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domenica 14 ottobre 2012

Rifiuti a caro prezzo

Secondo quanto riportato nel Rapporto Ispra 2012, in Italia sono stati prodotti nel 2010 32,5 milioni di tonnellate di rifiuti e la forma di gestione più diffusa continua ad essere rappresentata dalle discariche, che da sole smaltiscono il 46 per cento dei rifiuti urbani, sebbene nel 2010 si sia registrata una flessione del 3,4 per cento rispetto all’anno precedente.
Persistono le differenziazioni tra le varie regioni, da cui emerge che nel Centro-Sud il ricorso alle discariche supera abbondantemente il 50% della quota dei rifiuti urbani prodotti, arrivando a costituire il 93% in Sicilia.
Sconfortanti i dati sulla raccolta differenziata: 11,4 milioni di tonnellate pari al 35%. Cifre che confermano l’ormai cronico ritardo maturato nel corso degli anni.
Pensate che con questa misera percentuale si è raggiunto solo l’obiettivo prefissato per il 2006 (35%) mentre siamo ancora lontani dagli obiettivi relativi al 2009 (50%) e 2001 (60%). Maglia nera per la Sicilia dove la differenziata è ancora sotto il 10% (9,4).
Smaltire in discarica – oltre ad avere un costo rilevante relativi ai costi ambientali in termini di inquinamento e, connessi a entrambi, i costi sociali delle tensioni che spesso accompagnano le politiche adottate in questo settore – comporta anche un costo economico.
L’analisi economica della gestione dei rifiuti in Italia, contenuta sempre nel rapporto dell’ISPRA, ha evidenziato infatti una crescita del costo medio pro-capite del 9,9 per cento rispetto al 2009.

E allora, ci si chiede, perché si continua a perseguire questa strada, andando contro anche alle direttive europee che ci impongono di gestire i rifiuti secondo una precisa classificazione gerarchica che vede solo all’ultimo posto lo smaltimento in discarica e l’incenerimento?

La risposta è semplice, dietro ci sono forti interessi economici di chi, spesso in situazione di monopolio, gestisce le discariche. Gruppi privati o misti pubblico-privati che tra i loro azionisti contano società che effettuano in appalto dai comuni o dagli Ato il servizio di igiene urbana.
Tanto per fare alcuni esempi, la Oikos proprietaria della discarica di Motta Sant’Anastasia nel catanese potrebbe averne uno facendo parte del consorzio Simco che è anche una delle aziende che si occupa della raccolta dei rifiuti in alcuni centri etnei per conto della Simeto Ambiente. Come abbiamo appreso dalla lettura della relazione della commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite nel ciclo dei rifiuti, la Tirrenoambiente ne ha un altro, contando tra i suoi soci privati società come Gesenu e Ederambiente che in passato hanno svolto il servizio per conto dell’Ato Me 2 di Barcellona.
Basta farsi due conti. In media nel messinese si pagano circa 100 euro a tonnellata e a Mazzarrà nel 2010 ne sono state smaltite 236.226.

Come si può quindi avere interesse a incentivare la raccolta differenziata se, visti i guadagni, si vuole conferire il più possibile in discarica?

E così in pochi anni sono state ammassate in discarica tonnellate e tonnellate di rifiuti, il cui costo di conferimento ha finito per mandare a gambe all’aria i bilanci degli Ato siciliani. Debiti questi che finiscono oggi per gravare sulle già disastrate casse dei comuni.
Per renderci conto di quanto ci sta costando sotterrare gli scarti della nostra società consumistica, la Regione qualche settimana fa ha inviato a Furnari un commissario ad acta per il versamento delle somme dovute quale quota di partecipazione sociale alla società d’ambito, quantificate in 333.670,30 euro.
Dove c’è un debitore, ovviamente, c’è anche un creditore, che nello specifico è rappresentato dalla monopolista Tirrenoambiente.
Come da prassi ormai da tempo consolidata, la società partecipata del comune di Mazzarrà periodicamente sbarra i cancelli della discarica di contrada Zuppà «a quei soggetti conferitori [i comuni] non in regola con i pagamenti e a quelli che non intendano provvedere al pagamento, anche in forma dilazionata, dei debiti pregressi contratti dall’ATO ME 2 SpA in liquidazione, per i conferimenti eseguiti nell’interesse dei Comuni soci».
Al comune di Furnari, nello specifico, sono stati chiesti «46.829,95 euro quale quota parte del debito» maturato dall’Ato. Ovviamente a Palazzo Federico II sono di diverso parere.
Per il sindaco di Furnari: «Chi non cede a questa sorta di ricatto e non paga è costretto a non poter scaricare i rifiuti». Nella stessa situazione si trovano anche i comuni di Montagnareale, Valdina, Torregrotta, Novara di Sicilia e Merì i cui sindaci hanno deciso di denunciare tutte le irregolarità riscontrate nella gestione del settore da parte della società mista.
I cancelli non si sono aperti nemmeno dopo l’emanazione delle ordinanze ex art. 191 del d.lgs 152/2006 e dopo che un successivo decreto del Dipartimento Regionale delle Acque e dei Rifiuti autorizzasse i sette comuni a conferire i rifiuti nell’invaso di contrada Zuppà.
Secondo il primo cittadino furnarese nel comportamento della Tirrenoambiente sarebbero ravvisabili risvolti penali quali il reato di concussione e di interruzione di pubblico servizio, e per questo motivo si è rivolto al Prefetto e alla Procura della Repubblica di Barcellona P.G.
Inoltre, secondo Foti, Tirrenoambiente imporrebbe la firma di un contratto per pagare il pregresso in cui è prevista una clausola «con la quale noi, dopo aver pagato, ci impegniamo a rinunciare a tutte le azioni da far valere in funzione degli importi e delle tariffe». Per questo motivo è stato chiesto a diversi enti, per avere «certezza» del prezzo di conferimento dei rifiuti nella discarica, di «conoscere il decreto regionale che ne ha determinato l’importo successivamente all’ampliamento della discarica» del maggio 2009.

In questi giorni i mezzi della Dusty hanno ripreso a svuotare i cassonetti, segno che in qualche modo la situazione si è sbloccata, ma resto del parere che per “azzerare la discarica” e quindi lasciarci alle spalle lo stato di “continua emergenza”, i comuni, a partire dal nostro, devono adottare i sistemi di raccolta domiciliare, massimizzando il riciclaggio a partire dalla frazione organica domestica.

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