Il 20 aprile 2013, all'indomani
della sospensione dell'efficacia delle due sentenze del Tar Catania
del dicembre 2012 che annullavano il decreti Aia che
ampliavano la discarica di Mazzarrà, scrivevo in un articolo
intitolato “Quella fottuta emergenza”:
Ve le ricordate quelle due sentenze del
Tar di Catania che annullavano le autorizzazioni della discarica di
Tirrenoambiente?
Due sentenze che erano già
esecutive e che immediatamente avrebbero dovuto portare alla chiusura
della "collina" almeno fino all'esito dell'inevitabile
ricorso dei "signori" della munnizza.
E invece è rimasta aperta, grazie
anche alla mancata notifica dei due provvedimenti. Tutti,
Tirrenoambiente, la Regione, ecc. ecc., hanno fatto u sceccu n'to
linzolu e da allora, nel silenzio di tutti, 700 tonnellate al giorno
hanno tranquillamente continuato a varcare i cancelli e ad ammassarsi
insieme a quelle che in questi dieci e passa anni stanno là a
marcire con tutte le conseguenze che conosciamo e che molti fanno
finta di non vedere e soprattutto sentire.
Adesso il Cga di Palermo ha deciso
di accogliere la sospensiva presentata dai legali di Tirrenoambiente.
Ha fatto breccia nei giudici palermitani (magari li avrà convinti lo
stato attuale delle strade del capoluogo isolano) la tesi che deve
prevalere (cito Leonardo Orlando sulla Gazzetta di oggi)
«l'interesse generale su eventuali "vizi" formali in
quanto la discarica ha una funzione di pubblico servizio nelle
emergenze igienico sanitarie di ben 78 comuni siciliani.»
In attesa della decisione di merito,
contrada Zuppà rimane aperta e legittimata. Cosa accadrà dopo?
Prevarrà di nuovo la tesi dell'interesse generale? L'aver ignorato,
nell'iter che portò nel 2009 alla concessioni delle due Aia, gli
abitanti di Furnari è stato soltanto un "vizio formale"?
Il "decoro" di 78 comuni
siciliani conterà di più della salute e della qualità di vita di
poche migliaia di persone?
Oggi quello che è certo è che la
gente di Furnari è stata di nuovo "fottuta"
dall'emergenza. Quella stessa "fottuta" emergenza che portò
nel 1999 alla nascita dell'immondezzaio di Mazzarrà e che, nel corso
di questi anni è stata l'alibi che ne ha consentito il prosperare.
In silenzio. Sotto gli occhi di tutti.
In questi giorni, stiamo assistendo al
verificarsi di tutta una serie di fatti che sembrano riproporre le
medesime circostanze denunciate allora. Scrive la Gazzetta del Sud
del 27 agosto scorso:
«Intanto
si va avanti fino a martedì, data in cui è prevista la conferenza
dei servizi a Palermo durante la quale si dovranno prendere delle
decisioni importanti, se non definitive, per la raccolta e lo
smaltimento dei rifiuti solidi urbani in tutta la Sicilia. Slitta
quindi la chiusura della discarica di Mazzarrà S.Andrea che era
prevista per domenica 31 agosto, e slitta su decisione dell’ufficio
regionale per i rifiuti che ha invitato la società Tirreno Ambiente
a trovare nuovi spazi per ampliare il sito di contrada Zuppà per un
periodo ancora indeterminato che sarà poi fissato dopo la riunione
della prossima settimana. La decisione stata assunta per arginare
l’ennesima emergenza igienico-sanitaria a Messina e in provincia
dove la situazione è allarmante. Tirrenoambiente ha già
manifestato ai comuni-clienti la propria disponibilità ad accogliere
l’immondizia nella discarica peloritana fino al 30 settembre. Oggi
intanto nel sito sopralluogo ispettivo da parte dei carabinieri
della compagnia di Barcellona, con i militari del nucleo operativo
ecologico di Catania e domani fissata un'altra visita dei tecnici
dell’arpa per preparare tutta la documentazione utile per
l’incontro palermitano che servirà per valutare l'opportunità di
concedere un’ulteriore proroga a Tirrenoambiente.»
(nella foto si può vedere lo sbancamento in atto destinato
all'ennesimo ampliamento).
Riassumiamo i fatti per cercare di
capirci qualcosa, perché la faccenda si presenta, a prima vista,
abbastanza contorta.
Nel gennaio 2014 l'ex assessore
ai Servizi di pubblica utilità Nicolò Marino istituiva una
commissione di inchiesta per verificare la legittimità delle
autorizzazioni concesse dalla regione alle discariche private e
pubbliche. Commissione che aveva avviato le proprie indagini
iniziando dalle discariche private di Misterbianco e Mazzarrà
Sant'Andrea. Tali indagini hanno prodotto due corpose relazioni dalle
quali sono emerse (sono molto simili) una serie di carenze
istruttorie, incongruenze, discrasie e/o anomalie e violazioni della
normativa di riferimento.
Successivamente un'indagine condotta
dalla procura di Palermo ha scoperchiato un giro di tangenti che vede
coinvolti un funzionario regionale inserito in un ruolo chiave
nell'iter che porta alla concessioone delle autorizzazioni e gli
amministratori di alcune discariche private siciliane, tra cui quelle
di Misterbianco e Mazzarrà.
Questi fatti hanno avuto come
conseguenza la chiusura della discarica di contrada Tiritì e il
blocco della nuova discarica di contrada Valanghe d'inverno accolti
dall'esultanza dei locali comitati No discarica.
Il destino di contrada Zuppà si
deciderà il prossimo due settembre, e la logica e il rispetto della
legge dovrebbe auspicare non essere diverso da quello già
verificatosi a Misterbianco. Tuttavia il clima che si sta verificando
attorno a questa vicenda, alimentato anche dalla cosiddetta
“informazione ufficiale” e l'ambiguo comportamento della Regione
sembrano non far ben sperare per il futuro dei tremila e oltre
abitanti di Furnari.
Qualche settimana fa, in piena querelle
biomasse, l'amministrazione comunale del centro tirrenico palesava
soddisfazione e si ascriveva il merito dell'imminente fine
dell'incubo discarica. Prudenza avrebbe dovuto suggerire un
comportamento diverso. Alla conferenza dei servizi, alla quale per la
prima volta il Comune di Furnari è stato invitato a partecipare,
bisognerà puntare i piedi e “emergenza” o “non emergenza”
chiedere con forza il rispetto della legge, troppe volte
calpestata in questi anni.
Alla vicenda della discarica sono già
stati dedicati due libri, e un terzo è di prossima pubblicazione, e
ogni volta a conclusione di questi mi ritrovo costretto a
riportare questa frase:
La parola chiave è stata sempre la
stessa: emergenza. Lo faranno ancora: da troppi anni siamo in
emergenza.
«Uscire dall’emergenza rifiuti»,
prima che diventasse uno slogan abusato e quasi senza alcuna
credibilità (soprattutto quando è usato al passato: «Siamo usciti
dall’emergenza rifiuti»), era un obbligo, un impegno di civiltà
che la classe dirigente, soprattutto politica, avrebbe dovuto
risolvere per tempo. Com’è noto questo non è accaduto: dalla
Campania alla Puglia, dal Lazio alla Sicilia.
Succederà ancora?
Con tutto me stesso
voglio sperare di no. Voglio sperare che si possa finalmente scrivere
la parola FINE a questa brutta storia.
Da più di dieci anni i rifiuti di
Mazzarrà condizionano il nostro territorio, un tempo fiore
all’occhiello dell’agricoltura locale e poi violentato e
degradato negli anni con l’esponenziale espandersi
dell’immondezzaio.
I rifiuti però non sono solo un
problema, sono una metafora di come vengono gestite le cose in
Italia.
Per i tanti ritardi accumulati nel
chiudere il ciclo integrato dei rifiuti abbiamo vissuto, viviamo e
chissà per quanto ancora vivremo in una infinita emergenza e
in emergenza si fanno le più grosse porcate.
E su contrada Zuppà se ne sono
fatte davvero tante, troppe e troppo spesso avallate dal
comportamento delle pubbliche istituzioni che hanno sempre trovato
molto più comodo continuare a mantenere in vita una discarica che
non sarebbe mai dovuta nascere e che invece è andata avanti con
deroghe e proroghe, autorizzazioni “stabilmente” provvisorie e
ampliamenti, facendola prosperare fino all’inverosimile.
Esperienze internazionali, ma
presenti ormai anche in tanti comuni italiani dimostrano che una
gestione virtuosa dei rifiuti è possibile.
Tutti conosciamo quali sono le buone
pratiche da adottare. Esse consistono in politiche che prevedano una
consistente riduzione dei rifiuti alla fonte e che privilegino il
massimo recupero/riciclaggio di materia.
È scaduto il tempo in cui si
delegava ad altri la gestione della res publica, i cittadini devono
tornare alla democrazia partecipata e attiva chiedendo, anzi
pretendendo, dall’attuale classe politica e dirigenziale, finora
dimostratasi indegna del ruolo ricoperto, un’inversione di rotta,
solo così potrà mettersi la parola fine.
Ma dobbiamo volerlo
tutti, nessuno escluso!
Nessun commento:
Posta un commento