Questa serata è stata intitolata "Venti di legalità democratica", tre parole: venti, legalità e democrazia che hanno particolare attinenza con il nostro intervento in tema di rifiuti.
Perché sì, quando oggi in Sicilia si parla di rifiuti non può non parlarsi anche di legalità non rispettata e di mancata democrazia nelle scelte di chi amministra la cosa pubblica.
Tutti sappiamo che in provincia di Messina rifiuti vuol dire essenzialmente smaltimento presso l'unica discarica esistente: quella di Mazzarrà Sant'Andrea.
Non ricorderemo che l'’invaso è
stato realizzato in un sito che mal si adattava alle circostanze.
Contrada Zuppà infatti si trova a meno di cento metri da un
torrente,il Mazzarrà, e alle sue spalle (a un tiro di schioppo) c’è
il centro abitato di Furnari, la cui popolazione da anni lamenta,
inascoltata, la presenza e la cattiva gestione della discarica causa
dell’emissione di insopportabili miasmi ed esalazioni che da essa
promanano in condizioni di venti dominanti.
Non
ricorderemo che i vertici della società proprietaria della discarica
sono attualmente oggetto di indagini da parte della Procura della
Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto perché accusati di gravi
reati ambientali.
Non
ricorderemo neanche le allarmanti risultanze investigative
dell’operazione antimafia Vivaio circa l’interesse alla
realizzazione della discarica che hanno coinvolto i massimi vertici
della società proprietaria del sito di Mazzarrà.
Sarà la
magistratura a dare una risposta.
Ci limitiamo
però a ricordare che lo scorso 7 dicembre 2012 due sentenze del Tar
di Catania hanno annullato i due decreti regionali del 2009, con i
quali si consentiva lʼampliamento della discarica, la realizzazione
di un impianto di biostabilizzazione e quindi l’esercizio
dell’attività di smaltimento rifiuti.
Per i giudici
amministrativi «Non è stato valutato, secondo le previsione di
legge, lʼimpatto sulle popolazioni vicine dei cattivi odori. Non si
è considerato che a pochi passi dalla discarica di Mazzarà esiste
lʼabitato di Furnari. Si è autorizzato il conferimento di amianto,
senza valutare se le polveri o le fibre del minerale potessero
giungere [sotto l'azione dei venti dominanti] sino agli abitati vicini», hanno, in estrema sintesi,
scritto i magistrati, parlando in senso tecnico giuridico di “carente
istruttoria”».
Tecnicamente,
quindi, dallo scorso dicembre quelle 700 tonnellate di rifiuti che
giornalmente continuano a essere trasportate a Mazzarrà vengono
smaltite in maniera illecita. Subito dopo le sentenze era stata
avanzata lʼipotesi che il presidente della regione Crocetta, per
sanare la situazione di illegalità, in attesa del ricorso al Cga,
avrebbe firmato un provvedimento che per tutelare la salute pubblica
autorizzasse a lasciare aperta la discarica.
Avuta questa
notizia noi come Circolo Arci di Furnari abbiamo immediatamente
scritto al presidente Crocetta e agli assessori Borsellino e Marino
chiedendo “con forza di dare un segnale di vero e grande rinnovo
della politica regionale bloccando qualsiasi provvedimento
derogatorio di quanto stabilito da ben due sentenze che non potrebbe
che suscitare perplessità e dubbi in chi – come Lei – crede
nella trasparenza e nella legalità”.
Lettera che,
purtroppo, ad oggi è rimasta senza risposta, né dal governo
regionale abbiamo visto finora provvedimenti concreti capaci di dare
una svolta alla gestione dei rifiuti.
Negli ultimi
anni – nel corso dei quali il problema ha assunto troppo spesso le
caratteristiche dell’emergenza – ciò che non ha funzionato è la
ricerca della scappatoia per aggirare il problema: aprire nuove
discariche.
La Sicilia
oggi detiene il non invidiabile record per la spesa media annua, per
la produzione di rifiuti e per lo smaltimento indifferenziato in
discarica.
Secondo
quanto riportato nel Rapporto Ispra 2012, sono state 2.610.304 le
tonnellate di rifiuti prodotti in Sicilia nel 2010, di queste ne sono
finite in discarica 2.439.000, ovvero il 93 per cento.
Sconfortanti
anche i dati sulla raccolta differenziata: 245.531,71 tonnellate pari
al 9,4%. Cifre che confermano l’ormai cronico ritardo maturato nel
corso degli anni.
La direttiva
2008/98/CE ci impone di gestire i rifiuti in base ad azioni
gerarchicamente ordinate affinché il compimento della precedente
escluda, o attenui fortemente, il bisogno di compiere la successiva.
Perciò la preferenza è per la prevenzione, per il riutilizzo e per
il riciclaggio. Segue nella graduatoria delle priorità l'azione di
recupero energetico e infine, all'ultimo posto è lo smaltimento in
discarica. Senza dimenticare che la Commissione europea ha rinviato
l'Italia alla Corte di Giustizia europea proprio per la mala gestione
dei rfiuti.
E allora, ci
chiediamo, perché si continua a perseguire questa strada?
Anche le
discariche non sono la soluzione, perché consumano territorio,
creano problemi igienico-sanitari e rendono inutilizzabili
sotterrandole preziose risorse che potrebbero creare economia e
lavoro.
Il problema
dei materiali post-consumo non va affrontato con misure solo a valle.
Non servono impianti ipertecnologici ed energivori, bastano le
semplici mani dei cittadini che a monte possono senza fatica (alcune
pattumiere in più) evitare di mescolare il secco, cioè i materiali
pregiati riciclabili, con l’umido, con cui produrre compost. Così
facendo si evita di produrre la vera spazzatura (indifferenziato) e
si abbatte la mole di rifiuti da smaltire.
È il momento
di intervenire, l’opinione pubblica deve decidere di mobilitarsi
seriamente e tornare alla democrazia partecipata e attiva chiedendo,
anzi pretendendo da chi abbiamo delegato con il nostro voto ad
amministrare la cosa pubblica un’inversione di rotta e fare il
primo passo verso l’adozione della strategia rifiuti zero, la quale
non è solo un obiettivo economico e sociale, ma è anche un
obiettivo di civiltà.
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