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martedì 15 settembre 2020

Messa in sicurezza della discarica. Perché si spinge per la riapertura degli impianti di contrada Zuppà?

 

La discarica oggi
Sarebbero dovute iniziare già alla fine del 2014 e invece messa in sicurezza e bonifica della discarica sono sprofondate in un profondo buco nero. “Mancano i soldi” dicono da Mazzarrà. E allora…

Dopo mesi di ipotesi e rumors circa una possibile e prossima riapertura dell’immondezzaio di contrada Zuppà ‒ con annessi dibattiti, comunicati e manifestazioni di protesta ‒ un fatto nuovo torna a far accendere i riflettori sulla bomba ecologica di Mazzarrà: la pubblicazione da parte della Srr Messina Provincia di un bando di gara per la concessione,progettazione definitiva ed esecutiva, costruzione e successiva gestione di un polo impiantistico proprio ai piedi della collina della munnizza.

Cosa prevede nel dettaglio l’accordo sottoscritto lo scorso 23 luglio dal sindaco di Mazzarrà, Pietrafitta e dal presidente della Srr, Sidoti?

E che ruolo ha avuto e continuerà ad avere la Tirrenoambiente? 

Nel dicembre 2019 il Comune acquisisce da Tirrenoambiente “la disponibilità dei terreni con gli annessi capannoni ed aree pertinenziali, oltre all’impiantistica esistente, alle aree di manovra e di accesso, attualmente in completo disuso, siti in contrada Zuppà di Mazzarrà Sant'Andrea, al fine di attivare possibili forme di partenariato pubblico finalizzate all’implementazione impiantistica ed alla migliore realizzazione degli obiettivi di tutela ambientale e di completamento, a livello territoriale e comprensoriale, dei cicli di lavorazione delle frazioni umide e residuali dei rifiuti solidi urbani”.

Il successivo 19 giugno 2020 Tirrenoambiente cede al Comune di Mazzarrà il diritto di superficie sugli impianti per una durata di trent’anni a condizione che, entro tre anni, il Comune “avvii iniziative di valorizzazione dei beni aziendali” e attivi con la SRR Messina-Provincia forme di accordo e/o partenariato pubblico-pubblico “intese ad individuare eventuali gestori o partners – attraverso gare aperte e concorrenziali cui affidare il ripristino, la riattivazione e la gestione degli impianti di trattamento dei rifiuti”. 



Gli impianti oggetto dell'accordo

Sono stati trasferiti l’impianto di trattamento percolato con annessa area esterna per trattamento fanghi e le varie vasche di stoccaggio e accumulo del percolato prodotto dai rifiuti, la zona di cogenerazione per il recupero di biogas, l’impianto di selezione R.S.U. e relativa biostabilizzazione e biodigestione, struttura allo stato rustico priva di pavimentazione

ed infissi esterni e altri edifici di servizio.

Manufatti per i quali il Comune dichiara la regolarità urbanistica e il rispetto dei vincoli ambientali.

Non sono stati trasferiti invece la ex discarica e tutti i beni sottoposti a sequestro penale (2014, ndr).e gli uffici di Tirrenoambiente. 

Quindi c’è questo “passaggio” dall’ex gestore della discarica (in liquidazione, dal 2017 affidata dal sindaco Pietrafitta a Sonia Alfano, ndr) con lo “specifico obiettivo” – si legge nelle premesse dell’accordo – dell’attivazione “di ricavi in termini economici occorrenti e necessari per l’esecuzione puntuale di tutte le fasi di gestione post-mortem del complesso dell’ex discarica ubicata all’interno del medesimo sito”.

In parole povere lo scopo è di “fare soldi”, che dovrebbero servire a finanziare la gestione post mortem della discarica chiusa nel 2014. 

Gestione post mortem, ovvero messa in sicurezza e bonifica, che avrebbe dovuto iniziare alla fine del 2014 e che, invece, è sprofondata in un profondo buco nero del quale non si sa se ne vedremo mai la fine.

Gestione post mortem che, lo ricordiamo per l’ennesima volta, sarebbe dovuta spettare a Tirrenoambiente, in quanto gestore della discarica, dalla sua nascita fino alla revoca (per le ragioni già note e di cui ho ampiamente scritto, ndr) delle concessioni da parte della Regione e al sequestro da parte della magistratura nel 2014, che però, da anni, sostiene di non poter adempiere al suo obbligo per mancanza di risorse.

Solo per lo smaltimento del percolato, e qualche altro intervento urgente, ricordiamo come sia dovuta intervenire più volte la Regione siciliana anticipando le somme necessarie che, un giorno, non si sa come, dovranno essere restituite dalla proprietà.

Ecco quindi la soluzione tirata fuori dal cilindro da Pietrafitta: riapriamo gli impianti e con i ricavi finanziamo il post mortem.

E le somme che per legge Tirrenoambiente doveva accantonare per la gestione post operativa?

E le fideiussioni che dovevano garantirle?

Che fine hanno fatto questi denari? 

Nell’aprile del 2018 scrivevo:

In una recente inchiesta di Report l'attuale liquidatore, Sonia Alfano, parlando proprio di smaltimento del percolato e di mancanza di risorse finanziare per farvi fronte ha dichiarato “Oggi non siamo nelle condizioni di poter andare dai soci privati e dire: è uno scempio che si sta finendo di compiere, mettete mano al portafoglio… Non lo possiamo fare, perché il bando di gara, che prevede quindi anche gli obblighi dei soci privati nei confronti della Tirrenoambiente, è scomparso.”

La società, partecipata da importanti soci privati del calibro di Gesenu e A2A, da anni dice di non avere le risorse finanziare – nonostante per anni abbia accumulato ingenti risorse che non si sa bene dove siano finite, anche se ci sono diverse indagini e processi che vedono alla sbarra gli ex amministratori, i piemontesi Pino Innocenti e Giuseppe Antonioli, accusati, tra l'altro, di reati gravi come la corruzione e l'abuso d'ufficio – il comune mazzarrese è dal canto suo in dissesto finanziario.

“Sono stati arrestati proprio – ha dichiarato la Alfano all'inviata di Report - per la gestione criminale della Tirrenoambiente. Stipendi pagati in contanti, promozioni fatte così, telefonicamente, si alzava il telefono… Era un bancomat questa società, un bancomat illimitato h24 per 365 giorni all’anno. Lei pensi che ad oggi la finanza ci ha detto che non sono riusciti a trovare i soldi eh, la finanza, ad oggi, continua a non trovare i soldi.” 

Confidiamo che, un giorno, GdF e magistratura rintraccino il malloppo e ingabbino i malfattori.

Intanto, e qui ritorniamo all’accordo in oggetto, i piccioli fagliano e quindi bisognerebbe, secondo l’amministrazione comunale mazzarrese, far ripartire il business dei rifiuti. 

Torniamo dunque all’accordo, dove si legge che “il Comune di Mazzarrà Sant’Andrea ha inteso fin da subito concedere alla S.R.R. Messina Provincia Scpa la disponibilità delle aree predette immettendola nei propri diritti onde consentirle l’immediato avvio delle procedure di evidenza pubblica”, previste dalla legge, “finalizzate alla ricerca di un gestore del servizio” dotato dei necessari requisiti.

Prima di tornare ai dettagli di questo accordo è necessario capire il perché entra in gioco questa Srr.

La legge regionale 9/2010 (emanata sotto la presidenza Lombardo, ndr) attribuisce alle Società di regolamentazione dei rifiuti (che hanno sostituito le famigerate Ato, ndr) il compito di individuare i gestori del servizio integrato dei rifiuti e la “SRR Messina Provincia Scpa costituisce di fatto l’unico soggetto istituzionale direttamente competente per l’interlocuzione operativa ai fini della possibile valorizzazione ed utilizzo delle strutture esistenti a Mazzarrà Sant’Andrea nell’ex sito della discarica di rr.ss.uu. di Contrada Zuppà, attualmente inutilizzati” e deve verificare “l’accertamento della realizzazione degli investimenti e dell’utilizzo dell’impiantistica indicata nel contratto e nel piano d’ambito, eventualmente intervenendo in caso di qualsiasi evento che ne impedisca l’utilizzo” come riporta l’accordo.

Ci sarebbe quindi una coincidenza tra la “realizzazione dell’oggetto sociale di SRR Messina-Provincia scpa” e “l’interesse specifico del Comune di Mazzarrà Sant’Andrea a risolvere definitivamente la problematica ambientale incombente sul proprio territorio comunale e connessa alla presenza di una discarica dismessa di rilevanti dimensioni per la quale, in atto, non sussistono le risorse necessarie ad affrontare le varie fasi del cosiddetto post mortem”. 

Da qui la stipula dell’accordo e del conseguente bando di gara le cui procedure “dovranno essere tali da garantire meccanismi di concorrenzialità competitiva tra operatori commerciali al fine della concretizzazione del più ampio margine di valorizzazione possibile in favore della Tirrenoambiente SpA alla quale dovrà essere riconosciuto un adeguato corrispettivo economico per l’utilizzo dei fattori produttivi la cui quantificazione dovrà risultare almeno pari o superiore a quanto stabilito nel precedente atto di accordi intercorso con il Comune di Mazzarrà Sant’Andrea e sottoscritto in data 18 dicembre 2019, ben noto alla stessa SRR, ai limiti massimi delle condizioni di mercato al momento dell’affidamento dell’eventuale concessione di servizio”. 

Quindi “adeguati indennizzi” per Tirrenoambiente ma anche per il Comune di Mazzarrà al quale “dovrà essere riservato un contributo economico in misura tendente almeno pari o superiore a quello già stabilito, per analoga fattispecie, dall’Ordinanza del Commissario Delegato per l’Emergenza Rifiuti in Sicilia n° 1662 del 20/12/2004. Contributo economico finalizzato prioritariamente al ristoro del disagio indotto nel territorio dalla presenza dell’impianto”.

10 euro a tonnellata l’entità del contributo che dovrà essere versato al Comune. 

L’accordo inoltre si propone di salvaguardare i livelli occupazionali attuali e, “l’eventuale ripresa in termini di valorizzazione dei fattori produttivi ivi esistenti” dovrà costituire leva per il reintegro dei lavoratori licenziati da Tirrenoambiente e l’assunzione di nuovi. 

Ecco quindi le “motivazioni” per la riapertura: soldi per Tirrenoambiente, soldi per il Comune, soldi per il post mortem, soldi per l’occupazione.

Ed ecco ripresentarsi nuovamente il dilemma dei tempi moderni.

Tra salvaguardia dell'ambiente e lo sviluppo economico cosa scegliamo?

Sarebbe facile rispondere: tutti e due.

Ma in questo caso, dopo tutto quello che si è scoperto (e che nel mio piccolo ho cercato di raccontare, ndr) all’ombra di quella maledetta collina in questi ultimi decenni, la risposta non può che essere una ed una sola.

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