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martedì 13 marzo 2012

Furnaresi, state tranquilli! Parola di Navarra.

Nel corso della trasmissione Zenith di venerdì 9 marzo il sindaco di Mazzarrà, Carmelo Navarra, in replica a quanto sostenuto sul rischio ambientale rappresentato dalla discarica di contrada Zuppà dal sindaco di Furnari, Mario Foti, si è lanciato in un’accorata difesa di Tirrenoambiente e della sua gallina dalle uova d’oro.
Citiamo testualmente l’intervento del primo cittadino dell’ex città dei vivai, per rispondere punto su punto, con l’ausilio di alcuni passi tratti dal mio libro, recentemente pubblicato, La collina della munnizza (Nicola Calabria editore, 2012).

«Chiaramente mi tocca andare a puntualizzare e a chiarire alcuni aspetti di questa vicenda che, se guardata con poca attenzione e conoscenza della problematica tutta riguardante la filiera dei rifiuti, chiaramente può portare su una strada molto pericolosa e di divergenza anche fra amministratori.
Quindi mi corre l’obbligo di chiarire alcuni passaggi, aspetti, anche legislativi.
La discarica di Mazzarrà nasce nel 2003 accanto a una vecchia discarica che finiva il suo percorso, e in quella fase, mi ricordo bene perché la Tirrenoambiente, la società per azioni che gestisce la discarica, è nata sotto la mia sindaca tura ad agosto 2002. Io mi sono insediato a maggio, ad agosto 2002 vede la luce questa società che in modo ottimale, per quanto riguarda la tecnica gestionale, sta portando avanti questa discarica».


Navarra, ricorda male, si sbaglia infatti di qualche settimana, la Tirrenoambiente è stata costituita il 16 luglio 2002.

«Nasce e mi ricordo che trova avallo da parte delle amministrazioni locali periferiche e che confinavano con Mazzarrà».

Anche in questo caso ricorda male perché fin dal lontano 1999 sicuramente almeno il Comune di Terme Vigliatore si era sempre opposto decisamente alla realizzazione della discarica nel sito di contrada Zuppà. Altrettanto, purtroppo, non possiamo dire delle tentennanti amministrazioni furnaresi che si sono susseguite nel corso degli anni. Ma da qui a dire che Furnari ha dato l’avallo ce ne vuole.

«Vorrei ricordare anche che il sito non è stato scelto dall’amministrazione comunale di Mazzarrà, ma che era stato già attenzionato dalla Provincia regionale di Messina che avefva l’intenzione di fare in quel sito una discarica. […] A quel punto, chiaramente, l’amministrazione comunale di mazzarrà ha fatto rilevare che poteva anche essere l’amministrazione comunale, attraverso una società strumentale, a costruire e a gestire la discarica. Anche per il fatto che la Provincia non aveva i fondi per costruire quella discarica».

Non è colpa di Mazzarrà, la Provincia è stata a volere là la discarica. Questa affermazione, oltre a rafforzare il mio convincimento sull’inutilità dell’Ente Provincia, mi porta però a chiedermi: “E chi obbligava il Comune di Mazzarrà a fare quello che diceva la Provincia?”. Basti guardare all’esempio delle amministrazioni locali in provincia di Roma che stanno facendo le barricate per impedire che sul loro territorio il Gruppo Cerroni costruisca una nuova megadiscarica per ovviare alla chiusura di quella di Malagrotta (andate su Youtube a rivedere la puntata del 22 gennaio scorso di Presa Diretta intitolata IMMONDIZIA ZERO).

«In Prefettura si è convenuto della necessità di una discarica che fosse comprensoriale, limitata ad alcuni comuni, e anche l’amministrazione comunale di Furnari di allora si mostrò favorevole alla allocazione in quel sito di questa discarica. E allora io mi pongo un primo quesito: l’attenzione che, giustamente, l’avvocato Foti vuole richiamare su questa discarica, sarebbe stato opportuno fosse già data in quel momento. In quel momento le amministrazioni si dovevano dotare di elementi che potessero sancire la non legittimità della allocazione della discarica in quel luogo».

Navarra continua a fare confusione, la discarica comprensoriale voluta dalla Provincia non è quella attuale, ma si tratta del primo sito, posto più in alto, chiuso nel dicembre del 2003. E, in ogni caso, doveva trattarsi di discarica limitata a pochi comuni, invece a partire dalla fine del 2001 anche la città di Messina e altri comuni iniziarono a conferire i loro rifiuti a Mazzarrà. E, a parte il fatto che è opinabile controbattere all’attuale sindaco di Furnari che siccome chi non voleva la discarica doveva opporsi allora e non avendolo fatto adesso dovrebbe stare zitto, dobbiamo continuare a ricordare che il Comune di Terme Vigliatore si era e continuava ad opporsi, anche davanti agli organi giudiziari, ottenendo finanche una pronuncia favorevole del Consiglio di giustizia amministrativa di Palermo, fino ad arrivare alla dichiarazione di non idoneita del sito in questione, cito da La collina della munnizza, p. 22:

2000, 10 dicembre. Per la prima volta dall’inizio della vicenda si affermò che il sito di Mazzarrà non era in realtà idoneo a ospitare una discarica di rifiuti solidi urbani.

La discarica comprensoriale dei rifiuti che doveva sorgere in contrada Zuppà, in territorio di Mazzarrà Sant’Andrea […] non sarà più realizzata in quanto il sito prescelto già due anni fa, è stato dichiarato inidoneo. Lo ha reso noto il sindaco di Terme Vigliatore Bartolo Cipriano, a seguito della convocazione di una conferenza dei servizi che si terrà martedì mattino nell’aula consiliare di Barcellona che ha come oggetto “emergenza rifiuti” e che servirà a ricercare un «nuovo luogo idoneo». Cipriano che si era battuto fin dall’inizio contro la scelta che avrebbe creato pregiudizio al delicato equilibrio del confinante territorio di Terme Vigliatore, ottiene solo adesso la conferma alle sue obiezioni. Dopo due anni di attese caratterizzati da un corollario di polemiche, ricorsi al Tar, esposti alla Procura e per ultimo pareri legali richiesti per l’espletamento della gara di appalto, già bandita e per la quale hanno presentato offerte una dozzina di imprese edili pronte a realizzare i lavori per la costruzione della discarica, ecco che ci si accorge che l’area di contrada Zuppà non è idonea allo scopo. Riparte dunque da martedì prossimo tra i sindaci interessati la ricerca sui territori di ben otto comuni, di un’area capace di accogliere la montagna di rifiuti prodotti. «Tra l’altro – scrive il vice sindaco di Barcellona, l’avv. Andrea Saporita, nella sua lettera di convocazione indirizzata ai sindaci del Comprensorio 3 […] –, l’urgenza non consente ulteriori attese o indugi, stante la chiusura definitiva della discarica di Motta Sant’Anastasia prevista per il prossimo 31 dicembre» (Leonardo Orlando, Niente discarica comprensoriale, “Gazzetta del Sud”, 10 dicembre 2000).

«L’avvocato Foti, giustamente, si pone il problema della vivibilità ambientale, delle malattie, dell’inquinamento dell’acqua. Tutti problemi che non interessano soltanto il sindaco di Furnari, ma che interessano anche il sindaco di Mazzarrà, anche i sindaci di tutto il territorio, di tutto quel comprensorio.
Perché se danni ambientali ci sono, chiaramente non sono danni ambientali che si ripercuotono solo sui cittadini di Furnari, ma si ripercuotono su tutto il comprensorio vicino alla discarica. E allora io dico, io mi sento un amministratore responsabile. Ho seguito tutto l’iter di questa discarica. Certamente non è un campo di rose e quindi ci sono effetti, periodicamente, olfattivi. Però andrei cauto nel dire che può essere, e quando si dice può essere non vuol dire che è, portatore di malattie».


Innanzitutto è singolare che Navarra abbia utilizzato l’espressione «… non è un campo di rose», perché la discarica è sorta proprio là dove c’era un campo di rose che, sotto la pressione delle intimidazioni mafiose, venne spazzato via per far posto all’immondezzaio, cito da La collina della munnizza, p. 167:

[…] gli interessi dei mafiosi si focalizzarono su di un campo di rose confinante con la discarica di Mazzarrà Sant’Andrea. È questo uno dei tanti episodi agli atti dell’inchiesta del Ros. Nell’ordinanza, siglata dal gip Alfredo Sicuro, si legge: «Allo scopo di realizzare l’ampliamento della discarica di contrada Zuppà, il Comune di Mazzarrà Sant’Andrea aveva la necessità di acquisire, attraverso la procedura espropriativa, determinati terreni. […] Ed è proprio il terreno acquisito da Giacomo Lucia quello del roseto distrutto per fare posto alla spazzatura. […] A gestire in concreto il roseto un altro socio, l’imprenditore Tindaro Maio. Ebbene «verso la fine di ottobre 2002, scrive il gip Sicuro, Maio era stato fermato nel greto del torrente da due sconosciuti i quali avevano prospettato l’opportunità di utilizzare il terreno per attività molto più lucrose della coltivazione di rose. Nell’ottobre 2003, allorché si era recato sul posto per lavorare nel vivaio, Maio aveva constatato che un mezzo meccanico di proprietà di Rotella Michele aveva distrutto le coltivazioni. Quando aveva protestato con il Rotella, rappresentandogli di aver subito un danno economico di circa 40.000 euro, l’indagato gli aveva ribattuto che una tale cifra era “irrisoria”». Ma non era bastato. Era poi iniziata l’azione “pesante” contro Maio, che viene descritta sempre nell’ordinanza: «Il 30 agosto 2005 un capannone di sua proprietà in Terme Vigliatore era stato dato alle fiamme con un danno di circa 50.000 euro. Il 16 ottobre 2006 un camion era stato sottratto da un suo capannone e fatto ritrovare dopo qualche giorno. Nella notte del 31 dicembre 2006 un magazzino di Falcone era stato devastato da un incendio doloso con un danno di 70.000 euro circa».

«Per quanto riguarda quello che dice l’avvocato Foti che [la discarica, N.d.r.] è in difformità alla normativa vigente perché avete trovato che i Noe volevano sequestrare [la discarica, N.d.r.] perché si conferisce il tal quale, è una grossa fesseria. Non che l’hai detta tu [Foti, N.d.R.], per carità, però dico che non risulta assolutamente a verità perché c’è una deroga al decreto Ronchi.[…]
… si tratta appunto di poter utilizzare un trito vagliatore che permette il conferimento del tal quale. Quindi assurda è la pretesa dei Noe che la volevano chiudere. […] Quindi, da questo punto di vista, stiamo tranquilli che nessuna legge è stata infranta».


Andiamo a vedere cosa dicono le risultanze delle indagini del Noe dei carabinieri, cito da La collina della munnizza, pp. 121-123.

È stato altresì evidenziato come dai numerosi e dettagliati sopralluoghi eseguiti dai carabinieri del Noe di Catania nel corso del 2009 (Dalle stesse emerge che gli Rsu conferiti nella discarica venivano in parte tritati, onde consentire una mera riduzione volumetrica degli stessi, mentre una parte ulteriore veniva semplicemente abbancata e, pertanto, sic et simpliciter depositata in discarica, con ciò contravvenendo all’obbligo di “pre-trattamento” introdotto a partire dal 1° luglio 2009 per tutti i siti che non avevano richiesto o ottenuto la proroga sino al 31 dicembre 2009) insieme all’Arpa e all’8° Dipartimento I Ufficio Dirigenziale Tutela Aria e Suolo della Provincia di Messina (Effettuato il 17 luglio 2009) «emerge chiaramente» che Tirrenoambiente ha utilizzato «unicamente» un semplice macchinario per la triturazione dei rifiuti, dato certo sino al 7 agosto 2009. Macchinario «addirittura inutilizzato/inattivo, come da annotazione di PG del Noe già in atti e recante la data del 3 settembre 2009».
Questo tipo di attrezzatura, e l’argomento sarà ripreso anche nel capitolo quattro quando esamineremo i rapporti dell’Ispra e dall’Arpa Sicilia, non consentiva il rispetto della normativa di riferimento, come peraltro affermato da Antonio Marchese dell’Arpa di Messina nella nota prot. n. 3323 del 24 luglio 2009 dalla quale

«si evince il mancato rispetto delle opzioni transitorie (trito-vagliatura) per l’ammissibilità dei rifiuti in discarica e la mancata richiesta di proroga al differimento dell’entrata in vigore dei criteri di ammissibilità per la discarica di Mazzarrà Sant’Andrea in realazione al periodo successivo al 01.07.2009».

Affermazioni pienamente confermate dallo stesso Marchese il quale, in sede di sommarie informazioni, raccolte su delega dal Noe il 4 novembre 2011, su precisa domanda affermava che:

«Il Dipartimento Provinciale…omissis…espletava congiuntamente alla Provincia Regionale di Messina un sopralluogo presso la discarica di Mazzarrà Sant’Andrea nell’ambito del quale emergeva che l’abbancamento dei rifiuti solidi urbani conferiti presso quel sito avveniva in difformità quanto previsto dall’art.7 comma 1 del d.lgs. nr. 36/2003. Tali conclusioni scaturivano dal fatto che, durante il sopralluogo, veniva riscontrata l’esclusiva presenza di un sistema di triturazione che aveva come effetto la sola riduzione volumetrica di quanto conferito…».

Ed ancora «Si rilevava, altresì, l’assenza di un sistema di vagliatura e deferrizzazione».

«[...] necessario evidenziare come l’utilizzo del solo trituratore meccanico non consenta assolutamente il “pre-trattamento” del rifiuto conferito in discarica considerato che il risultato finale del suo utilizzo comporta esclusivamente una riduzione volumetrica del rifiuto senza che venga in alcun modo operata una selezione sulla tipologia dello stesso, in spregio a quanto previsto e richiesto espressamente dalla legge».

In altri termini la semplice tritatura dei rifiuti non è conforme alla legge e non soddisfa i requisiti riportati dalla nota Arra del 10 settembre 2009, come, del resto, viene evidenziato dal teste Maurizio Norrito in sede di sommarie informazioni rese al pm Martorelli il 13 ottobre 2009.
Inoltre, tale operazione non soddisfa le indicazioni contenute nella circolare del ministro dell’Ambiente n. 14963 del 30 giugno 2009.
Essa, com’è noto, prevede, sia pure in relazione ad un periodo limitato, l’ammissibilità del conferimento del rifiuto previo “pre-trattamento” consistente in trito vagliatura.
Tuttavia la stessa specifica inequivocabilmente che affinché detta deroga sia operativa è comunque indispensabile che venga effettuata, a monte, una adeguata raccolta differenziata delle frazioni pericolose dei rifiuti urbani, essendo in ogni caso non praticabile un conferimento “tal quale” dei Rsu.

Ma non sono solo le risultanze delle indagini del Noe a smentire Navarra, le stesse cose le ha dette anche l’Arpa nel Rapporto Rifiuti urbani della Sicilia 2004-2010, cito da La collina della munnizza, pp. 197-200:

In merito agli impianti di pretrattamento il rapporto Rifiuti Urbani della Sicilia – Ottobre 2010 dell’Arpa Sicilia osserva che il decreto legislativo 13 gennaio 2003 n° 36, in attuazione della direttiva 199/31/CE, ha stabilito le norme per la realizzazione e la gestione delle discariche, prescrivendo in particolare che i rifiuti possano essere collocati in discarica solo dopo trattamento. Tale condizione, più volte prorogata, è entrata definitivamente in vigore dal 1° gennaio 2010.
E allora come fanno ad operare legalmente le 12 discariche siciliane visto che sul territorio isolano esistono solo due impianti di pretrattamento?
Sull’argomento, con la nota n° 14963 del 30 giugno 2009, il ministero dell’Ambiente ha ritenuto fornire alcuni chiarimenti «in vista della definitiva entrata in vigore della normativa».
In particolare la circolare, dopo aver richiamato la definizione della direttiva europea di trattamento così descritto: «i processi fisici, termici chimici, o biologici, inclusa la cernita, che modificano le caratteristiche dei rifiuti allo scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa e di facilitare il trasporto o favorire il recupero», ha rilevato che il decreto legislativo n° 36/2003 prevede che i rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo trattamento (articolo 7, comma 1) e che il trattamento può essere anche finalizzato a favorire lo smaltimento (articolo 2, comma 1, lettera h). Nell’evidenziare che il trattamento meccanico biologico, la bioessiccazione, la digestione aerobica previa selezione, rappresentano a tutti gli effetti forme di pretrattamento, la circolare ha osservato che «…riguardo alla tritovagliatura ed alla possibilità di considerarla come forma di pretrattamento del rifiuto indifferenziato ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di cui all’art. 7, comma 1, del decreto legislativo n° 36/2003, …detto trattamento fisico, finalizzato a ridurre il volume dei rifiuti e a separare alcune frazioni merceologiche, quali metalli, può rispondere ai requisiti della norma comunitaria…» e pertanto «…qualora sia effettuata un’adeguata raccolta differenziata delle frazioni pericolose dei rifiuti urbani (quali i farmaci scaduti, le pile e batterie), nel caso in cui la capacità impiantistica di trattamento meccanico biologico non sia sufficiente a coprire l’intero fabbisogno, in via del tutto provvisoria e nelle more della completa realizzazione dell’impiantistica di piano i rifiuti urbani possano essere conferiti in discarica previo trattamento di impianti di tritovagliatura. Tali impianti devono comunque consentire, ad esito della tritovagliatura, il recupero di alcune frazioni merceologiche, quali i metalli…». Ulteriore condizione ritenuta necessaria e sufficiente per consentire lo smaltimento in discarica di rifiuti urbani non protrattati è avere conseguito «…a livello di Ambito territoriale ottimale, l’obiettivo di riduzione del conferimento di rifiuti urbani biodegradabili previsto dall’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 36/2003…».
Sulla base della circolare ministeriale, l’Agenzia regionale dei rifiuti e delle acque della Sicilia ha richiesto ai gestori delle discariche l’adozione di un sistema di triturazione dei rifiuti e il contestuale recupero della frazione ferrosa come condizione minima di pretrattamento. In forza di tali disposizioni i gestori si sono dotati di impianti di triturazione o di tritovagliatura dei rifiuti con successivo abbancamento previo allontanamento della frazione metallica a base ferrosa; a fronte dell’attivazione dei sistemi di pretrattamento è stata aggiunta una specifica aliquota alla tariffa per il conferimento dei rifiuti in discarica.
Dalle prime verifiche effettuate presso i suddetti impianti di tritovagliatura il rapporto ha rilevato che:
- il materiale ferroso recuperato si attesta su valori inferiori all’1 per cento ed è in genere di scarsa qualità per cui gli impianti di recupero hanno difficoltà ad accettarlo in quanto necessita di ulteriore attività di selezione;
- le due frazioni (sottovaglio e sopravaglio), prodotte oltre al materiale ferroso recuperato, in genere vengono abbancate nella stessa discarica, producendo con ciò una riduzione quantitativa minima del rifiuto depositato in discarica e, d’altro canto, poiché la riduzione volumetrica non risulta particolarmente efficace, non viene migliorata la disponibilità di volume residuo della discarica stessa rispetto ad un conferimento tal quale;
- il valore del Carbonio Organico Disciolto (DOC) in tali frazioni è presumibilmente maggiore a 80 mg/l, in difformità a quanto previsto nel decreto ministeriale 3 agosto 2005 sull’ammissibilità in discarica (atteso che i rifiuti prodotti assumono il CER della famiglia 19), quando non è presente una efficiente raccolta differenziata della frazione umida.

Rilevato quanto sopra – continua il rapporto - è necessario evidenziare che:
- il sistema di pretrattamento con tritovagliatura dalla circolare ministeriale è ritenuto idoneo in via del tutto eccezionale nelle more della completa realizzazione dell’impiantistica di piano e qualora sia effettuata un’adeguata raccolta differenziata delle frazioni pericolose dei rifiuti urbani;
- l’impiego dell’impianto di tritovagliatura indicato dal ministero sottindente che almeno una delle frazioni, preferibilmente l’organico per conformità al Rifiuto urbano biodegradabile (Rub), debba essere avviata ad altro idoneo impianto di recupero (compostaggio, digestione anaerobica, ecc.).

Il rapporto dell’Arpa nel fotografare (pag. 115 - tabella 6.5; pag. 167) la situazione della discarica di Mazzarrà riporta che il sito di contrada Zuppà non dispone di impianti di trattamento meccanico biologico, mentre non riferisce nulla circa l’impianto di tritovagliatura (il 5 gennaio 2011, la Gazzetta del Sud diede la notizia di un guasto all’impianto di tritovagliatura. Dovrebbe trattarsi di un impianto mobile come risulta anche dalle foto scattate dall’alto della strada che costeggia il sito). In ogni caso, considerati i dati della raccolta differenziata relativi agli Ato messinesi (i comuni dell’altro Ato che scaricano a Mazzarrà, Ato Pa 5, sono invece ai primi posti della classifica dei Comuni ricicloni della Sicilia) sorge il dubbio che a Mazzarrà stiano operando al di fuori anche delle larghissime maglie previste dalla circolare ministeriale.

Navarra si avvia alla conclusione della sua arringa difensiva, degna del miglior Ghedini, dicendo che:

«Se c’è un disagio olfattivo è chiaro che va eliminato. È chiaro però che bisogna vedere perché questo disagio olfattivo c’è. Per quanto riguarda quello dell’acqua, ti devo informare [sempre riferito a Foti, N.d.R.] che ai piedi della discarica ci sono dei pizometri [piezometri, N.d.R.]  che rilevano eventuali inquinamenti delle falde acquifere. Tant’è vero che vengono monitorati ogni 15 giorni i due pozzi che ci sono ai piedi della discarica  e che quindi andrebbero a intercettare eventuali perdite della discarica.»

Quindi, a detta di Navarra i piezometri sono due. Peccato che le prescrizioni, al cui rispetto la Regione siciliana ha subordinato la concessione della seconda Aia (autorizzazione integrata ambientale) rilasciata nel 2009 prevedano, cito da La collina della munnizza p. 72, che:

- Si prescrive di ubicare un terzo piezometro a monte dei due esistenti […] tenendo conto della direzione di deflusso di falda;
- A completamento della realizzazione degli impianti di biostabilizzazione e di trattamento del percolato [autorizzati ma fino ad oggi mai realizzati N.d.A.], il monitoraggio delle acque di falda dovrà essere eseguito su piezometri ubicati in punti significativi per tutto il sito considerato;

«Non voglio difendere la Tirrenoambiente, voglio tranquillizzarti, perché anche io vivo a Furnari, e tu lo sai, ci vivono i miei figli. Mio figlio è geologo e si è anche dato da fare per vedere se, e come, e quando, e ti posso assicurare da questo punto di vista che puoi tranquillizzare i cittadini di Furnari».

E sulla mancata realizzazione degli impianti di biostabilizzazione Navarra dice:

«E la Tirrenoambiente si è dimostrata subito disponibile a costruire un impianto, ma un impianto si costruisce se ci sono i soldi, e per avere i soldi ci vuole il conferimento. Ma tu, scusa, pretendi che la Tirrenoambiente spenda 10 milioni di euro che servirebbero ad eliminare tutti quegli inconvenienti olfattivi, tutti quei miasmi di cui mi parli, ma il conferimento ci deve essere, perché se non c’è il conferimento io non vado a spendere 10 milioni di euro. Nonostante questo, la Tirrenoambiente ha già cominciato a costruire questo impianto di biostabilizzazione e di biodigestione che servirà appunto a quello che dici tu, ma lo ha iniziato e lo porterà a compimento con i propri fondi».

Navarra chiude il suo intervento, buttandola quindi sul mero interesse economico, riferendosi anche alla questione dell’equo indennizzo sollevata dai comuni di Furnari e Terme Vigliatore, sostenendo che la battaglia del sindaco di Furnari non può essere quella dell’equo indennizzo perché:

«… il Comune di Furnari, e il Comune di terme Vigliatore, è stato ripetutamente invitato da parte dell’amministrazione del Comune di Mazzarrà a fare attività industriale sul territorio assieme, Perché voi confinate con la discarica di Mazzarrà e se aveste voluto mettere a disposizione una parte del territorio per fare gli impianti, non per fare la discarica, ma per fare gli impianti che servono alla risoluzione, avreste avuto due risultati: avremmo accelerato i tempi, avreste avuto l’liminazione dei problemi che tu denunci e avreste avuto quell’equo indennizzo che non c’è bisogno che tu elemosini e che chiedi, perché legittimamente ti sarebbe spettato».

Concludo rispondendo al sindaco di Mazzarrà che i cittadini di Furnari non accetteranno mai di svendere la loro salute, il loro futuro e quello dei loro figli, e non si faranno mai comprare dagli sporchi soldi della discarica.

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