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domenica 9 settembre 2012

L’inchiesta di Antonio Mazzeo sulle presunte infiltrazioni mafiose a Falcone. Filiti replica alle "accuse" di Cirella



Horacio Verbitsky sosteneva che il giornalista deve“diffondere ciò che qualcuno non vuole si sappia”. Il suo compito è “additare ciò che è nascosto, dare testimonianza e, pertanto, essere molesto”.
Ciò che conta nel giornalismo sono i fatti, c’è chi li nasconde perché altrimenti poi la gente capisce tutto e chi li racconta proprio perché la gente capisca tutto.
Fatti dunque, l’inchiesta dei Siciliani giovani ne indica parecchi, degli stessi il sindaco Cirella ne dà una diversa interpretazione in quella sua “lettera aperta” accusando il suo avversario Marco Filiti di essere “voglioso di agguantare il potere per altre, impraticabili, vie”.”
 
Chiamato in causa quale “fonte inattendibile”, abbiamo chiesto a Marco Filiti di raccontarci la sua versione.

Un suo giudizio sulla decisione della giunta del Comune di Falcone di querelare Antonio Mazzeo per l'articolo pubblicato su I Siciliani giovani?

Il gesto della querela - in assoluta coerenza con tutta una serie di atteggiamenti che l'amministrazione ed, in particolare, il sindaco hanno posto in essere ormai da diversi anni – è intanto intimidatorio, perché – si noterà bene – Cirella nemmeno si assume la responsabilità di sporgere personalmente querela nei confronti di Antonio Mazzeo, ma – cosa ancora più grave – lo fa con i soldi dei cittadini falconesi e questo la dice lunga – secondo me – sulla qualità, anche politica, di certi personaggi del nostro comune.
Da cittadino non mi sono sentito assolutamente denigrato né ritengo che l'immagine del paese sia stata lesa dal suo articolo.
Ritengo invece che il vero danno all'immagine l'abbiano fatto i nostri amministratori, ed in particolare il nostro sindaco, nel momento in cui si sono assunti la responsabilità di cercare – in maniera maldestra – di intimidire chi cerca semplicemente di informare, di fare luce su vicende che – posso assicurare – ormai sono patrimonio dell'intera collettività falconese.
Il vero problema politico è che il nostro sindaco con il suo gesto ha finito con il ridicolizzare se stesso e – ed è questo che fa male a chi ama questo paese – di riflesso l'intera comunità falconese davanti a tutta l'Italia. Per rendersene conto è sufficiente andarsi a leggere i tantissimi commenti pubblicati in rete. Paragonano questo sindaco ai politici degli anni '60 che negavano l'esistenza della mafia.

E la gente come ha reagito all'articolo e, in seguito, alla querela?

La reazione alla querela è stata molto evidente. È l'episodio che comincia a dare la dimensione della gravità di certi problemi. C'è stata una forma di presa di distanza rispetto a quello che è chiaramente un autogol da parte del sindaco.
Detto questo, è chiaro che la nostra è una comunità – e l'articolo lo evidenzia – che purtroppo vive in uno stato di paura. Se da parte delle istituzioni non c'è un'attività di supporto a quella che è l'esigenza di fare luce su certi fenomeni, non ci si può aspettare che un padre di famiglia si rechi spontaneamente dai carabinieri a denunciare che il sindaco si è presentato in casa sua  a cercare il voto in compagnia di certi personaggi.

Continua...

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