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domenica 28 aprile 2013

L’emergenza rifiuti, l’incubo Tares e la miopia della politica

Palermo, Caltanissetta, Messina. Sono solo le ultime, in ordine di tempo, "emergenze" rifiuti che da più di dieci anni tormentano l'Isola del Sole in un Mare di Luce.
Quotidianamente i telegiornali, anche nazionali, ci riversano addosso immagini di chilometri e chilometri di munnizza accatastata per le strade, interviste di persone che lamentano i disagi per i miasmi, ecc., di amministratori che invocano addirittura lo stato di calamità nazionale, come se la smisurata produzione di rifiuti degli isolani sia paragonabile ad un terremoto o ad un alluvione.
Non scherziamo. La disastrosa situazione in cui ci troviamo non è frutto di eventi imprevedibili e incontrollabili dall'uomo, anzi è proprio l'opposto. È proprio colpa nostra!
Siamo noi con il nostro ormai non più sostenibile modello di sviluppo e consumo a produrre troppi rifiuti e troppo velocemente per la capacità finanziaria e gestionale degli enti locali.
È stata la miopia dimostrata dalla politica, a tutti i livelli, che ha generato lo stato attuale di emergenza finanziaria degli enti.
La provincia di Messina produce circa 350.000 tonnellate/anno di RSU. Il costo medio di conferimento in discarica è €100 a tonnellata + €30 per il trasporto + i costi di gestione. Si tratta dunque di decine di milioni di euro l’anno a Messina. Sembrerebbe dunque ovvio che per affrontare l’emergenza finanziaria i principali e più urgenti provvedimenti dovrebbero essere tesi ad una riduzione dei quantitativi che vengono conferiti in discarica.
In verità il Decreto Legislativo n. 205 del 3/12/2010, che ha recepito la Direttiva Europea 2008/98/CE “La società del Riciclaggio”, stabilisce che prima del conferimento in discarica si debbano attuare in ordine di priorità a) la prevenzione dei rifiuti; b) il riuso ed il recupero dei materiali post-consumo; c) il riciclo; d) l’eventuale recupero energetico e in ultimo, per quel poco che resta, e) lo smaltimento. Tutti gli enti locali che non operano secondo questa gerarchia sono dunque fuorilegge ed esposti sanzioni europee, con ulteriore aggravio dei costi per i contribuenti.
Da tempo la rete nazionale Rete Rifiuti Zero sostiene che la sola raccolta differenziata, da parte dei cittadini virtuosi che con poca fatica separano in casa l’umido dal secco, non è sufficiente ma che la gestione dei rifiuti deve essere tesa al massimo recupero possibile dei materiali post-consumo, tramite i 10 passi della Strategia Rifiuti Zero ideata dal professor Paul Connett e che sta dimostrando la sua utilità e fattibilità in tante realtà internazionali e non. Anche qui in Sicilia grazie a quelle rarissime eccezioni rappresentate da quelle amministrazioni locali che hanno deciso di operare una cesura netta con il passato. Raccogliendo separatamente l’umido (il 30%) e gli imballaggi (40%) in poche settimane si potrebbe ridurre del 70% la quantità di rifiuti indifferenziati da conferire in discarica, con un risparmio di circa €90 su €130 a tonnellata. Questo risparmio fa superare la principale obiezione di chi sostiene che la raccolta porta a porta farebbe aumentare i costi. Anzi con esso si potrebbe finanziare la raccolta domiciliare, il compostaggio domestico e la creazione di piccoli centri di compostaggio. Il secco potrebbe essere reimmesso nei cicli produttivi tramite i consorzi obbligatori. Per non parlare del fatto che i materiali recuperati hanno un valore economico e potrebbero creare posti di lavoro. Sembrerebbe l’uovo di Colombo e visto che la raccolta differenziata in Sicilia è ferma a pochi punti percentuali, bisognerebbe chiedersi quali interessi economici la riduzione dei rifiuti lede.
Intanto l’emergenza finanziaria sarà ulteriormente aggravata dall'entrata in vigore, ancora non si sa quando, ma è solo questione di pochi mesi, della Tares, la nuova imposta comunale che accorpa in sé tutta una serie di servizi (strade, illuminazione pubblica) tra i quali la gestione del servizio di igiene urbana. Un’imposta che per come è stata, malamente, concepita porterà al raddoppio dell’imposizione e, conseguentemente, all’evasione. Essendo basata sulla metratura degli immobili invece che sulla produzione effettiva dei rifiuti, non incentiverà il cittadino a tenere separati in casa i rifiuti e meno che mai a servirsi delle isole ecologiche per il secco o gli oli esausti e quant’altro, visto che pagherà quanto chi, meno responsabilmente, produce montagne di spazzatura. Una soluzione insostenibile che non incentiva la riduzione dei rifiuti e quindi non risolverà l’emergenza oltre ad essere in contraddizione con le normative europee.

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