Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Bisognano, rese nell’ultima udienza del processo Vivaio sulla connivenza di politici e affaristi senza scrupoli con la criminalità organizzata locale trovano conferma nelle precedenti indagini antimafia nelle quali ritroviamo gli stessi protagonisti citati dall’ex capo del clan dei mazzarroti.
Dalle intercettazioni effettuate al Comune di Mazzarrà nell’ambito dell’Operazione Torrente[1], emerge il coinvolgimento dell'ex capo dell'ufficio tecnico del Comuni di Mazzarrà, Roberto Ravidà, e dell’ex sindaco ed ex presidente di Tirrenoambiente Nello Giambò.
Insieme a Giambò e Ravidà, sempre dalle risultanze della Torrente apprendiamo anche del ruolo giocato dal faccendiere Lorenzo "Renzo" Mirabito che per conto di TirrenoAmbiente ha mediato con la pubblica amministrazione e partecipato alle conferenze di servizio indette alla Regione Siciliana per la risoluzione di questioni legate al parco fotovoltaico di Mazzarrà e per l'ampliamento della discarica.
Dagli atti dell'inchiesta Torrente viene fuori poi un altro particolare che, se confermato, configurerebbe una truffa ai danni dei contribuenti e dei comuni “costretti” a conferire la spazzatura nella discarica di contrada Zuppà.
Vediamo i fatti così come ricostruiti dal Ros nelle sue indagini.
Durante una riunione tenutasi presso il Comune di Mazzarrà alla presenza dei consiglieri comunali il 4 febbraio del 2009, l'ex presidente di Tirrenoambiente rivelò che fu fatto un "trucco" alla Regione. In quella occasione i vertici di "TirrenoAmbiente" dovevano convincere i consiglieri ad approvare una "falsa" sanatoria per regolarizzare l'impianto già realizzato e renderlo conforme al Prg. Falsa sanatoria che fu effettivamente approvata il 12 febbraio del 2009 con un voto espresso in aula come se ancora l'impianto doveva essere costruito ex novo.
Per convincere dei benefici economici il prof. Nello Giambò, scrivono i carabinieri che intercettavano i dialoghi, «… evidenziava di essere stato protagonista di una "irrituale" falsa attestazione concordata tra Tirrenoambiente e Comune di Mazzarrà per risolvere una controversia economica sorta a seguito di un'autonoma richiesta di equo indennizzo alla Regione».
A tal fine Giambò spiega che: «la Tirrenoambiente vanta ingenti crediti nei confronti degli ATO e che inizialmente questi erano stati ceduti in parte alle banche che si erano dichiarate successivamente indisponibili a tali anticipazioni per la perdurante insolvenza delle stesse società; per tale situazione la Tirrenoambiente si era rivolta alla Regione al fine di monetizzare i crediti, specificando che l'Ato Me2 è debitore di ventisei milioni di euro, e che la soluzione individuata dalla Regione era stata quella di intavolare una transazione che sarebbe però durata anni. Giambò sostiene invece di aver individuato una soluzione diversa ovvero quella di sottoscrivere dei contratti direttamente con i sindaci dei comuni conferitori, così da monetizzare almeno l'attualità e quindi consentire alla società mista di far fronte alle proprie spese, e lasciare alla transazione pluriennale il saldo i debiti accumulati dagli Ato».
Fatto questo realmente avvenuto nel primo semestre di quest'anno, quando tutti i comuni furono costretti a sottoscrivere gli atti altrimenti non avrebbero potuto conferire i rifiuti. Nel prosieguo l'ex presidente Giambò spiegava come «la Regione contabilizza la tariffa per il conferimento dei rifiuti costituita da una parte tecnica, in cui sono comprese le spese di ammortamento e di gestione, una parte non tecnica costituita dell'ecotassa, ed infine la parte spettante al Comune per il disagio ambientale. La costituzione della precedente discarica, cui avevano partecipato circa dieci Comuni, aveva comportato una tariffa di smaltimento pari a circa venticinque lire corrispondenti a 12 euro a tonnellata; quando era intervenuta la discarica gestita da Tirrenoambiente era necessario stabilire la tariffa mentre il Comune, autonomamente, aveva avanzato proposta per l'equo indennizzo approvato con decreto dall'Assessorato».
Giambò sostenne quindi che, «d'accordo con il Comune, avevano "imbrogliato le carte" sostenendo che esistevano accordi pregressi per i quali la tariffa per lo smaltimento era stabilita in circa 12 euro a tonnellata (come indennizzo per il solo Comune di Mazzarrà, n.d.a.) e che tale prospettazione era stata accettata dalla Regione[2]». Giambò invitava tutti i consiglieri ad essere compatti perché «la mancata collaborazione e disponibilità potrebbe indurre i dirigenti e funzionari della Regione a decretare il minimo delle tariffe per lo smaltimento che metterebbero in difficoltà l'amministrazione comunale».
[1] Scattata il 5 novembre 2009 portò all'arresto di otto persone indagate, a vario titolo, per associazione mafiosa, intestazione fittizia di valori e violazione della normativa sull’elezione degli organi delle amministrazioni comunali aggravati dalle finalità mafiose.
[2] In effetti l'ordinanza del 20 dicembre del 2004 del Commissario per i rifiuti prevede che sulla tariffa complessiva pagata per il conferimento in discarica al solo Comune vadano 12,91 euro a tonnellata.
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