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mercoledì 18 maggio 2011

Ritorno al nucleare? No, grazie!!!

In vista della imminente tornata elettorale dove saremo chiamati a decidere della nostra futura sopravvivenza ho deciso di postare in questo spazio un pezzo scritto per Il Gazzettino del Tirreno nel maggio 2009, all'indomani della firma dell'accordo tra Enel e Edf (Energie de France) in base al quale una minoranza  di politici e affaristi senza scrupoli ha deciso di condannarci al rischio dell'incubo nucleare che stanno vivendo oggi le martoriate popolazioni di Fukushima e ieri quelle di Chernobyl. 
Non fatevi incantare dall'astuta mossa di B. e soci di applicare la c.d. moratoria, è solo un escamotage per far saltare il quorum e proseguire indisturbati sulla strada del ritorno al nucleare.
Abbiamo un'occasione unica, recarci ai seggi il 12 e 13 giugno e votare Sì ai 4 referendum.
Passate parola, non aspettatevi di essere correttamente ed adeguatamente informati dalla stampa di regime.

C'è l'accordo Enel-Edf, c'è il via libera del Governo, ma per completare il ritorno del nucleare in Italia, a parte il voto del Parlamento, manca la scelta dei siti dove verranno costruite le nuove centrali. Argomento delicatissimo tanto che nel protocollo d'intesa siglato tra Roma e Parigi il capitolo riguardante la localizzazione dei primi quattro impianti è stato stralciato. Se il governo però vorrà mantenere la tabella di marcia prevista – avvio dei lavori di costruzione nel 2014 e inizio della produzione nel 2020 – dovrà individuare le aree già entro la fine del 2009. La mappa dei siti, allo studio della Commissione Scajola, è però ancora tutta da scrivere. Secondo il Ministero dello sviluppo economico esisterebbe già un elenco segreto di 34 comuni pronti ad ospitare le nuove centrali, tra cui uno in Sicilia, nel ragusano. A parte questi misteriosi “volontari” la mappa dovrebbe ricomprendere le cinque aree dove vent'anni fa si produceva l'energia atomica italiana, ovvero Trino Vercellese, Caorso, Montalto di Castro, Garigliano e Latina. Proprio Montalto sarebbe in pole position per il ritorno al nucleare tricolore. Tuttavia la presa di distanza di molte regioni italiane, alcune di queste governate dal centrodestra, fanno ben sperare. Esemplare il caso della Sardegna, dove si sta per mettere in atto una politica di denuclearizzazione. Così come la Lombardia di Formigoni, che si muove con estrema cautela e non fornisce certa disponibilità. Anche le Regioni tendenzialmente favorevoli a parole chiedono nei fatti la collocazione delle strutture nucleari in zone ben distanti da quelle di loro competenza. Insomma le uniche certezze sembrano in mano al Ministro Scajola, che riporta un non meglio definito bene placet da parte degli italiani in grado, a quanto pare, di superare con scioltezza il risultato eclatante del referendum del 1987, ed alla potente Confindustria. Una sinergia e una concordanza tra l’imprenditoria più sfrenata ed gli interessi speculativi delle industrie, che stimano la questione della salute dei cittadini come un mero ostacolo, se non addirittura un fastidio, per la realizzazione di profitti, utili ed introiti.
Ma Governo e Confindustria quando sostengono l'utilità di un ritorno dell'atomo nel nostro paese dicono la verità?
Il nucleare...
...garantirà il rispetto degli accordi internazionali sui cambiamenti climatici.
Falso! Se il governo decidesse di costruire le quattro centrali nucleari passerebbero almeno 10-15 anni prima della loro entrata in funzione. L'Italia non riuscirebbe a rispettare la scadenza europea del 2020, incorrendo in altre sanzioni da aggiungere a quelle ormai inevitabili del Protocollo di Kyoto.
...non inquina.
Falso! Non esiste ad oggi una soluzione al problema della produzione e smaltimento delle scorie radioattive prodotte dall'attività e dallo smantellamento delle centrali. Le 250mila tonnellate di rifiuti radioattivi prodotti fino ad oggi nel mondo sono ancora in attesa di una sistemazione definitiva.
...ridurrà la bolletta energetica del paese.
Falso! La produzione elettrica dal nucleare, includendo anche lo smantellamento delle centrali e lo smaltimento delle scorie radioattive, costa di più rispetto a tutte le altre fonti. Lo dicono autorevoli istituzioni come il Massachussetts Institute of Technology di Boston (MIT) o il Dipartimento dell'energia statunitense.
...ridurrà le importazioni.
Falso! Il nucleare produce solo elettricità, pari a circa il 20 per cento dei consumi energetici italiani, non calore o carburante per i trasporti. Quindi non permetterà alcuna sostanziale riduzione delle importazioni dei combustibili fossili – soprattutto derivati del petrolio, ma anche carbone e gas – utilizzati per produrre calore nell'industria e nel settore residenziale o carburante. Inoltre le centrali utilizzano l'uranio, materia prima da importare dall'estero come gli altri combustibili fossili.

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