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martedì 1 luglio 2014

Rifiuti Zero: qui, ora!

Il recupero di materia dai materiali post-consumo è la migliore strategia per combattere la desertificazione industriale dell’Europa.

L’Europa non dispone di grossi quantitativi di materie prime per la produzione industriale e deve importarle. Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, che sono fra i più grossi produttori di materie prime, sono oggi in grande e veloce sviluppo, è presumibile, dunque, che nel medio e lungo termine tenderanno a utilizzare le loro materie prime per il loro mercato interno, invece di cederle all’Europa. Ben conscia di questo l’UE ha chiesto ai paesi europei di elaborare una exit strategy da inceneritori e discariche, e di trarre dai rifiuti il massimo possibile di Materie Prime Seconde (MPS), per diminuire la nostra dipendenza dai paesi produttori, ma l’Italia non si sogna di farlo perché lede interessi consolidati di oligarchie economiche.

La strategia Rifiuti Zero


La Strategia Rifiuti Zero, elaborata dallo scienziato americano Paul Connet, cerca di emulare la sostenibilità dei cicli naturali, dove tutti i materiali eliminati diventano risorse per altri. I suoi capisaldi sono la riduzione dei rifiuti, il massimo recupero dei materiali e la responsabilità di imprese, cittadini e amministrazioni.
Per molti non è un’utopia, ed è attualmente applicata in alcune comunità di paesi come Argentina, Australia, Canada, California, India, Gran Bretagna, Nuova Zelanda, Filippine e anche in Italia dove, nel 2013, sono state raccolte 87.000 firme per la presentazione della Legge di Iniziativa Popolare (LIP) Rifiuti Zero, verso una vera società sostenibile, che oggi però giace in Parlamento dove, come sappiamo, l’attività parlamentare ha intrapreso altre strade.
Il coordinamento nazionale per la LIP per richiamare l’attenzione dei cittadini e delle istituzioni e creare una pressione politica sui parlamentari affinché la discutano e la approvino senza stravolgimenti, ha recentemente deciso di lanciare la campagna “Rifiuti zero: qui, ora”, che è articolata in tre campagne tematiche (Compostiamoci bene, Sotto il muro dei 100 Kg, Stop al tal quale in discarica e CSS) e una, in collaborazione con altri movimenti, sulla socializzazione della Cassa Depositi e Prestiti. I contenuti di queste campagne hanno particolare rilevanza per la Sicilia e anche per Messina, relativamente alla discarica di Mazzarrà Sant’Andrea e alla centrale elettrica Edipower di Milazzo.

Compostiamoci bene


Questa campagna vuole portare l’attenzione sul compostaggio nelle sue svariate forme. La motivazione non è solo pratica (riduzione del 30-35% del “tal quale”, o rifiuti indifferenziati), ma ambientale. Il compost quando usato come concime biologico consente di restituire alla terra “materia” che le viene sottratta dall’agricoltura e dalla attività umane. Pertanto è uno dei pochi strumenti per lottare contro la desertificazione progressiva dei territori, che avviene sia per il riscaldamento globale del pianeta e per l’uso dell’agricoltura intensiva dei terreni fertili.
In alcune regioni d’Italia, fra cui la Sicilia, sono attivi meccanismi di incentivazione all’uso del compost in agricoltura. Tali incentivi sono compresi fra i 200 e i 700 euro ad ettaro, concimato con compost. nell’Isola la situazione è però paradossale: non essendoci impianti di compostaggio le aziende agricole se vogliono accedere a questi incentivi devono comprare il compost presso gli impianti che lo producono a costi magari superiori agli incentivi stessi.

Sotto il muro dei 100

Attualmente per valutare la virtuosità dei comuni si guarda alla percentuale di raccolta differenziata raggiunta. In verità questo è un parametro deviante. Infatti ci sono comuni che hanno incrementato negli anni la percentuale di RD, ma hanno anche incrementato la produzione di “tal quale”. Ora, siccome mediamente noi produciamo più di 500 Kg/anno/persona di rifiuti. Con una media nazionale di RD intorno al 40%, mandiamo in discarica o a bruciare circa 300 Kg/anno/persona. Se con opportune politiche di riduzione, riuso e recupero si riuscisse a ridurre tale quantità a 100, avremmo un miglioramento della qualità della vita, Ci sono comuni che hanno portato questo parametro perfino sotto ai 50 Kg/anno/persona, e sono questi i veri comuni virtuosi, non quelli che arrivano al’80%.

Stop al tal quale in discarica


La direttiva europea discariche 1999/31, venne recepita in Italia col decreto 36/2003 (in ritardo). Tale direttiva prevede che non si possa sversare niente in discarica che non sia stato prima pretrattato allo scopo di evitare o quanto meno ridurre la produzione del percolato. A tale decreto è seguita una serie interminabile di deroghe, fino a quando l’UE ha detto basta e ha minacciato sanzioni economiche severissime. Lo scorso 6 agosto 2013 il ministro dell’Ambiente ha emanato una circolare che proibisce definitivamente lo sversamento del “tal quale” senza pretrattamento.
Il pretrattamento è essenzialmente il trattamento meccanico biologico (TMB) e consiste in una triturazione del tal quale che viene successivamente avviato alla “vagliatura”, che separa la parte umida (o sottovaglio), che viene poi avviata alle linee di biostabilizzazione aerobica, dalla parte solida (sopravaglio o secco indifferenziato).
Lo scorso febbraio, l’associazione Zero Waste Lazio ha inviato una diffida alla regione Lazio, alla provincia di Roma, ai sindaci dei comuni in cui erano presenti cinque discariche e alle società di gestione, chiedendo il rispetto della legge. In 15 giorni queste discariche sono state chiuse (data l’ovvietà della violazione di legge).
Il Commissario delegato per l’emergenza rifiuti in Sicilia, nel successivo mese di ottobre, ha disposto che i gestori delle discariche, in possesso di Aia (Autorizzazione integrata ambientale) che autorizzava la realizzazione degli impianti di selezione e biostabilizzazione, presentassero un’apposita dichiarazione dell’avvenuta entrata in servizio dell’impiantistica prevista.
Per tutta risposta Tirrenoambiente – proprietaria della discarica di Mazzarrà Sant’Andrea (Me) (nella foto) – ha però dichiarato di aver sospeso la realizzazione dell’impianto motivandola con «l’inadempimento degli enti pubblici conferitori al pagamento dei debiti». Questa discarica, quindi, in questo momento non sarebbe in regola.
Ma la valenza fondamentale di questa campagna sta nel riportare la legalità nel sistema di gestione dei rifiuti, legalità che in Sicilia è vilipesa, soprattutto perché i rifiuti possono essere sorgente di lucrosi affari. Se per scaricare una tonnellata di “tal quale” in discarica il contribuente paga 100 euro al gestore, le 2.600.000 tonnellate annue di rifiuti siciliani rendono alle discariche 260.000.000 di euro l’anno. È un buon motivo per ostacolare la strategia RZ?

La truffa del recupero energetico


Con il sopravaglio si può produrre un combustibile a basso potere calorifico, oggi chiamato CSS (Combustibile solido secondario) dopo un decreto dell’allora ministro Clini, che ne individuava ben 12 tipi, a seconda della composizione, dei quali alcuni trasportabili e persino commerciabili. Il CSS esiste solo in Italia, e solo in Italia non ci sono restrizioni al suo uso. Il CSS fa molta gola ai cementifici, che potrebbero usarlo al posto del carbone, ovvero persino alle centrali elettriche, in quanto costerebbe molto meno che il normale combustibile da idrocarburi.
Spesso, purtroppo, viene propalata la truffa scientifica del recupero energetico. L’attuale tecnologia non è in grado di trasformare la massa in energia (avviene solo nel Sole e le stelle). È possibile solo realizzare combustioni, cioè trasformare il carbonio contenuto nella materia e l’ossigeno dell’aria in CO2, ottenendo il rilascio di un po’ di energia termica, successivamente trasformata in energia elettrica o altro. La combustione ha però effetti collaterali: le emissioni. Queste dipendono da ciò che si brucia, quindi possono sprigionarsi gas climalteranti o velenosi (diossine, furani, NOx, a volte forse PCB, ecc.), metalli pesanti, polveri sottili e ultrasottili e altro. Normalmente i veleni vengono dalle reazioni chimiche incontrollabili degli altri componenti oltre al carbonio (le diossine si producono bruciando insieme plastica e cellulosa). In buona sostanza bruciare il CSS significa dilapidare materia recuperabile e inquinare. A ciò si aggiunga che cementifici e centrali elettriche hanno limiti di emissioni ben più alti dei normali inceneritori, soggetti alle normative europee.
La centrale elettrica Edipower di Milazzo (Me), sta per chiudere due delle sei linee ad olio combustibile e ha ventilato la possibilità di aprire una linea a CSS, ma non vuole acquistarlo, anzi vorrebbe un contributo per incenerirlo e gli incentivi quale energia assimilata a rinnovabile. Edipower è controllata dalla multinazionale dell’energia A2A, una società assolutamente gigantesca con bilanci superiori al PIL della Sicilia che è fra i soci privati di Tirrenoambiente con il 3%. Ora cosa se ne fa A2A del 3% di una società che potrebbe interamente rilevare con una frazione infinitesima del suo bilancio? È pensar male che la risposta sta nel CSS che l’impianto potrebbe produrre, insieme a tanto altro CSS proveniente da tutte le altre discariche siciliane?

Cassa Depositi e Prestiti sociale


Il fatturato attuale della Cassa Depositi e Prestiti supera i 300 miliardi di euro, 235 dei quali provengono dalla raccolta del risparmio postale.
Fin dalla sua nascita e sino al 2003, aveva funzioni ben precise: era un ente dello Stato, con il compito di raccogliere il risparmio postale dei cittadini e dei lavoratori e di tutelarlo attraverso un interesse basso –trattandosi di risparmio “a vista”, ovvero ritirabile in qualsiasi momento – ma garantito dallo Stato. Contemporaneamente, l’insieme del gettito raccolto veniva convogliato ad un unico scopo: finanziare a tassi calmierati gli investimenti degli enti locali.
Nel 2003, Cdp è stata trasformata in Spa e le fondazioni bancarie sono entrate nel suo capitale sociale (con il 30%, oggi ridotto al 18%). Da quel momento muta strutturalmente la propria funzione che, da pubblica, diviene privatistica, ovvero finalizzata alla produzione di dividendi per gli azionisti (Ministero del Tesoro e fondazioni bancarie).
Dalla sua trasformazione in SpA, il ruolo di Cdp nei confronti degli enti locali è profondamente mutato. Coerentemente con il mandato di una SpA, Cassa Depositi e Prestiti ha continuato a finanziare gli investimenti degli enti locali, ma da quel momento lo ha fatto a tassi di mercato, spingendo gli stessi a finanziarsi direttamente dalle banche (di cui le fondazioni sono i principali azionisti) e consentendo a queste ultime di poter intervenire a tutto campo sul mercato degli investimenti degli enti locali, fino a pochi anni prima per loro inaccessibile.
La campagna si batte per la fuoriuscita delle fondazioni bancarie dal capitale sociale di Cdp e la trasformazione societaria della stessa in ente di diritto pubblico. Inoltre rivendica un diverso ruolo di Cassa Depositi e Prestiti, al servizio di un nuovo modello di economia sociale territoriale che, sul terreno dei beni comuni, veda le risorse raccolte attraverso il risparmio postale impegnate nel sostenere gli investimenti finalizzati: a) alla riappropriazione sociale dei beni comuni e dei servizi pubblici; b) alla tutela idrogeologica del territorio, alla messa in sicurezza del patrimonio pubblico e degli edifici scolastici, alla realizzazione di opere pubbliche finalizzate all’espansione dei servizi offerti ai cittadini; c) a garantire il diritto all’abitare, attraverso progetti di manutenzione straordinaria del patrimonio abitativo pubblico esistente e progetti di riutilizzo a funzione abitativa popolare di edifici dimessi e/o abbandonati.

Articolo pubblicato su I Siciliani giovani, giugno 2014

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