La Sicilia incapace di gestire
l’emergenza rifiuti, senza adeguate soluzioni presto potrebbe
essere il caos. Niente proroga fino al 31 dicembre per gli Ato
rifiuti e quindi il14 luglio, per i carrozzoni che tanto danno hanno
fatto dovrebbe scriversi la parola fine. Il presidente della Regione
Rosario Crocetta, sperava tanto nell'ennesima proroga fino a fine
anno, ma dal ministero dell'Ambiente arrivano cattive notizie che
potrebbero trascinare l'intera isola nell'emergenza proprio nel bel
mezzo dell'estate.
Ma non si tratterebbe di un’emergenza
dovuta a cause fortuite e imprevedibili, ma il frutto marcio di una
gestione (o meglio di una non gestione) dei rifiuti “inestricabile”
che nel corso degli ultimi due decenni si è trasformata in un pozzo
senza fondo che ha prodotto disservizi e divorato risorse economiche.
Un grande buco nero che ha inghiottito soldi pubblici senza soluzione
di continuità dal governo Cuffaro al governo Crocetta, passando per
quello Lombardo, costituendo «una posta occulta» da 1,8 miliardi di
euro nei bilanci di Comuni e Regione.
Il professor Aurelio Angelini, docente
di sociologia dell’ambiente e del territorio all’Università
degli Studi di Palermo l’ha definita “una matassa arruffata”
messa in piedi da “politici e dirigenti incapaci e corrotti”,
illustrandone dieci “criticità e inghippi”.
A partire dal fatto che «la Sicilia è
l'unica regione che non dispone di un Piano “Ordinario” dei
rifiuti», previsto dall’art. 199 del d.Lgs 192/2006 e dall’art.9
della legge reg. 9/2010, «strumento principe per la programmazione e
la gestione del "ciclo della valorizzazione industriale dei
rifiuti",e per tale inadempienza non potremo utilizzare i fondi
europei perché non disponiamo di questo strumento».
Quello pubblicato sul sito web del
dipartimento Regionale dei Rifiuti, il "Piano di gestione di
rifiuti urbani" di “rango amministrativo emergenziale” e
relativo ai soli urbani, senza Piano delle Bonifiche, piano dei
rifiuti speciali e speciali pericolosi, secondo il docente
palermitano «non è stato mai emanato dal Commissario delegato e non
è mai stato pubblicato in GURS, procedure queste indispensabili per
poter sostituire nell’emanazione del Piano, un organo
costituzionale come la regione e rendere pubblica, e quindi, anche
impugnabile la vigenza di questo strumento».
Non avrebbero i requisiti stabiliti
dalla legge regionale 3/2013 neanche i «duecento “Piani di
Raccolta Comunali” presentati e approvati dal dipartimento dei
rifiuti. «La stragrande maggioranza delle 18 SRR, non hanno emanato
il Piano di gestione d’ambito, al quale dovevano attenersi gli ARO,
per la redazione dei "Piani di Raccolta" per una gestione
unitaria e integrata (l’ARO è un’istituzione giuridica non
prevista dalla legge e introdotta surrettiziamente
amministrativamente). Difatti la legge regionale 3/2013 dispone che i
Comuni possono provvedere ai soli “Piani di Raccolta” che devono
essere coerenti con il Piano d’ambito della SSR e redatti in base
agli obiettivi di legge della raccolta differenziata, ed inoltre,
stabilisce che per essere approvati dalla regione, i “Piani di
Raccolta”, devono essere “allineati” al Piano d’ambito delle
SRR e che tali piani, non devono comportare nuovi oneri. Ebbene –
continua Angelini – nessun piano economico è stato presentato
correttamente, in quanto non vengono indicati tutti i costi reali che
i comuni dovranno sostenere per la gestione dei rifiuti: a) oneri per
il Piano di Raccolta; b) oneri pro-quota dei Comuni per la
partecipazione obbligatoria alle SRR; c) oneri pro-quota del debito
delle Società d’ambito in liquidazione di cui i comuni sono soci.
Queste tre voci concorrono a stabilire il costo complessivo su cui il
Comune dovrà stabilire la TARSU/TIA/TARI».
Con un sistema «bloccato – da due
decenni – per la realizzazione degli impianti pubblici necessari
alla gestione dei rifiuti e le richieste di autorizzazione dei
privati», e un sistema autorizzatorio che non risponde, «con le
sole eccezioni raccontate dalla cronaca giudiziaria», il 90% circa
dei rifiuti finisce in discarica, «per lo più non conformi alla
legge» e «autorizzate, attraverso discutibili ordinanze
emergenziali, ad "abbancare" fuori "colmatura" e
nonostante ciò, per la mancata programmazione e realizzazione
dell'impiantistica, tra pochi mesi il caos riguarderà tutta la
Sicilia».
Impietosa l’analisi di Angelini sullo
sperpero di risorse pubbliche stanziate per bonifiche,
commissariamenti e sulla fallimentare gestione degli Ato «almeno 200
milioni di euro sono stati spesi per le bonifiche delle discariche
abbandonate che incombono sui corpi idrici dell’Isola (circa 1000
discariche) e nessuna di queste è stata mai bonificata, ma nel
contempo un comitato d’affari si è spartito incarichi e
consulenze.
Più di un miliardo di euro sono stati
sprecati dai regimi commissariali: rifiuti, acque e dissesto
idrogeologico, i vari responsabili hanno fatto sfolgoranti carriere e
acquisito pensioni d’oro, ma i risultati sono: il dissesto del
territorio si è accentuato, i rifiuti ci sommergono e siamo in
procedura d’infrazione per la mancata depurazione delle acque».
«La situazione debitoria delle Società
d’ambito, in cui operano dodicimila dipendenti il doppio di quelli
necessari, a giugno 2015 ha raggiunto 1,3 miliardi di euro. I Comuni
dovranno assumere attraverso gli ARO il doppio del personale
necessario, ripianare la situazione debitoria pro-quota, oltre a
contribuire ai servizi delle SRR e ai costi dei Piani di Raccolta
(nella migliore delle ipotesi i costi per i cittadini contribuenti
verranno raddoppiati)».
Con un’evasione al 52% «chi paga si
fa carico due volte – conclude Angelini – in quanto gli evasori
gravano sul bilancio del Comune e sulla fiscalità generale», senza
dimenticare che, a partire da quest’anno, il Dl 78/2015, in vigore
dal 20 giugno 2015 ha stabilito che tra le componenti di costo della
tassa sui rifiuti vanno «considerati anche i mancati ricavi della
tassa sui rifiuti, relativi a crediti risultati inesigibili con
riferimento ai precedenti “regimi”».
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