono agli enti preposti al rilascio delle autorizzazioni di privilegiare soluzioni
alternative o negare il nulla osta qualora l’impatto dell’impianto proposto
provochi più svantaggi che vantaggi ambientali.
Sull’argomento è
intervenuto pure il professore Beniamino Ginatempo dell’associazione Zero Waste
Sicilia. “Nel progetto presentato dalla
Comet Bio non è dimostrato che sia possibile alimentare la centrale a biomasse
con il necessario quantitativo minimo compreso fra le 14.000 e le 16.000
tonnellate l’anno, con cippato tutto proveniente da filiera corta. L’impresa
dovrebbe produrre degli atti in cui risulti garantito l’impegno annuale dei
fornitori e per tutti i 20 anni dell’esercizio previsto, a tale fornitura.”
Ginatempo, ordinario di Fisica dell’Università di Messina, solleva poi profondi
dubbi sulla reale convenienza economica dell’impianto previsto a Furnari. “Nonostante gli incentivi statali, per la
Comet si può giustificare un investimento solo con una conversione in corso di
vita dell’impianto a non precisate altre attività. Tale ipotesi, del resto,
è esplicitamente non esclusa dal progetto
esecutivo, quindi ritenuta sempre possibile…”.
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