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domenica 8 febbraio 2015

Css all’Edipower? Le associazioni ambientaliste fanno le barricate perché il rischio per il territorio è altissimo

La centrale elettrica Edipower di San Filippo del Mela (Me), sta per chiudere due delle sei linee ad olio combustibile e ha ventilato la possibilità di aprire una linea a Css, ovvero un combustibile derivato dai rifiuti, (il progetto di riconversione – asseritamente – permetterebbe di garantire un nuovo futuro produttivo all'impianto, ma fino ad ora non si sa se la sperimentazione sull’impiego del nuovo carburante abbia avuto successo, né se qualche ente ha mai potuto verificarne il funzionamento e – soprattutto – la sostenibilità).
Edipower è controllata dalla multinazionale dell’energia A2A, un colosso con bilanci superiori al PIL della Sicilia che è fra i soci privati di Tirrenoambiente (proprietaria di una delle più grandi discariche della Sicilia) con il 3%. Ora cosa se ne fa A2A del 3% di una società che potrebbe interamente rilevare con una frazione infinitesima del suo bilancio?
Per cercare di capiri qualcosa bisogna fare un passo indietro:
La direttiva europea discariche 1999/31, venne recepita in Italia col decreto 36/2003. Tale direttiva prevede che non si possa sversare niente in discarica che non sia stato prima pretrattato allo scopo di evitare o quanto meno ridurre la produzione del percolato.
A tale decreto è seguita una serie interminabile di deroghe, finché l’UE ha detto basta e ha minacciato sanzioni economiche severissime. Il 6 agosto 2013 il ministro dell’Ambiente ha emanato una circolare che proibisce definitivamente lo sversamento del “tal quale” senza pretrattamento.
Il pretrattamento è il trattamento meccanico biologico (TMB) e consiste in una triturazione del tal quale che viene successivamente avviato alla “vagliatura”, che separa la parte umida (o sottovaglio), che viene poi avviata alle linee di biostabilizzazione aerobica, dalla parte solida (sopravaglio o secco indifferenziato).
Con il sopravaglio si può produrre un combustibile a basso potere calorifico, oggi chiamato Css, dopo un decreto dell’allora ministro Clini, che ne individuava ben 12 tipi, a seconda della composizione, dei quali alcuni trasportabili e persino commerciabili.
Il Css esiste solo in Italia e solo qui non ci sono restrizioni al suo uso. Il Css fa molta gola ai cementifici, che potrebbero usarlo al posto del carbone, e persino alle centrali elettriche, in quanto costerebbe molto meno che il normale combustibile da idrocarburi.
Il nodo cruciale sta proprio qui: gli interessi delle lobby del cemento, dell’energia e dei rifiuti, che incontrano il Css senza intercettare gli interessi della comunità. A un basso costo industriale si rileva un alto costo umano.
A dare i numeri sui danni effettivi che l’utilizzo del Css come combustibile produce sull'intero pianeta c'è Agostino Di Ciaula (Isde – associazione dei medici per l’ambiente): «Evidenze scientifiche dimostrano che anche concentrazioni di alcuni inquinanti (PM10, NOx) inferiori ai limiti di legge possono causare conseguenze sanitarie rilevanti sui residenti. I microinquinanti sono persistenti (emessi nell'ambiente vi rimangono), trasmissibili (nelle catene alimentari) e cumulabili (la loro concentrazione aumenta progressivamente). Per le diossine, ad esempio, pur rispettando il limite di legge (riferito ad ogni m3 di emissioni), sorgono timori legati alla loro quantità totale, secondaria all'elevato volume di fumi emessi (circa 500.000 m3 di fumi all'ora). Simili concentrazioni di diossine, inoltre, hanno pericolosità notevolmente maggiore per i bambini e per le donne in gravidanza rispetto a soggetti adulti. Un recente articolo scientifico ha inoltre dimostrato valori elevati di idrocarburi policiclici aromatici nei residenti in prossimità di un cementificio. Rispetto agli inceneritori "classici", tuttavia, le differenze maggiori riguardano l'emissione di metalli pesanti».
A corroborare le tesi di Di Ciaula, anche Paul Connet (ideatore della Strategia Rifiuti Zero), il quale insiste sulle polveri sottili e i danni causati alla nostra salute: «A ogni quattro tonnellate di spazzatura bruciata corrisponde una tonnellata di polveri sottili che si reinseriscono nel circolo della combustione per la produzione di cemento, mentre le parti volatili si depositano nei pascoli, nei campi, nel corpo degli esseri umani e non c'è più modo di smaltirli. Pensate che in un giorno, una mucca-cibandosi-può introdurre una quantità di diossina pari a quella respirata dall'uomo in 14 anni di vita; e noi quel latte e quei latticini li consumiamo! La diossina affetta sei sistemi fisiologici del corpo umano, con gravi danni alla tiroide e a un eventuale feto in grembo. In America, per esempio, è stato raccomandato alle giovani donne incinte di evitare il consumo di carne animale. In Germania e in Belgio il controllo dei filtri di combustione è continuo e dovrebbe esserlo per per qualsiasi inceneritore perché un controllo mancato fa perdere dati importanti».
Come suggerisce Rossano Ercolini (Goldman environmental prize 2013, ovvero il nobel dell’ambiente), la somma di piccole pratiche personali possono sopperire al colosso suicida delle grandi imprese: «il locale deve agganciarsi al globale, noi non abbiamo i soldi che hanno loro, ma abbiamo la capacità di aggregazione che può essere molto più forte. C'è un problema di empowering e noi non possiamo boicottare i poteri forti, ma possiamo sottrarci al loro esercizio» e basta solo volerlo. Basta non acquistare grandi imballaggi, fare attenzione alla riciclabilità delle confezioni acquistate, prediligere l'acqua delle fontane pubbliche a quella nelle bottiglie di plastica, fare compostaggio, una buona selezione domestica dei rifiuti e il loro giusto conferimento. Basta poco per fare tanto, per dire basta alla pochezza di senso di responsabilità generazionale e ambientale. Non bruciamo adesso per non bruciarci il futuro. Il problema va affrontato a monte e non a valle, partiamo da noi.
Rifiuti Zero non dev'essere né uno slogan, né un'ideologia, né una strategia, perché diminuire lo scarto è un dovere civico, una missione che ingaggia il singolo in un'esigenza mondiale.

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