Non può, pertanto, considerarsi un prodotto editoriale, ai sensi della legge n. 62 del 7/03/2001
Si ricorda però che l’art. 21 della Costituzione recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili."
martedì 2 marzo 2021
Processo Torrente ieri sera la sentenza di primo grado
Dopo oltre dieci anni dagli arresti, ieri sera i giudici del Tribunale di Barcellona, presidente Antonino Orifici, componenti Anna Elisa Murabito e Silvia Spina, hanno deciso sei condanne ed una prescrizione per i sette imputati del processo di primo grado scaturito dall'operazione antimafia “Torrente”, portata a termine all'alba del 5 novembre del 2010 dai carabinieri del Ros tra i Comuni di Furnari e Mazzarrà Sant'Andrea. La condanna a 7 anni e 7 mesi di reclusione è stata decisa per l’ex sindaco di Furnari, Salvatore Lopes; mentre pene lievi a causa della continuazione con altre condanne, sono state comminate ai due boss succedutisi ai vertici del clan dei “Mazzarroti”, una costola della “famiglia mafiosa dei Barcellonesi”: 3 anni di reclusione la pena per l'ex boss divenuto collaboratore di giustizia Carmelo Bisognano; mentre 4 anni di reclusione e 1.500 euro euro di multa la condanna per il suo successore, l'irriducibile boss Tindaro Calabrese. Per gli altri presunti sodali le condanne decise dal Tribunale sono state: di 10 anni di reclusione per Leonardo Arcidiacono, imprenditore di Catania all'epoca con interessi nel settore turistico di Portorosa e di 8 anni di reclusione per Sebastiano Placido Geraci, di Furnari. La pena di 7 anni è stata invece decisa per Roberto Munafò, piccolo imprenditore di Furnari. Infine per la sorella di Carmelo Bisognano, Vincenza Bisognano alla quale era intestata la ditta che aveva rimesso sul mercato l'ex boss, il Tribunale ha dichiarato di non doversi procedere, così come per il fratello concorrente nello stesso reato di intestazione fittizia di beni, per intervenuta prescrizione essendo stato il reato commesso il 12 ottobre 2004 (Fonte: Gazzetta del Sud).
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