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sabato 30 agosto 2014

Ci fotteranno ancora una volta con la storia dell'emergenza?

Il 20 aprile 2013, all'indomani della sospensione dell'efficacia delle due sentenze del Tar Catania del dicembre 2012 che annullavano il decreti Aia che ampliavano la discarica di Mazzarrà, scrivevo in un articolo intitolato “Quella fottuta emergenza”:
Ve le ricordate quelle due sentenze del Tar di Catania che annullavano le autorizzazioni della discarica di Tirrenoambiente?
Due sentenze che erano già esecutive e che immediatamente avrebbero dovuto portare alla chiusura della "collina" almeno fino all'esito dell'inevitabile ricorso dei "signori" della munnizza.
E invece è rimasta aperta, grazie anche alla mancata notifica dei due provvedimenti. Tutti, Tirrenoambiente, la Regione, ecc. ecc., hanno fatto u sceccu n'to linzolu e da allora, nel silenzio di tutti, 700 tonnellate al giorno hanno tranquillamente continuato a varcare i cancelli e ad ammassarsi insieme a quelle che in questi dieci e passa anni stanno là a marcire con tutte le conseguenze che conosciamo e che molti fanno finta di non vedere e soprattutto sentire.
Adesso il Cga di Palermo ha deciso di accogliere la sospensiva presentata dai legali di Tirrenoambiente. Ha fatto breccia nei giudici palermitani (magari li avrà convinti lo stato attuale delle strade del capoluogo isolano) la tesi che deve prevalere (cito Leonardo Orlando sulla Gazzetta di oggi) «l'interesse generale su eventuali "vizi" formali in quanto la discarica ha una funzione di pubblico servizio nelle emergenze igienico sanitarie di ben 78 comuni siciliani.»
In attesa della decisione di merito, contrada Zuppà rimane aperta e legittimata. Cosa accadrà dopo? Prevarrà di nuovo la tesi dell'interesse generale? L'aver ignorato, nell'iter che portò nel 2009 alla concessioni delle due Aia, gli abitanti di Furnari è stato soltanto un "vizio formale"?
Il "decoro" di 78 comuni siciliani conterà di più della salute e della qualità di vita di poche migliaia di persone?
Oggi quello che è certo è che la gente di Furnari è stata di nuovo "fottuta" dall'emergenza. Quella stessa "fottuta" emergenza che portò nel 1999 alla nascita dell'immondezzaio di Mazzarrà e che, nel corso di questi anni è stata l'alibi che ne ha consentito il prosperare. In silenzio. Sotto gli occhi di tutti.
In questi giorni, stiamo assistendo al verificarsi di tutta una serie di fatti che sembrano riproporre le medesime circostanze denunciate allora. Scrive la Gazzetta del Sud del 27 agosto scorso:
«Intanto si va avanti fino a martedì, data in cui è prevista la conferenza dei servizi a Palermo durante la quale si dovranno prendere delle decisioni importanti, se non definitive, per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani in tutta la Sicilia. Slitta quindi la chiusura della discarica di Mazzarrà S.Andrea che era prevista per domenica 31 agosto, e slitta su decisione dell’ufficio regionale per i rifiuti che ha invitato la società Tirreno Ambiente a trovare nuovi spazi per ampliare il sito di contrada Zuppà per un periodo ancora indeterminato che sarà poi fissato dopo la riunione della prossima settimana. La decisione stata assunta per arginare l’ennesima emergenza igienico-sanitaria a Messina e in provincia dove la situazione è allarmante. Tirrenoambiente ha già manifestato ai comuni-clienti la propria disponibilità ad accogliere l’immondizia nella discarica peloritana fino al 30 settembre. Oggi intanto nel sito sopralluogo ispettivo da parte dei carabinieri della compagnia di Barcellona, con i militari del nucleo operativo ecologico di Catania e domani fissata un'altra visita dei tecnici dell’arpa per preparare tutta la documentazione utile per l’incontro palermitano che servirà per valutare l'opportunità di concedere un’ulteriore proroga a Tirrenoambiente.» (nella foto si può vedere lo sbancamento in atto destinato all'ennesimo ampliamento).
Riassumiamo i fatti per cercare di capirci qualcosa, perché la faccenda si presenta, a prima vista, abbastanza contorta.
Nel gennaio 2014 l'ex assessore ai Servizi di pubblica utilità Nicolò Marino istituiva una commissione di inchiesta per verificare la legittimità delle autorizzazioni concesse dalla regione alle discariche private e pubbliche. Commissione che aveva avviato le proprie indagini iniziando dalle discariche private di Misterbianco e Mazzarrà Sant'Andrea. Tali indagini hanno prodotto due corpose relazioni dalle quali sono emerse (sono molto simili) una serie di carenze istruttorie, incongruenze, discrasie e/o anomalie e violazioni della normativa di riferimento.
Successivamente un'indagine condotta dalla procura di Palermo ha scoperchiato un giro di tangenti che vede coinvolti un funzionario regionale inserito in un ruolo chiave nell'iter che porta alla concessioone delle autorizzazioni e gli amministratori di alcune discariche private siciliane, tra cui quelle di Misterbianco e Mazzarrà.
Questi fatti hanno avuto come conseguenza la chiusura della discarica di contrada Tiritì e il blocco della nuova discarica di contrada Valanghe d'inverno accolti dall'esultanza dei locali comitati No discarica.
Il destino di contrada Zuppà si deciderà il prossimo due settembre, e la logica e il rispetto della legge dovrebbe auspicare non essere diverso da quello già verificatosi a Misterbianco. Tuttavia il clima che si sta verificando attorno a questa vicenda, alimentato anche dalla cosiddetta “informazione ufficiale” e l'ambiguo comportamento della Regione sembrano non far ben sperare per il futuro dei tremila e oltre abitanti di Furnari.
Qualche settimana fa, in piena querelle biomasse, l'amministrazione comunale del centro tirrenico palesava soddisfazione e si ascriveva il merito dell'imminente fine dell'incubo discarica. Prudenza avrebbe dovuto suggerire un comportamento diverso. Alla conferenza dei servizi, alla quale per la prima volta il Comune di Furnari è stato invitato a partecipare, bisognerà puntare i piedi e “emergenza” o “non emergenza” chiedere con forza il rispetto della legge, troppe volte calpestata in questi anni.
Alla vicenda della discarica sono già stati dedicati due libri, e un terzo è di prossima pubblicazione, e ogni volta a conclusione di questi mi ritrovo costretto a riportare questa frase:
La parola chiave è stata sempre la stessa: emergenza. Lo faranno ancora: da troppi anni siamo in emergenza.
«Uscire dall’emergenza rifiuti», prima che diventasse uno slogan abusato e quasi senza alcuna credibilità (soprattutto quando è usato al passato: «Siamo usciti dall’emergenza rifiuti»), era un obbligo, un impegno di civiltà che la classe dirigente, soprattutto politica, avrebbe dovuto risolvere per tempo. Com’è noto questo non è accaduto: dalla Campania alla Puglia, dal Lazio alla Sicilia.
Succederà ancora?
Con tutto me stesso voglio sperare di no. Voglio sperare che si possa finalmente scrivere la parola FINE a questa brutta storia.
Da più di dieci anni i rifiuti di Mazzarrà condizionano il nostro territorio, un tempo fiore all’occhiello dell’agricoltura locale e poi violentato e degradato negli anni con l’esponenziale espandersi dell’immondezzaio.
I rifiuti però non sono solo un problema, sono una metafora di come vengono gestite le cose in Italia.
Per i tanti ritardi accumulati nel chiudere il ciclo integrato dei rifiuti abbiamo vissuto, viviamo e chissà per quanto ancora vivremo in una infinita emergenza e in emergenza si fanno le più grosse porcate.
E su contrada Zuppà se ne sono fatte davvero tante, troppe e troppo spesso avallate dal comportamento delle pubbliche istituzioni che hanno sempre trovato molto più comodo continuare a mantenere in vita una discarica che non sarebbe mai dovuta nascere e che invece è andata avanti con deroghe e proroghe, autorizzazioni “stabilmente” provvisorie e ampliamenti, facendola prosperare fino all’inverosimile.
Esperienze internazionali, ma presenti ormai anche in tanti comuni italiani dimostrano che una gestione virtuosa dei rifiuti è possibile.
Tutti conosciamo quali sono le buone pratiche da adottare. Esse consistono in politiche che prevedano una consistente riduzione dei rifiuti alla fonte e che privilegino il massimo recupero/riciclaggio di materia.
È scaduto il tempo in cui si delegava ad altri la gestione della res publica, i cittadini devono tornare alla democrazia partecipata e attiva chiedendo, anzi pretendendo, dall’attuale classe politica e dirigenziale, finora dimostratasi indegna del ruolo ricoperto, un’inversione di rotta, solo così potrà mettersi la parola fine.

Ma dobbiamo volerlo tutti, nessuno escluso!

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