L'amministrazione comunale - unitamente ai consiglieri di minoranza -, il Circolo Arci Senza Confini, l'Associazione Zero Waste Sicilia, l'Associazione Antimafie Rita Atria e, soprattutto, i furnaresi hanno detto, in maniera forte, chiara, inequivocabile al signor Ivo Blandina (ad della Comet) "No" al suo progetto. Lo sviluppo del territorio di Furnari e dei comuni limitrofi, anch'essi ieri presenti, non è industriale ma votato al turismo e agricoltura di qualità.
Da troppi anni l'ambiente e la salute dei furnaresi subiscono i danni derivanti dalla presenza, a poche centinaia di metri dal centro abitato, di uno dei più grandi siti industriali dei rifiuti del Meridione. Imposto in spregio al diritto costituzionale fondamentale alla salute. I furnaresi ieri hanno manifestato, con toni a volte anche accesi, al signor Blandina, ai suoi soci e a chi come lui avesse in futuro intenzioni simili, che non si è disposti a tollerare oltre. Il signor Blandina, anziché confrontarsi con le ragioni dell'opposizione al suo progetto, incisivamente esposte da esperti nel settore come il professor Beniamino Ginatempo, presidente di Zero Waste Sicilia, ha preferito abbandonare l'aula e, a questo punto, si dovrebbe auspicare che ritiri il progetto. Ma è poco probabile, considerati i rilevanti interessi economici in gioco.
Per questo rimane ancora un importante scoglio da superare, rappresentato dalla conferenza dei servizi decisoria che si terrà giovedi 5 giugno alle ore 10,30 nella Sala del consiglio comunale. Quel giorno sarà importante far sentire ancora una volta forte la voce del "No", organizzando un pacifico sit-in davanti alla sala consiliare affinché anche gli altri Enti che dovranno dare il loro nulla osta e le autorizzazioni, ascoltino non soltanto le argomentazioni del signor Blandina ma anche quelle della popolazione di questo territorio, sulla cui sorte tante, troppe volte, in passato si è deciso dall'alto.
Come già illustrato ieri sera durante l'intervento del Circolo Arci Senza Confini, l'amministrazione comunale, il sindaco, possono, e devono, opporsi in conferenza dei servizi all'approvazione del progetto. Secondo l’avvocato Michele Greco, del Foro di Grosseto, già Docente di Diritto dell'ambiente all'Università Cattolica di Brescia, all'Alta Scuola per l'Ambiente (ASA) di Brescia e al Master in Consulente legale d'impresa della LUISS di Roma, molte amministrazioni hanno rilasciato autorizzazioni a proponenti di impianti che, se osservate attentamente le disposizioni di legge in materia, non ne avrebbero avuto diritto (ed infatti, sempre più spesso queste autorizzazioni vengono impugnate con successo dagli oppositori di fronte ai tribunali amministrativi regionali).
A regolamentare la più gran parte
dei procedimenti di autorizzazione di impianti per la produzione di energia
rinnovabile è un unico articolo, l'art. 12 del D. Lgs. 387/2003.
Partiamo dal comma 1, dove è
regolamentata la pubblica utilità.
"Le opere per la
realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere
connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio
degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica
utilità ed indifferibili ed urgenti"
Come è dato vedere, le opere per
la realizzazione di questi impianti acquisisco la pubblica utilità soltanto
DOPO l'autorizzazione, rilasciata a seguito della verifica del rispetto di
tutta la normativa vigente in materia ambientale, paesaggistica, sanitaria,
urbanistica (con la precisazioni di cui appresso).
A conferma di ciò, si legga
Consiglio di Stato n. 175/2012:
"l'art. 12 attribuisce la
qualificazione di opera di pubblica utilità solo alle opere che già abbiano
ottenuto l'autorizzazione unica, la quale sconta l'avvenuta verifica del
rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela
del paesaggio e del patrimonio storico-artistico (e che costituisce, ove
occorra, variante allo strumento urbanistico)".
Ogni tipo di pressione esercitata
da parte dei soggetti proponenti nei confronti delle pubbliche amministrazioni
per convincerle a rilasciare in fretta le autorizzazioni, giacché ci troveremmo
di fronte ad impianti di pubblica utilità, è pertanto priva di qualsiasi
fondamento normativo e perciò illegittima.
I commi 3, 7 e 10 dell'art. 12
del D. Lgs. 387/2003 affermano inequivocabilmente che l'autorizzazione unica
deve essere rilasciata "nel rispetto delle normative vigenti in materia di
tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio
storico-artistico" e che nell'ubicazione degli impianti "si dovrà
tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo,
con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari
locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e
del paesaggio rurale".
Gli impianti per la produzione di
energie rinnovabili non possono essere collocati ovunque nel territorio
comunale ignorando, ovvero, ancor peggio, manifestamente violando i tratti
fondamentali della strumentazione urbanistica che il Comune si è dato
nell'esercizio delle proprie prerogative nella disciplina del territorio e
nella tutela della salute pubblica. La localizzazione dovrà essere rispettosa
dei parametri di zona contenuti nella strumentazione urbanistica.
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