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martedì 29 novembre 2011

Pubblicata la mappa dei beni confiscati a cosa nostra in Sicilia.


Con i suoi 4.581 immobili confiscati – su un totale nazionale di 10.225 – tocca alla Sicilia il ruolo di protagonista del panorama criminale del Bel Paese. Ed altrettanto per quanto riguarda le aziende sottoposte a confisca secondo quanto previsto dalla Legge Rognoni-La Torre approvata dal Parlamento nel 1982. Su un totale nazionale di 1.480 aziende confiscate, quelle siciliane sono 544, più di un terzo. L’Isola, per quanto riguarda i beni immobili, è seguita a ruota da Calabria, Campania e Puglia. I dati raccolti dall’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata costituiscono una sorta di cartina di tornasole per capire il grado di diffusione delle cosche mafiose sul territorio siciliano. In pratica, ci si trova di fronte ad una proporzione diretta tra presenza mafiosa e numero di beni confiscati. Gli archivi dell’Agenzia, di cui è direttore il prefetto Giuseppe Caruso, sono una miniera inesauribile. I dati – aggiornati all’1 novembre 2011 – sono a disposizione per i più curiosi e gli amanti di statistiche e di analisi sociologiche sul sito ufficiale dell’Agenzia della quale, due giorni fa, è stata inaugurata a Palermo la sede regionale dal ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri. Nella classifica delle province siciliane il primato spetta a Palermo con 3.405 confische di beni immobili e aziende (349). Seguono le province di Catania con 595 confische di beni immobili e aziende (87); di Trapani con 356 confische (35 aziende); di Messina con 240 confische (18 aziende); di Agrigento con 176 confische (21 aziende); di Caltanissetta con 157 confische (14 aziende); di Siracusa con 85 confische (9 aziende); di Enna con 53 confische (9 aziende) e di Ragusa con 44 confische (1 azienda). Per quanto riguarda i singoli Comuni, in provincia di Agrigento, il record spetta a Canicattì con 27 confische, seguito da Cattolica Eraclea con 17, Naro con 16, Aragona con 13, Licata e Palma di Montechiaro con 12 confische ciascuno, Agrigento città e Campobello di Licata con 11, quindi Grotte con 8 e Ribera con 7. In provincia di Caltanissetta il primato è di Vallelunga Pratameno con la confisca di 54 beni immobili e 3 aziende. Seguono San Cataldo con 30 confische; Caltanissetta città con 20; Mussomeli con 18; Gela con 9; Niscemi e Serradifalco con 8 ciascuna. Villalba, patria di pezzi da “90″ passati alla storia della mafia, una sola confisca. In provincia di Catania il caso clamoroso è rappresentato da Motta Santa Anastasia: 236 confische di cui 6 aziende. Catania città la segue a distanza con “appena” 100 confische, di cui 36 aziende. Seguono Belpasso con 55, Trecastagni con 28; Misterbianco con 23; Tremestieri Etneo con 13; Aci Catena, Paternò e San Giovanni La Punta con 12; Mascalucia e San Gregorio di Catania con 11; Caltagirone, Mascali e Ramacca con 9. In provincia di Enna sono Piazza Armerina e Villarosa a detenere il record con 12 confische ciascuno. Seguono Valguarnera Caropepe con 10 e Barrafranca con 7; Assoro, Enna città e Nicosia con 3; Pietraperzia con 2 e Calascibetta con una. In provincia di Messina il Comune più colpito è Furnari con 91 confische: Seguono Messina città con 65; Villafranca Tirrena con 20; Lipari con 14; Giardini Naxos con 10; Torregrotta con 9; Rometta con 6. Taormina registra una sola confisca. La situazione più grave riguarda la provincia di Palermo, dove si trova la testa della piovra mafiosa. I record – per citare i casi di rilievo – si sprecano: Palermo città: 2.153 confische; Monreale: 133; Trabia: 105; Bagheria: 92; Partinico: 89; Termini Imerese: 78; Misilmeri: 60; Terrasini e Villabate: 59; Carini: 56; Borgetto: 52; Capaci: 47; Corleone: 40; San Giuseppe Jato: 39; Campofelice di Roccella: 37; Altofonte: 36; Cinisi: 26; Altavilla Milicia: 21; Belmonte Mezzagno: 20. Unico Comune indenne, con nessuna confisca, è Lercara Friddi, la patria del superboss italo-americano Lucky Luciano In provincia di Ragusa il primato è di Vittoria con 23 confische. Seguono Acate con 11, Scicli con 5, Modica e Santa Croce Camerica con 2, Pozzallo con una. In provincia di Siracusa è Noto ad avere subito più confische: 29. Segue Siracusa città con 24, Augusta con 10; Priolo Gargallo con 4, Avola, Floridia, Lentini, Pachino con 3; Carlentini con 2; Melilli e Rosolini con una ciascuna. Infine, la provincia di Trapani. Mazara del Vallo è la prima in classifica con 72 confische. Seguono Alcamo con 57, Castelvetrano con 45; Marsala con 38; Trapani città con 31; Campobello di Mazara con 29; Castellammare del Golfo con 18; Calatafimi e San Vito Lo Capo con 16; Erice con 15; Paceco con 14; Salemi con 8. Sul piano statistico le ricerche dell’Agenzia i fermano al 31 dicembre 2010, ma sono comunque assai interessanti. Il valore stimato di 1.916 immobili in gestione su un totale di 2.944 è di circa 362,5 milioni di euro. L’87,11% dei beni immobili confiscati – sempre al 31 dicembre 2010 – sono stati trasferiti al patrimonio indisponibile degli Enti locali territoriali (Comuni, Province, Regioni) quasi coincidenti con i Comuni in cui si trovano gli stessi beni. Il 10,85% sono stati destinati alle forze dell’ordine, ai vigili del fuoco e alle Capitanerie di porto, l’1,52% ai Ministeri, lo 0,52% ad altro. Dei beni consegnati e trasferiti al patrimonio indisponibile degli Enti territoriali, il 31% è stato destinato a finalità sociali. Significativa la quota destinata ad associazioni (17,4%), agli alloggi per indigenti (14,3%), alla sicurezza e al soccorso pubblico (11,5%), agli uffici (8,4%), alle strutture socio-sanitarie (2,4%), alle scuole (1,1%), ad altre iniziative (13,8%). Delle 1.377 aziende confiscate al 31 dicembre 2010, 384, il 27,89%, si occupavano di costruzioni e 229 erano siciliane; 382, il 27,74%, di commercio all’ingrosso e al dettaglio, di riparazione di veicoli, beni personali e case; 134 (9,33%) di alberghi e ristoranti; 123 (8,93%) di attività immobiliari, noleggio informatica, ricerca servizi alle imprese; 76 (5,52%) di agricoltura, caccia e silvicoltura; 66 (4,79%) in corso di aggiornamento; 55 (3,99%) di altri servizi pubblici, sociali e personali; 49 (3,56%) di trasporti, magazzinaggio e comunicazioni; 21 (1,53%) di attività manufatturiere; 20 81,45%) di attività finanziarie; 20 (1,45%) di estrazione di minerali; 19 (1,38%) di attività varie; 17 (1,23%) di sanità e assistenza sociale; 11 (0,84%) di pesca, pescicoltura e servizi connessi.

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