Negli ultimi anni in Italia queste
centrali a biomasse centrali sono cresciute come i funghi perché
crea business, ma non alla comunità, bensì alla proprietà,
grazie agli incentivi e a un uso speculativo del prodotto che le
alimenta.
Per il sindaco di Furnari «La Comet
nel presentare l’istanza ha assicurato che ci saranno ricadute
positive sia per l’occupazione che per il territorio, dal momento
che l’energia sarà prodotta dopo aver bruciato il legno».
Siamo sicuri che bruceranno solo legno?
E quanto ce ne vuole per alimentare la
centrale?
E da dove verrà?
E quale sarà l’impatto ambientale
derivante dal trasporto di questo legname?
Sono queste alcune delle domande
che andrebbero poste alla ditta proponente.
I dubbi che ruotano attorno a questo
business (perché di business si tratta) sono molti.
Proviamo a fornire più informazioni
alla popolazione.
Una puntata di Report di qualche
tempo fa poneva attenzione proprio su alcuni interrogativi inerenti
l’effettivo bisogno, in Italia, di costruire centrali a biomasse.
Il servizio, ripreso anche da un
articolo de Il Fatto Quotidiano, evidenziava come, con il
trascorrere del tempo, il costo dell’energia prodotta dall’utilizzo
di questi impianti aumenti, a causa del reperimento del legno per
alimentare le centrali. Negli ultimi anni, si legge nell’articolo,
le centrali sono sorte come funghi perché, oltre a produrre energia
alternativa, esiste tutto un business alimentato in parte dagli
incentivi e in parte da un uso speculativo del prodotto che alimenta
gli impianti.
Un sistema che danneggerebbe le tasche
ma anche la salute di chi vive nei territori interessati, visto che
il dilagare di impianti a biomassa avrebbe ripercussioni
sull’ambiente e sulle produzioni agricole.
Si legge su Il Fatto: «È stato
stimato che per ogni centrale occorrono 5000 viaggi di camion
all’anno, concentrati nel periodo estivo, per trasportare il
materiale che serve ad alimentarle. Solo nella provincia di Bologna
ne sono state costruite 37. La maggior parte dei proprietari sono
grandi industriali o finanzieri che per ogni kw di elettricità
prodotta ricevono un compenso di 0, 28 centesimi, perciò, più il
costo di produzione è basso più aumenta il profitto, causando danni
anche all’agricoltura perché si sta abbandonando la produzione di
grano per il mais da biomasse che è molto più conveniente.
L’agricoltura non è più in funzione dell’alimentazione umana ma
delle centrali».
Oltre a ciò, le preoccupazioni legate
all’eccessivo impiego di centrali a biomasse riguardano anche il
rilascio nell’atmosfera di polveri sottili, pericolose per la
salute.
Medici, WWF, associazioni ambientaliste
da sempre si battono e mettono in guardia sulla pericolosità di
queste centrali.
Secondo alcuni studi condotti in campo
medico e non solo, i rischi sanitari e ambientali delle
attività di queste centrali non consentirebbero di rendere sicuro
l’utilizzo degli impianti, soprattutto in merito alle conseguenze
stimate sul medio e lungo termine.
Tutto questo a discapito dei cittadini,
che respirano le emissioni nella consapevolezza di aver subito un
danno anche ingiusto. Danni sia di tipo sanitario che patrimoniale
visto che inevitabilmente gli immobili localizzati nei pressi
delle nuove centrali subiscono una diminuzione del loro valore e
che le produzioni agricole, condotte magari con metodi
biologici, possono anche perdere le certificazioni di qualità
conquistate con anni di lavoro e impegno.
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