Il recupero di materia dai materiali post-consumo è la migliore strategia per combattere la desertificazione industriale dell’Europa.
L’Europa non dispone di grossi
quantitativi di materie prime per la produzione industriale e deve
importarle. Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, che sono fra i
più grossi produttori di materie prime, sono oggi in grande e veloce
sviluppo, è presumibile, dunque, che nel medio e lungo termine
tenderanno a utilizzare le loro materie prime per il loro mercato
interno, invece di cederle all’Europa. Ben conscia di questo l’UE
ha chiesto ai paesi europei di elaborare una exit strategy da
inceneritori e discariche, e di trarre dai rifiuti il massimo
possibile di Materie Prime Seconde (MPS), per diminuire la nostra
dipendenza dai paesi produttori, ma l’Italia non si sogna di farlo
perché lede interessi consolidati di oligarchie economiche.
La strategia Rifiuti Zero
La Strategia Rifiuti Zero, elaborata
dallo scienziato americano Paul Connet, cerca di emulare la
sostenibilità dei cicli naturali, dove tutti i materiali eliminati
diventano risorse per altri. I suoi capisaldi sono la riduzione dei
rifiuti, il massimo recupero dei materiali e la responsabilità di
imprese, cittadini e amministrazioni.
Per molti non è un’utopia, ed è
attualmente applicata in alcune comunità di paesi come Argentina,
Australia, Canada, California, India, Gran Bretagna, Nuova Zelanda,
Filippine e anche in Italia dove, nel 2013, sono state raccolte
87.000 firme per la presentazione della Legge di Iniziativa Popolare
(LIP) Rifiuti Zero, verso una vera società sostenibile, che oggi
però giace in Parlamento dove, come sappiamo, l’attività
parlamentare ha intrapreso altre strade.
Il coordinamento nazionale per la LIP
per richiamare l’attenzione dei cittadini e delle istituzioni e
creare una pressione politica sui parlamentari affinché la discutano
e la approvino senza stravolgimenti, ha recentemente deciso di
lanciare la campagna “Rifiuti zero: qui, ora”, che è articolata
in tre campagne tematiche (Compostiamoci bene, Sotto il muro dei 100
Kg, Stop al tal quale in discarica e CSS) e una, in collaborazione
con altri movimenti, sulla socializzazione della Cassa Depositi e
Prestiti. I contenuti di queste campagne hanno particolare rilevanza
per la Sicilia e anche per Messina, relativamente alla discarica di
Mazzarrà Sant’Andrea e alla centrale elettrica Edipower di
Milazzo.
Compostiamoci bene
Questa campagna vuole portare
l’attenzione sul compostaggio nelle sue svariate forme. La
motivazione non è solo pratica (riduzione del 30-35% del “tal
quale”, o rifiuti indifferenziati), ma ambientale. Il compost
quando usato come concime biologico consente di restituire alla terra
“materia” che le viene sottratta dall’agricoltura e dalla
attività umane. Pertanto è uno dei pochi strumenti per lottare
contro la desertificazione progressiva dei territori, che avviene sia
per il riscaldamento globale del pianeta e per l’uso
dell’agricoltura intensiva dei terreni fertili.
In alcune regioni d’Italia, fra cui
la Sicilia, sono attivi meccanismi di incentivazione all’uso del
compost in agricoltura. Tali incentivi sono compresi fra i 200 e i
700 euro ad ettaro, concimato con compost. nell’Isola la situazione
è però paradossale: non essendoci impianti di compostaggio le
aziende agricole se vogliono accedere a questi incentivi devono
comprare il compost presso gli impianti che lo producono a costi
magari superiori agli incentivi stessi.
Sotto il muro dei 100
Attualmente per valutare la virtuosità
dei comuni si guarda alla percentuale di raccolta differenziata
raggiunta. In verità questo è un parametro deviante. Infatti ci
sono comuni che hanno incrementato negli anni la percentuale di RD,
ma hanno anche incrementato la produzione di “tal quale”. Ora,
siccome mediamente noi produciamo più di 500 Kg/anno/persona di
rifiuti. Con una media nazionale di RD intorno al 40%, mandiamo in
discarica o a bruciare circa 300 Kg/anno/persona. Se con opportune
politiche di riduzione, riuso e recupero si riuscisse a ridurre tale
quantità a 100, avremmo un miglioramento della qualità della vita,
Ci sono comuni che hanno portato questo parametro perfino sotto ai 50
Kg/anno/persona, e sono questi i veri comuni virtuosi, non quelli che
arrivano al’80%.
Stop al tal quale in discarica
La direttiva europea discariche
1999/31, venne recepita in Italia col decreto 36/2003 (in ritardo).
Tale direttiva prevede che non si possa sversare niente in discarica
che non sia stato prima pretrattato allo scopo di evitare o quanto
meno ridurre la produzione del percolato. A tale decreto è seguita
una serie interminabile di deroghe, fino a quando l’UE ha detto
basta e ha minacciato sanzioni economiche severissime. Lo scorso 6
agosto 2013 il ministro dell’Ambiente ha emanato una circolare che
proibisce definitivamente lo sversamento del “tal quale” senza
pretrattamento.
Il pretrattamento è essenzialmente il
trattamento meccanico biologico (TMB) e consiste in una triturazione
del tal quale che viene successivamente avviato alla “vagliatura”,
che separa la parte umida (o sottovaglio), che viene poi avviata alle
linee di biostabilizzazione aerobica, dalla parte solida (sopravaglio
o secco indifferenziato).
Lo scorso febbraio, l’associazione
Zero Waste Lazio ha inviato una diffida alla regione Lazio, alla
provincia di Roma, ai sindaci dei comuni in cui erano presenti cinque
discariche e alle società di gestione, chiedendo il rispetto della
legge. In 15 giorni queste discariche sono state chiuse (data
l’ovvietà della violazione di legge).
Il Commissario delegato per l’emergenza
rifiuti in Sicilia, nel successivo mese di ottobre, ha disposto che i
gestori delle discariche, in possesso di Aia (Autorizzazione
integrata ambientale) che autorizzava la realizzazione degli impianti
di selezione e biostabilizzazione, presentassero un’apposita
dichiarazione dell’avvenuta entrata in servizio dell’impiantistica
prevista.
Per tutta risposta Tirrenoambiente –
proprietaria della discarica di Mazzarrà Sant’Andrea (Me) (nella
foto) – ha però dichiarato di aver sospeso la realizzazione
dell’impianto motivandola con «l’inadempimento degli enti
pubblici conferitori al pagamento dei debiti». Questa discarica,
quindi, in questo momento non sarebbe in regola.
Ma la valenza fondamentale di questa
campagna sta nel riportare la legalità nel sistema di gestione dei
rifiuti, legalità che in Sicilia è vilipesa, soprattutto perché i
rifiuti possono essere sorgente di lucrosi affari. Se per scaricare
una tonnellata di “tal quale” in discarica il contribuente paga
100 euro al gestore, le 2.600.000 tonnellate annue di rifiuti
siciliani rendono alle discariche 260.000.000 di euro l’anno. È un
buon motivo per ostacolare la strategia RZ?
La truffa del recupero energetico
Con il sopravaglio si può produrre un
combustibile a basso potere calorifico, oggi chiamato CSS
(Combustibile solido secondario) dopo un decreto dell’allora
ministro Clini, che ne individuava ben 12 tipi, a seconda della
composizione, dei quali alcuni trasportabili e persino commerciabili.
Il CSS esiste solo in Italia, e solo in Italia non ci sono
restrizioni al suo uso. Il CSS fa molta gola ai cementifici, che
potrebbero usarlo al posto del carbone, ovvero persino alle centrali
elettriche, in quanto costerebbe molto meno che il normale
combustibile da idrocarburi.
Spesso, purtroppo, viene propalata la
truffa scientifica del recupero energetico. L’attuale tecnologia
non è in grado di trasformare la massa in energia (avviene solo nel
Sole e le stelle). È possibile solo realizzare combustioni, cioè
trasformare il carbonio contenuto nella materia e l’ossigeno
dell’aria in CO2, ottenendo il rilascio di un po’ di energia
termica, successivamente trasformata in energia elettrica o altro. La
combustione ha però effetti collaterali: le emissioni. Queste
dipendono da ciò che si brucia, quindi possono sprigionarsi gas
climalteranti o velenosi (diossine, furani, NOx, a volte forse PCB,
ecc.), metalli pesanti, polveri sottili e ultrasottili e altro.
Normalmente i veleni vengono dalle reazioni chimiche incontrollabili
degli altri componenti oltre al carbonio (le diossine si producono
bruciando insieme plastica e cellulosa). In buona sostanza bruciare
il CSS significa dilapidare materia recuperabile e inquinare. A ciò
si aggiunga che cementifici e centrali elettriche hanno limiti di
emissioni ben più alti dei normali inceneritori, soggetti alle
normative europee.
La centrale elettrica Edipower di
Milazzo (Me), sta per chiudere due delle sei linee ad olio
combustibile e ha ventilato la possibilità di aprire una linea a
CSS, ma non vuole acquistarlo, anzi vorrebbe un contributo per
incenerirlo e gli incentivi quale energia assimilata a rinnovabile.
Edipower è controllata dalla multinazionale dell’energia A2A, una
società assolutamente gigantesca con bilanci superiori al PIL della
Sicilia che è fra i soci privati di Tirrenoambiente con il 3%. Ora
cosa se ne fa A2A del 3% di una società che potrebbe interamente
rilevare con una frazione infinitesima del suo bilancio? È pensar
male che la risposta sta nel CSS che l’impianto potrebbe produrre,
insieme a tanto altro CSS proveniente da tutte le altre discariche
siciliane?
Cassa Depositi e Prestiti sociale
Il fatturato attuale della Cassa
Depositi e Prestiti supera i 300 miliardi di euro, 235 dei quali
provengono dalla raccolta del risparmio postale.
Fin dalla sua nascita e sino al 2003,
aveva funzioni ben precise: era un ente dello Stato, con il compito
di raccogliere il risparmio postale dei cittadini e dei lavoratori e
di tutelarlo attraverso un interesse basso –trattandosi di
risparmio “a vista”, ovvero ritirabile in qualsiasi momento –
ma garantito dallo Stato. Contemporaneamente, l’insieme del gettito
raccolto veniva convogliato ad un unico scopo: finanziare a tassi
calmierati gli investimenti degli enti locali.
Nel 2003, Cdp è stata trasformata in
Spa e le fondazioni bancarie sono entrate nel suo capitale sociale
(con il 30%, oggi ridotto al 18%). Da quel momento muta
strutturalmente la propria funzione che, da pubblica, diviene
privatistica, ovvero finalizzata alla produzione di dividendi per gli
azionisti (Ministero del Tesoro e fondazioni bancarie).
Dalla sua trasformazione in SpA, il
ruolo di Cdp nei confronti degli enti locali è profondamente mutato.
Coerentemente con il mandato di una SpA, Cassa Depositi e Prestiti ha
continuato a finanziare gli investimenti degli enti locali, ma da
quel momento lo ha fatto a tassi di mercato, spingendo gli stessi a
finanziarsi direttamente dalle banche (di cui le fondazioni sono i
principali azionisti) e consentendo a queste ultime di poter
intervenire a tutto campo sul mercato degli investimenti degli enti
locali, fino a pochi anni prima per loro inaccessibile.
La campagna si batte per la fuoriuscita
delle fondazioni bancarie dal capitale sociale di Cdp e la
trasformazione societaria della stessa in ente di diritto pubblico.
Inoltre rivendica un diverso ruolo di Cassa Depositi e Prestiti, al
servizio di un nuovo modello di economia sociale territoriale che,
sul terreno dei beni comuni, veda le risorse raccolte attraverso il
risparmio postale impegnate nel sostenere gli investimenti
finalizzati: a) alla riappropriazione sociale dei beni comuni e dei
servizi pubblici; b) alla tutela idrogeologica del territorio, alla
messa in sicurezza del patrimonio pubblico e degli edifici
scolastici, alla realizzazione di opere pubbliche finalizzate
all’espansione dei servizi offerti ai cittadini; c) a garantire il
diritto all’abitare, attraverso progetti di manutenzione
straordinaria del patrimonio abitativo pubblico esistente e progetti
di riutilizzo a funzione abitativa popolare di edifici dimessi e/o
abbandonati.
Articolo pubblicato su I Siciliani giovani, giugno 2014
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