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lunedì 20 ottobre 2014

I veleni di Abakainon (il disastro ambientale della discarica di Tripi)

Il sostituto procuratore Mirko Piloni della Procura di Barcellona Pozzo di Gotto ha chiesto il rinvio a giudizio per venti persone per il disastro ambientale della discarica di Tripi.
La storia assume contorni precisi agli inizi degli anni 2000 quando i “problemi” dei rifiuti di Messina non erano stati risolti dall’utilizzo del sito di Mazzarrà sant'Andrea (prima degli ampliamenti del 2007 e del 2009), rivelatosi insufficiente per le esigenze di una città di 260mila abitanti e praticamente impossibile da raggiungere nei giorni di maltempo. Di conseguenza vennero avviati i lavori per la creazione di una seconda discarica sub-comprensoriale a Tripi.
Il trasferimento dei rifiuti messinesi nel paesino dei Nebrodi culla dell’antica Abakainon iniziò nel maggio del 2002 con la sottoscrizione di un protocollo d’intesa tra il comune montano e Messinambiente che si sarebbe occupata della gestione della discarica e del successivo risanamento ambientale post mortem, poi trasferita alla Tirrenoambiente.
Contrada Formaggiara tuttavia si esaurì rapidamente, oltre a Messina infatti venne utilizzata da altri comuni della provincia, e chiuse i battenti nell’ottobre del 2003 lasciandosi alle spalle una pesante eredità.
Nel 2012, a distanza di dieci anni dalla sua chiusura, un’indagine della Procura di Barcellona P.G. ha accertato che la realizzazione della discarica di contrada Formaggiara avvenne violando la normativa ambientale del 1984. Coinvolti amministratori pubblici – Giuseppe Aveni e Giuseppe Carmelo Sottile attuale ed ex sindaco di Tripi –, tecnici, geologi, funzionari comunali, imprenditori del settore, tra cui ritorna – ancora una volta – il nome del “barone” Michele Rotella, esecutore materiale delle opere grazie alla “sponsorizzazione” del boss Bisognano.
L’inchiesta ruota essenzialmente intorno a due ipotesi di reato: a imprenditori e gestori del settore smaltimento quella di aver realizzato il secondo modulo della discarica in maniera irregolare, in un sito non a norma, provocando così il disastro ambientale della discarica, praticamente collassata.
Disastro ambientale, fin dal 2003, l'accusa più grave mossa dagli inquirenti. Non fu scelta l'area adatta (realizzata ad altezza superiore a 600 metri sul livello del mare), non si tenne in conto né la falda presente né l'azione dei forti venti della zona, e non fu previsto un sistema di impermeabilizzazione della vasca di raccolta del percolato che − affiorato dal fondo dell’invaso − durante l'esecuzione dei lavori di “messa in sicurezza” veniva invece convogliato in un pozzetto di raccolta delle acque piovane che andavano a finire direttamente nellʼalveo del vicino torrente Tallarita.
Ai dirigenti e tecnici pubblici viene invece contestata l'omissione di atti d'ufficio, per non aver controllato che i lavori fossero stati realizzati a dovere.

Il gup Sara D'Addea deciderá all'inizio del prossimo dicembre.

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