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giovedì 24 maggio 2012

L'isola che non c'è...


Il cartello con i finanziamenti POR
 L’iniziativa di scrivere e successivamente pubblicare – grazie alla disponibilità dell’editore Nicola Calabria - il libro La collina della munnizza, oltre a rispondere ad un’esigenza – da più parti prospettata – di raccontare e cercare di dare un’organica sistematizzazione alla pluridecennale storia della discarica di Mazzarrà Sant’Andrea si proponeva e tuttora si propone anche e soprattutto il fine di mettere davanti alle loro responsabilità le amministrazioni – di ogni colore - evidenziandone l’incapacità dimostrata finora nella soluzione del problema dello smaltimento dei rifiuti.
Il problema di Furnari – ma anche di Terme e Falcone, per citare solo quei centri che per la loro posizione geografica maggiormente risentono della presenza dell’invaso di contrada Zuppà – non è solo una discarica che andrebbe chiusa, ma anche un’errata concezione del rifiuto.
Esperienze internazionali – vedi San Francisco negli Usa -, ma presenti ormai anche in tanti comuni italiani – Capannori in provincia di Lucca o Castelbuono e Alcamo per restare in Sicilia – dimostrano che una gestione virtuosa dei rifiuti è possibile.
Raphael Rossi[1] ha dimostrato con i fatti che la raccolta differenziata in Italia è possibile e che l’unico vero problema è la volontà politica.
Infatti, ogni qualvolta ho occasione di parlare della questione raccolta differenziata con gli amministratori locali li sento cantare sempre la stessa canzone: «la differenziata costa», «non c’è la filiera», «non ci sono le isole ecologiche», ecc.
Affermazioni – queste - che dimostrano quanto in realtà certi amministratori siano poco informati se non addirittura incompetenti in materia, tutte facilmente confutabili con esempi concreti e dati alla mano – infatti è già in fase di stesura un libretto di controinformazione sull’argomento.
Ma oggi partiamo proprio dall’ultima di quelle risposte che troppe volte e da troppe persone mi sono sentito dare: «non ci sono le isole ecologiche».
Secondo quanto riportato dalle linee guida d’intervento della revisione del piano rifiuti della Regione «una corretta Gestione integrata dei rifiuti, laddove il ruolo della R.D. resti cruciale, non può prescindere da una rete impiantistica omogeneamente distribuita nel territorio, definibile di “1° livello” .
In tal senso già il d.lgs 22/97 il c.d. “Decreto Ronchi”, rimarcava la strategica importanza di una siffatta impiantistica in un contesto di gestione integrata dei rifiuti sicuramente per un duplice scopo:
a) il conseguimento in tempi rapidi delle percentuali di R.D. prefigurate dalla legge;
b) l’ottimizzazione economica delle raccolte;
dal che l’istituzione delle c.d. “Isole ecologiche” e dei “Centri Comunali di Raccolta”, strutture deputate nel territorio ad essere il sito a servizio delle comunità locali, sia per l’implementazione delle raccolte in direzione del conferimento diretto del rifiuto differenziato da parte dei cittadini, sia anche quale luogo deputato all’ottimizzazione della logistica della gestione dei rifiuti nell’Ambito territoriale di riferimento.
Pertanto in ragione di quanto sopra, in attuazione del Piano Regionale dei Rifiuti del 2002, […] il Commissario Delegato ex OPCM n. 2983/1999, utilizzando i fondi di cui al P.O.R. 2000/2006, Misura 1.14./11.2.4, […] dava corso alla realizzazione nel territorio della Regione Siciliana a n. 79 Centri Comunali di raccolta e a n. 239 Isole ecologiche tutti debitamente collaudati.»
Quindi, almeno sulla carta, le isole ci sono e sono state pure lautamente finanziate con soldi pubblici.
A Furnari, l’isola ecologica realizzata nell’area - estesa per oltre 3.500 metri quadrati - situata in Contrada San Filippo adiacente alla via Vecchia Russo, era stata messa inizialmente - 26 febbraio 2008 - a disposizione dell’Ato Me 2 e della Gesenu (la spa, azionista di Tirrenoambiente e quindi della discarica, che si occupava del servizio di raccolta rifiuti per conto dell’Ato Me 2) per l’espletamento del servizio di raccolta differenziata, non è mai entrata in funzione perché, secondo quanto dichiarato nel giugno del 2008 - in un’intervista a me rilasciata per Il Gazzettino del Tirreno - il dott. Mario Messeri - l’allora responsabile in loco della società perugina - sprovvista dei necessari collaudi e delle relative autorizzazioni, con la conseguenza che la raccolta differenziata non potè decollare nonostante i cittadini utilizzassero attivamente i relativi cassonetti il cui contenuto comunque finiva in discarica.
L'isola trasformata in discarica di rifiuti pericolosi
Nel luglio del 2009 i carabinieri arrivarono a sequestrare l’area perché avevano accertato che – anziché servire per lo stoccaggio provvisorio dei rifiuti destinati al riciclo - fino al novembre del 2008 vi erano stati invece riversati rifiuti speciali e pericolosi, come amianto, accumulatori di auto, batterie elettriche e frigoriferi con all’interno i gas tossici pericolosi per l’atmosfera e la salute umana.
Per questa vicenda l’ex presidente dell’Ato Me 2, Andrea Paratore, assieme al tecnico responsabile pro tempore della stessa Ato, Antonino Livoti erano stati accusati di aver trasformato l’isola in mega discarica di rifiuti speciali e pericolosi. Reato da cui sono stati poi assolti lo scorso dicembre.
La stessa Ato, già all’epoca del sequestro, per l’isola ecologica di Furnari aveva approvato un progetto con relativa richiesta di finanziamento avanzata all’Agenzia regionale per i rifiuti per il potenziamento del sito e per la sua trasformazione da semplice isola ecologica a mini Centro comunale di raccolta per rifiuti destinati ai processi di riciclaggio, vetro, carta, plastica, alluminio e deposito di rifiuti ingombranti.
L’area, nel frattempo bonificata, il 15 settembre dello scorso anno è stata affidata – con delibera della commissione straordinaria n. 175 - in comodato gratuito all’Ato Me 2.
L'isola trasformata in autoparco per una ditta privata
Tuttavia, nonostante che al punto n. 2 del contratto di comodato sia specificato che l’immobile è «destinato a centro di stoccaggio di materiali provenienti dalla raccolta differenziata di rifiuti solidi urbani (isola ecologica)» e che il punto n. 6 reciti che «salvo il consenso scritto da parte del Comodante (Comune di Furnari), è fatto espresso divieto al comodatario (Ato Me 2) di cedere a terzi, a qualsiasi titolo, il godimento dell’immobile, eccezion fatta per gli usi cui è destinato e per i servizi che le ditte affidatarie espleteranno per conto dell’Ato Me 2 S.p.A. È inoltre vietato al comodatario, o a chi ne fa uso per suo conto, di servirsi dell’immobile per un uso diverso da quello per il quale è stato realizzato;» ad oggi – come dimostrano le foto – l’area in questione viene utilizzata dalla ditta aggiudicatrice dell’appalto per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti per conto dell’Ato - la Dusty di Catania – come autoparco e deposito materiali, tra cui numerosi cassonetti per la raccolta differenziata che, anziché essere collocati in paese e destinati alla loro funzione se ne stanno a prendere la polvere in contrada San Filippo.
Salvo che non siano mutate le condizioni contrattuali e la destinazione d’uso di cui sopra - e, oltre al fatto che non se ne spiegherebbe la logica, dalla documentazione in mio possesso non risulterebbe il contrario – ancora una volta l’immobile è stato destinato ad un uso diverso da quello per il quale è stato finanziato, ricordiamolo, con i Fondi Por stanziati per la raccolta differenziata.
Considerata quindi l’evidente violazione degli accordi da parte del comodatario, il comodante avrebbe tutto il diritto e, aggiungerei, il dovere di chiedere l’immediata restituzione dell’immobile, così come previsto dall’art. 1804 del codice civile, destinarlo allo scopo per cui è nato e fare il primo passo verso l’adozione della strategia rifiuti zero, la quale non è solo un obiettivo economico, sociale, ma è anche un obiettivo di civiltà: abbiamo il dovere di vivere e lavorare in maniera migliore e di lasciare ai nostri figli un mondo migliore di quello che abbiamo ricevuto dalle generazioni che ci hanno preceduto.


[1] Raphael Rossi è stato ex presidente dell’ASIA, azienda addetta alla raccolta di rifiuti urbana di Napoli ed ex consigliere e vicepresidente della AMIAT, Azienda Multiservizi Igiene Ambientale Torino Amiat. Durante il suo mandato la raccolta differenziata a Torino è cresciuta dal 26% al 42,4%. Gli fu offerta una tangente per l’acquisto di macchinari inutili e rifiutò denunciando i responsabili per corruzione. Come premio non venne riconfermato all’AMIAT. Per il Sistema, chi è onesto è pericoloso.

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