Ieri pomeriggio durante il dibattito su “Ambiente,
territorio, tutela della salute, connivenze mafiose: un caso emblematico, la
discarica di Mazzarrà”, tenutosi nei locali della Scuola Media G. Meli in
occasione dello storico passaggio da Furnari della “XV Carovana internazionale antimafie”
dopo aver ascoltato le parole del sindaco Mario Foti sull’attuale emergenza munnizza,
e sul suo travaglio interiore causatogli dal dilemma se piegarsi o meno al
ricatto dei signori dei rifiuti, ho sentito il dovere morale di fare ancora una
volta la mia parte.
Caro Mario, anche se in questo momento ti stai trovando ad
affrontare le conseguenze dell’incapacità dimostrata finora nella soluzione del
problema dello smaltimento dei rifiuti dalle amministrazioni, di ogni colore e
di ogni livello, che ti hanno preceduto, hai il diritto di non sentirti solo
nella tua azione amministrativa che, come spero, dovrà portare Furnari (con l’auspicio
che altri possano poi seguire il nostro esempio) a rompere con gli schemi del
passato e spezzare la catena cassonetto-discarica che ci costringe da anni sotto
il giogo dei signori dei rifiuti, ma – consentimelo – hai anche il dovere di
non agire da solo.
Come ho avuto modo di rilevare più volte, esperienze
internazionali, ma presenti ormai anche in tanti comuni italiani dimostrano che
una gestione virtuosa dei rifiuti è possibile. E, dal mio punto di vista, non c’è
niente di male a chiedere consiglio e trarre beneficio dalle esperienze
positive altrui.
Il Comune di Capannori è stato il primo in Italia ad
adottare nel 2007 con una delibera consiliare la strategia Rifiuti zero che, da
stimolante ma velleitario movimentismo si è trasformata in concreta e credibile
scelta amministrativa, alla portata di ogni esperienza politica o di governo
attenta all’innovazione e alla sostenibilità ambientale.
Capannori ha dimostrato che non solo si può andare oltre il
porta a porta e puntare alla riduzione dei rifiuti, ma che tale coraggio viene
premiato dall’opinione pubblica che ha concesso a questo Comune semisconosciuto
una notorietà internazionale fino a diventare la sede del primo Centro di
ricerca rifiuti zero in Europa.
E allora chiamiamoli, chiedamogli come fare a importare
anche da noi il loro modello.
E nel tuo diritto/dovere di non sentirti solo è giunto il
momento anche per noi - cittadini furnaresi - di fare la nostra parte, mobilitandoci
seriamente e tornare alla democrazia partecipata e attiva.
L’emergenza rifiuti non è soltanto colpa delle scelte
scellerate di chi ha creato e favorito questo stato di cose, anche noi, con i
nostri comportamenti - non proprio virtuosi - abbiamo le nostre responsabilità. Diceva
il Mahatma Gandhi che ogni persona dovrebbe essere la spazzina di se stessa.
Se così fosse non esisterebbero emergenze rifiuti. L’obiettivo
di tutti sarebbe infatti non produrne!
La vita e l’economia cambierebbero in meglio.
Ci sono due modi per affrontare il problema dei rifiuti.
Uno è il cosiddetto ciclo virtuoso: una raccolta davvero
differenziata e il successivo riciclaggio dei materiali post-consumo.
L’altro è quello della prevenzione spinta, ossia non
produrne affatto. Non solo quindi minimizzare il rifiuto residuo, ovvero il non
riciclato, ma anche ridurre al minimo possibile i materiali post-consumo
riciclabili.
Una proposta che si può fare è quella di guardare tutti gli
scarti come se fossero rifiuti residui e dunque fare scelte e adottare stili di
vita e pratiche che consentano di non conferire nulla, o almeno quasi nulla, al
sistema di igiene urbana.
È questa la vera soluzione, nei fatti trascurata.
Una sinergia fra stili di vita personali, sagge tradizioni e
tecnologia moderna, tra impegno della società civile, scelte delle istituzioni
e riconversione produttiva da parte delle aziende può prevenire i rifiuti in
modo etico e partecipato e incidere così su quello che c’è a monte.
Se ci fosse la volontà individuale, collettiva e
politica, in pochi mesi – quelli necessari alla formazione degli ex produttori
di rifiuti finali e all’organizzazione delle pratiche di prevenzione – e senza
prevedere strutture costose, si potrebbe passare dagli oltre 540 chili l’anno di
rifiuti a testa, spesso nemmeno riciclati, a meno di 100, e quasi tutti
riciclabili con i metodi e le strutture esistenti.
E possiamo iniziare da subito, a piccoli passi, nel nostro
quotidiano, separando a monte l’umido dal secco, che poi potremo portare in
campagna e creare compost; separando già in casa le varie tipologia di
plastica, la carta, l’alluminio, ecc.;e una volta al mese recandoci - in attesa
che al più presto venga attivata la nostra isola ecologica - presso l’Ecopunto
di Barcellona a consegnare il materiale riciclato.
Ed ecco come fin da subito sarà possibile rendersi conto di
quanto il sacchetto della munnizza si sarà ridotto.
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