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giovedì 23 dicembre 2010

Furnari, tra mafia, politica e affari

I voti mafiosi consentirono l’elezione di Salvatore Lopes a danno di Mario Foti, in cambio appalti e favori per gli amici degli amici


"Poiché è del tutto evidente l’assoluta estraneità delle istituzioni comunali ai fatti a cui fanno riferimento i nostri avversari politici e all’assenza di qualunque motivo invalidante idoneo per lo scioglimento del consiglio comunale, perveniamo alla decisione di non intervenire in futuri dibattiti sulla vicenda, rimettendoci solo ed esclusivamente all’operato e alle rispettose decisioni delle istituzioni competenti a cui ci siamo rivolti e continueremo a rivolgerci a salvaguardia e a tutela degli interessi della comunità che abbiamo l’onore di rappresentare onde evitare illazioni gratuite, continue ed insistenti di alcuni che possano danneggiare gravemente l’immagine, l’attività turistica ed economica del nostro paese. Noi proseguiremo serenamente ad amministrare così come abbiamo fatto sino ad oggi consci del fatto di essere stati eletti democraticamente dal popolo. Capisco anche che il mio avversario Foti non abbia metabolizzato bene la sconfitta elettorale e cerchi di discreditare non solo me ma tutto il paese, anticipando sentenze e risultati delle indagini, ma noi siamo altrettanto consci che la nostra comunità è integra e non merita la pubblicità negativa che ha visto il nostro paese all’attenzione della cronaca nera senza alcun motivo certo e provato".

Così il decaduto sindaco di Furnari, Salvatore Lopes, commentava sulle colonne dei quotidiani all’indomani delle rivelazioni emerse dall’Operazione Vivaio.
E invece, purtroppo, i fatti hanno dimostrato che l’isola felice non esisteva. Dico purtroppo perché non si prova nessuna soddisfazione a scrivere di fatti del genere.
Ma il compito di un cronista è quello di dare le notizie. Raccontare i fatti, di questo dobbiamo rendere conto ai lettori.
Ripercorriamo le tappe della vicenda che prese il via nel mese di aprile 2008 quando i Carabinieri e la Magistratura hanno sollevato il coperchio all’immondo pentolone che ribolliva nella tranquilla cittadina tirrenica.

10 aprile 2008, l’operazione Vivaio del 10 aprile condotta dai Carabinieri nelle province di Messina, Catania e Ancona, aveva portato all’esecuzione di 14 ordinanze di custodia cautelare in carcere e una agli arresti domiciliari, emesse dal GIP di Messina, Dott. Alfredo Sicuro, su richiesta della Procura distrettuale antimafia, per associazione mafiosa, estorsione, danneggiamenti, detenzione illegale di armi e altri reati. Altre 29 persone, compresi alcuni amministratori e personaggi delle istituzioni, risultavano indagate a piede libero.
In queste indagini erano contenute rivelazioni relative ad intercettazioni ambientali e telefoniche svolte nei confronti dei principali soggetti coinvolti nell’operazione durante le elezioni amministrative di Furnari. Dalle stesse emergeva in modo inequivocabile e oggettivo come il risultato elettorale era stato determinato da tali presunti interventi esterni e avevano influito sul libero convincimento degli elettori.
In quelle intercettazioni si parlava di dodici voti indirizzati a favore dell’ex sindaco di Furnari, Salvatore Lopes (risultati determinanti per l’elezione visto che lo scarto con l’altro candidato era stato di soli 17 consensi), e di cui gli inquisiti si vantavano telefonicamente.

23 luglio 2008, il senatore Giuseppe Lumia presentava un’interrogazione parlamentare per chiedere, alla luce delle rivelazioni emerse dall’Operazione Vivaio, se, una volta verificata la veridicità di quanto riportato, non ritenga doverosa l'adozione di una procedura di accesso, al fine di poter assumere le eventuali necessarie determinazioni in ordine allo scioglimento dell’amministrazione comunale di Furnari, ai sensi dell’articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000.

13 marzo 2009, si insediava venerdì 13 marzo negli uffici del Comune del piccolo centro tirrenico la Commissione di accesso agli atti amministrativi nominata dal Prefetto, dott. Francesco Alecci, su mandato del Ministro dell'Interno, col compito di accertare possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nell'attività amministrativa dell'ente locale.

13 agosto 2009, dopo 150 giorni di attività ispettiva, i commissari consegnavano al Prefetto di Messina la relazione finale composta da ben 503 pagine.
La Commissione interforze aveva esaminato gli atti amministrativi a decorrere dal maggio del 2002, fino all'agosto 2009.
Sette anni di delibere di Giunta e di Consiglio, determine sindacali e dirigenziali, passati al setaccio per rintracciare elementi condizionanti nel settore dei lavori pubblici con le gare d'appalto, delle concessioni comunali e nell'assegnazione delle aree artigianali, negli incarichi professionali, nella partecipazione a consorzi e nei cottimi fiduciari.
Particolare attenzione sarebbe stata posta sull'assegnazione a ditte edili di fiducia, degli interventi straordinari per quasi 400 mila euro adottati subito dopo l'alluvione dell'11 dicembre 2008 e che – secondo le citate risultanze – sarebbero stati assegnati con procedure d'urgenza a ditte risultate vicine a esponenti della cosca mafiosa dei Mazzarroti.

27 novembre 2009, il Consiglio dei Ministri delibera lo scioglimento degli organi ordinari del Comune di Funari.
Nella relazione sintetica del ministro Maroni che illustrava i motivi dello scioglimento causato dal condizionamento della criminalità organizzata e in particolare della cosca mafiosa dei Mazzarroti e dei Barcellonesi si leggeva che: «Gli accertamenti svolti hanno confermato l'influenza esercitata da esponenti della locale consorteria sulla libera determinazione del voto, in particolare con le pressioni esercitate su un dipendente comunale in grado di dirottare 12 voti a favore del candidato sindaco risultato eletto. La relazione del prefetto di Messina - scriveva il ministro Maroni - ha messo in risalto come i numerosi collegamenti tra appartenenti al gruppo mafioso dei Mazzarroti con amministratori locali abbiano condotto ad un uso distorto della cosa pubblica e ciò grazie anche a una fitta rete di parentele, affinità, amicizie e frequentazioni che lega alcuni amministratori o loro stretti parenti ad esponenti delle locali consorterie criminali o a soggetti ad esse contigui. Gli aspetti di condizionamento emergono - è scritto nella relazione - da continuità tra l'attuale consiglio comunale e le precedenti consiliature da cui risultano radicate anomalie procedurali nonché illegittimità gravi i cui esiti hanno favorito soggetti collegati alla criminalità organizzata». 

5 novembre 2010, nel corso dell’Operazione Torrente, i Carabinieri del R.O.S. (Raggruppamento Operativo Speciale) e del Comando Provinciale di Messina hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Messina, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 8 persone [Leonardo Arcidiacono, Carmelo Bisognano, Tindaro Calabrese, Salvatore Genovese, Sebastiano Geraci, Salvatore Lopes, destinatario di misura cautelare in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, Roberto Munafò e Teresa Truscello, ndr] indagate, a vario titolo, per i reati di associazione mafiosa, intestazione fittizia di valori, e violazione della normativa sulla elezione degli organi delle amministrazioni comunali, aggravati dalle finalità mafiose di cui all'art. 7 Legge 203/ 91.
Le indagini Hanno permesso di documentare le più recenti dinamiche criminali dei c.d. Mazzarroti, tuttora saldamente capeggiati da Carmelo Bisognano che, nel settembre 2008, tornato in libertà, aveva ripreso il proprio ruolo al vertice del sodalizio, nel quale era stato provvisoriamente sostituito dal Calabrese .
Sono stati cosi accertati gli interessi e le infiltrazioni del citato sodalizio mafioso negli appalti pubblici e privati più rilevanti della provincia di Messina, tra cui i lavori di somma urgenza conseguenti all'alluvione che nel dicembre 2008 aveva interessato i comuni di Mazzarrà Sant’Andrea e Furnari.
Il pervasivo condizionamento del tessuto economico locale da parte della compagine mafiosa, risultato anche favorito dallo stretto rapporto collusivo con esponenti delle amministrazioni locali. In particolare, e stato ricostruito il diretto coinvolgimento di Calabrese, Arcidiacono e Geraci nella campagna elettorale a favore di Lopes.
Tra l'altro, una volta divenuto sindaco, il Lopes aveva fatto rilasciare alcune autorizzazioni al commercio in favore di congiunti di alcuni degli indagati, emanando altresì quelle ordinanze di somma urgenza con cui, a seguito della citata alluvione, furono affidati i lavori a soggetti organici o contigui al sodalizio mafioso.
Sul versante associativo, l'indagine ha anche documentato i contrasti tra Vincenza Bisognano, sorella del detenuto Carmelo, e Tindaro Calabrese. Detti contrasti sono risultati riconducibili ad alcune iniziative della donna che non allineatasi alle direttive del reggente del sodalizio, durante il periodo di detenzione del fratello, aveva tentato di gestirne autonomamente le imprese ed il patrimonio.
Al riguardo, una volta riacquistata la libertà, il Bisognano aveva tuttavia riconosciuto la piena legittimità dell'operato del proprio sostituto, riprendendo la direzione del sodalizio e delle connesse iniziative imprenditoriali, nel solco tracciato dal Calabrese, poi arrestato nel febbraio 2009 e tuttora sottoposto al regime detentivo di cui all'art. 41 bis.
Mario Foti, già candidato nelle elezioni amministrative del 13 maggio 2007 ha commentato così la notizia dell’arresto del rivale: «Ad oltre tre anni di distanza dalle elezioni amministrative di Furnari, i riscontri investigativi emersi dall’ Operazione Torrente, costituiscono la ulteriore conferma dello scellerato patto che esponenti della politica locale contrassero, nel maggio 2007, con i vertici di un sodalizio criminale. 
Chiunque svolge attività illecite - continua Foti - o si trova in esse coinvolto è sempre consapevole del rischio che questa scelta di campo comporta ed è quasi sempre coerente con essa.
Ben diverso appare il comportamento di alcuni soggetti politici locali i quali, animati da smodate ambizioni di potere, fingono di non conoscere i patti scellerati accertati e riscontrati dagli investigatori che hanno loro procurato ingiusti vantaggi elettorali, tentando di presentarsi come vittime inconsapevoli di oscure trame a loro danno.
Questo efficace intervento dello Stato – conclude Foti - costituisce la migliore risposta, anche se tardiva e postuma, alla memoria di quanti, al di la delle diverse ideologie, si sono ritrovati a battersi per una società più giusta, su un’ideale comune di legalità».

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