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martedì 24 luglio 2012

Operazione Gotha III, tra i soliti della cricca dei rifiuti indagato anche l'ex sindaco di Mazzarrà Sant'Andrea

Nelle 240 pagine di ordinanza dell’inchiesta Gotha III emergono altri importanti retroscena. Tra gli indagati - non raggiunto da provvedimento - figura l’ex sindaco di Mazzarrà, Carmelo Navarra. Nella mattinata odierna, in diverse località della provincia di Messina, i carabinieri del Ros e del Comando Provinciale, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del locale Tribunale, Massimiliano Micali, su richiesta del Procuratore di Messina Guido Lo Forte e dei sostituti della Dda di Messina, nei confronti di 15 persone accusate, a vario titolo, per associazione mafiosa, estorsione, omicidio, intestazione fittizia di beni ed altri delitti aggravati dalle finalità mafiose. Contestualmente, sono stati sottoposti a sequestro preventivo, beni per un valore complessivo stimato in oltre 15 milioni di euro. I provvedimenti scaturiscono dalla prolungata attività condotta dal Raggruppamento Operativo Speciale (Ros) in direzione dei sodalizi mafiosi attivi lungo la costa tirrenica della provincia, articolatasi negli ultimi anni in ripetuti interventi repressivi che hanno colpito gli esponenti della famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto e delle sue diramazioni territoriali. L’ultima tranche dell’indagine “Gotha” si era conclusa nel giugno 2011 con l’arresto di 18 indagati per associazione mafiosa, omicidi, estorsioni, porto e detenzione abusiva d’arma da fuoco, intestazione fittizia di beni ed altri delitti, tutti aggravati dalle finalità mafiose. L’indagine “GOTHA III” ha ulteriormente circostanziato l’assetto organizzativo ed i plurimi interessi illeciti della famiglia mafiosa barcellonese, sodalizio operante nella provincia di Messina, giudiziariamente già riconosciuto in primo e secondo grado nel processo “MARE NOSTRUM” fino al 1994, poi colpito dagli esiti dei procedimenti “ICARO”, “ERIS”, “VIVAIO” E “TORRENTE”, frutto delle attività investigative del Ros. Le attività d’indagine sviluppate dal Ros, le convergenti dichiarazioni rese da più collaboratori di giustizia tra i quali Carmelo Bisognano e Santo Gullo, organicamente inseriti nella famiglia mafiosa barcellonese, Teresa Truscello (ex convivente di Bisognano), destinataria di una misura cautelare personale e reale, emessa nell’ambito dell’indagine “TORRENTE” e Alfio Giuseppe Castro, già imputato e condannato nell’ambito del processo scaturito dall’operazione “VIVAIO”, poiché ritenuto il referente mafioso per la provincia di Messina per conto di Cosa nostra catanese e le ammissioni di alcuni imprenditori edili recentemente raggiunti da provvedimenti di sequestro del patrimonio ritenuto, dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Messina, frutto dell’attività illecita del menzionato sodalizio criminale, hanno permesso di definire altri episodi estorsivi finalizzati al controllo di appalti pubblici e di attività economiche nella provincia di Messina attribuibili alla resposabilità di Giovanni Rao, classe 1961, Giuseppe Isgrò, del ’65,  Carmelo Salvatore Trifirò del ’72,  Giuseppe Ruggeri, del ‘65 e Salvatore Campanino del 1964.
Tale attività illecita era stata in passato già oggetto dell’indagine “OMEGA” condotta dal Ros che, il 30 luglio 2003, aveva permesso l’adozione di un provvedimento cautelare personale nei confronti di alcuni soggetti attualmente indagati nell’indagine “GOTHA III”, ritenuti organici e componenti della “cupola” mafiosa barcellonese.  Con l’odierna indagine è stata fatta luce anche su altri interessanti aspetti dell’associazione criminale barcellonese, documentandone le dinamiche criminali per un consistente arco temporale. Tra gli aspetti di maggiore rilevanza figura il triplice omicidio di Sergio Raimondi, Giuseppe Martino e Giuseppe Geraci, commesso a Barcellona nella notte fra il 3 ed il 4 settembre 1993, per il quale erano stati assolti con sentenza definitiva Carmelo D’Amico e Salvatore Micale. I nuovi riscontri info-investigativi raccolti hanno consentito di fare piena e definitiva luce su quella oscura vicenda e di ritenere gravemente indiziato anche il barcellonese Antonino Calderone, all’epoca dei fatti datosi a preventiva latitanza ed in seguito tratto in arresto dal Ros nell’ambito dell’indagine “POZZO”, per altre vicende connesse alla sua appartenenza al sodalizio. Le risultanze delle attività tecniche e dinamiche sviluppate dal Ros hanno altresì consentito di dimostrare – stando alle conclusioni del provvedimento del Gip - l’appartenenza alla mafia del noto avvocato barcellonese Rosario Pio Cattafi. Sono state infatti meticolosamente riscontrate le dichiarazioni rese da alcuni recenti ed importanti collaboratori di giustizia della mafia barcellonese e catanese (Bisognano, Gullo, Castro), i quali hanno indicato il Cattafi come soggetto apicale dell’organizzazione barcellonese e collettore fiduciario dei proventi illeciti conseguiti dai membri apicali e storici delle due citate organizzazioni mafiose. Tale patrimonio info-investigativo ha dato riscontro alle propalazioni di altri numerosi soggetti che nel passato avevano descritto l’odierno indagato come organicamente inserito nella famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto ed intraneo alla famiglia mafiosa catanese di Cosa Nostra riconducibile al capo Benedetto Santapaola. E’ stata fatta luce, inoltre, sull’evoluzione delle dinamiche criminali interne della famiglia mafiosa di Barcellona anche nel periodo immediatamente successivo all’arresto in provincia di Palermo di Bernardo Provenzano, ammanettato dopo 43 anni di latitanza il 10 aprile 2006 in un casolare di Montagna dei Cavalli, in territorio della sua Corleone, quando Salvatore e Sandro Lo Piccolo, rispettivamente padre e figlio, avevano cercato di realizzare un riassetto generale di Cosa Nostra palermitana e delle sue diramazioni provinciali. A tal proposito le indagini hanno permesso di appurare che la famiglia mafiosa barcellonese, nonché quella dei tortoriciani riconducibile, all’epoca, a Sebastiano Bontempo Scavo, classe 1952 e fratello dei capi Cesare e Vincenzo (entrambi ristretti al carcere duro da anni), sono state rappresentate – fino al momento del suo arresto (10 aprile 2008 per l’op. “Vivaio” - dal referente provinciale di Cosa Nostra Tindaro Calabrese, il successore di Bisognano a capo del clan dei “Mazzarroti”, ritualmente affiliato dai menzionati Lo Picoclo, in deroga all’assetto preesistente che ha storicamente visto interloquire i rappresentanti dei sodalizi mafiosi messinesi con Cosa Nostra tramite la famiglia Santapaola di Catania o tramite il mandamento mafioso di San Mauro Castelverde per mezzo del defunto rappresentante mistrettese Sebastiano Rampulla. Per l’accusa, quindi, Tindaro Calabrese ha continuato a reggere l’articolazione criminale dei” Mazzarrot”i del sodalizio barcellonese controllando le attività criminali nell’ambito del proprio territorio (ed a tal proposito sono state documentate le infiltrazioni nel Comune di Mazzarrà Sant’Andrea presso il quale ha prestato servizio il tecnico comunale Roberto Ravidà, anch’egli tratto in arresto) ed ha rappresentato un punto di riferimento per Cosa Nostra nella provincia di Messina. In tale ottica è stata documentata la vicenda della latitanza a Capo d’Orlando di Gaspare Pulizzi, uomo di fiducia della famiglia dei Lo Piccolo, nonché reggente della famiglia mafiosa di Carini. Risulta dalle indagini che costui sia stato ospitato per alcuni giorni del mese di luglio del 2007 a Capo d’Orlando con il pieno appoggio e la copertura logistica di Tindaro Calabrese, individuata tramite l’imprenditore Giovanni Bontempo, anche quest’ultimo tratto in arresto con l’odierna misura cautelare. Il Bontempo, oltre a fornire appoggio per conto di Cosa Nostra, ha operato imprenditorialmente in sinergia con il sodalizio mafioso barcellonese e con quello tortoriciano mettendo a disposizione la propria attività professionale al servizio della criminalità organizzata durante il periodo della reggenza di Tindaro Calabrese ed in epoca successiva, anche grazie all’intervento di Tindaro Marino, di Gioiosa Marea, altro imprenditore già tratto in arresto il 24 giugno 2011 con le operazioni “Gotha” e “Pozzo 2”  del Ros. Per tali ragioni Giovanni Bontempo è stato raggiunto altresì da una misura cautelare di tipo patrimoniale che ha interessato buona parte degli illeciti profitti accumulati nel corso degli anni grazie alla mafia ed alle connivenze di alcuni importanti funzionari di banca, tra i quali Sergio D’Argenio della Banca Popolare di Lodi, anch’egli arrestato. Contestualmente, la misura cautelare emessa dal Gip Micali ha riguardato anche Carmelo Giambò, noto esponente mafioso già tratto in arresto con l’operazione “Gotha” in quanto ritenuto responsabile dell’omicidio di Antonio Ballarino (i cui resti erano stati rinvenuti sepolti in località Piano Gorne del Comune di Mazzarrà Sant’Andrea), Giusi Lina Perdichizzi, coniugata col citato Giambò, nonché Giuseppe Triolo, ritenuti responsabili di intestazione fittizia dei beni finalizzata all’elusione della normativa antimafia e per questo raggiunti da contestuale provvedimento di sequestro del patrimonio mobiliare ed immobiliare. Dopo le operazioni “BATANA”, “MONTAGNA”, “VIVAIO”, “POZZO”, “TORRENTE” e “GOTHA” che avevano già duramente colpito Cosa Nostra messinese, l’odierno intervento depotenzia ulteriormente la struttura mafiosa indagata, da anni ai vertici del panorama delinquenziale dell’area tirrenica.

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