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sabato 16 febbraio 2019

Nomi, luoghi ed interessi illeciti dei clan mafiosi di Messina e provincia


La Relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia, presentata in Parlamento, fissa l'attuale organigramma e gli interessi illeciti dei gruppi mafiosi di Messina e provincia

La sua particolare posizione geografica rende la provincia di Messina crocevia di rapporti ed alleanze e ne costituisce il suo punto di forza.
In forza di ciò la criminalità organizzata messinese si confronta e rapporta sia con la mafia palermitana che con quella catanese e la ‘ndrangheta calabrese.
Le attività investigative della DIA del secondo semestre 2018 non solo avevano confermato la sussistenza dei legami con la criminalità etnea ma hanno documentato, per la prima volta, la presenza - sul territorio urbano - di una cellula costituente una proiezione di Cosa nostra catanese (denominata ROMEO-SANTAPAOLA) diretta emanazione della nota famiglia SANTAPAOLA-ERCOLANO. L’influenza della consorteria etnea si è manifestata con una netta e indiscussa preminenza sui sodalizi locali che tendono a non contrastarla. 
La presenza dei “catanesi” nella città di Messina non sembra aver alterato gli equilibri delle competenze rionali dei gruppi cittadini e la loro tendenza ad agire autonomamente, ancorché nell’ambito di in una sinergia funzionale ad evitare situazioni di belligeranza ed al raggiungimento degli obiettivi criminali. La città di Messina resta, quindi, suddivisa in quartieri, nei quali gli specifici gruppi operano in autonomia evitando, per quanto possibile, azioni conflittuali. Non appare, inoltre, trascurabile la capacità d’intervento dei clan messinesi in favore di esponenti politici locali, come evidenziato da indagini del recente passato. 
Nel resto della provincia, la presenza della criminalità organizzata di tipo mafioso continua ad assumere caratteristiche diverse in relazione agli equilibri ed alle collaborazioni criminali poste in essere nella zona d’interesse. 
In particolare, nella vasta area che abbraccia i Monti Nebrodi, limitrofa alla provincia di Palermo, si riscontra, non a caso, l’influenza di Cosa nostra palermitana. La zona c.d. “nebroidea” era balzata all’attenzione nazionale, nel recente passato, per gli illeciti interessi palesati dalle consorterie mafiose nell’ambito del settore agro-pastorale, in quanto finalizzate all’accaparramento di finanziamenti regionali e comunitari e locali. Attualmente, anche in forza del “Protocollo di legalità” promosso dalla Prefettura di Messina, la concessione dei fondi e l’erogazione dei finanziamenti sono sottoposte a controlli preventivi antimafia particolarmente stringenti.
Mentre nella fascia tirrenica le attività investigative continuano a confermare l’egemonia dei “barcellonesi”. Quest’ultimi hanno assunto, nel tempo, una strutturazione e metodi operativi del tutto omologhi a quelli di Cosa nostra palermitana, sebbene vengano intrattenuti, per la gestione degli affari illeciti, rapporti costanti anche con le consorterie catanesi. La fascia jonica, che si estende dalla periferia sud della città di Messina al confine con la provincia di Catania, è un’area connotata dalla rilevante influenza della mafia catanese, facente capo sia alla famiglia SANTAPAOLA ERCOLANO sia ai clan LAUDANI e CAPPELLO, che si avvalgono di referenti locali. 
Anche in provincia di Messina la criminalità organizzata mafiosa influisce significativamente sul tessuto economico-sociale, attraverso diverse attività criminali quali le estorsioni e l’usura – spesso tra loro connesse –, il traffico di stupefacenti, le corse clandestine di cavalli, l’accaparramento di fondi agricoli allo scopo di accedere ai finanziamenti connessi allo sviluppo rurale, nonché, più recentemente, tramite il controllo delle scommesse online. 
Gli introiti che ne derivano vengono reimpiegati e riciclati in imprese operanti in diversi settori economici quali l’edilizia, le attività commerciali in genere ed i servizi. Il lucroso settore degli appalti pubblici, viene infiltrato sia mediante l’aggiudicazione forzata delle gare ad imprese di riferimento delle consorterie, sia sottoponendo ad una sistematica attività estorsiva gli imprenditori affidatari. Al riguardo, appare rilevante un’attività investigativa, conclusa nel semestre in esame, che ha disvelato i nuovi assetti della famiglia di Mistretta (ME) e la sua capacità di ingerenza nella pubblica amministrazione per il controllo degli appalti e per l’accaparramento dei finanziamenti pubblici. L’appalto investigato riguardava la riqualificazione di siti culturali insistenti su vari comuni, tra i quali Mistretta, Tusa e Castel di Lucio, dove sono installate 12 opere d’arte contemporanea, che costituiscono, nel loro insieme, il noto percorso culturale denominato “Fiumara d’arte”.
Per quanto riguarda le attività estorsive, l’importante filone di indagini denominato “Gotha”, ad oggi giunto alla settima tranche, ha fatto piena luce su decine di episodi estorsivi verificatisi nell’area tirrenica della provincia di Messina, in un esteso arco temporale, individuandone mandanti ed esecutori materiali. E’ stato, anche, definitivamente accertato come il sodalizio mafioso dei “barcellonesi” non rappresenti un’associazione criminale occasionale, ma una organizzazione strutturata che si basa, come avviene nella province di Palermo e Catania, su scrupolose competenze territoriali ripartite tra i gruppi che la compongono, capace di riorganizzare i propri assetti interni nonostante le ripetute azioni investigative succedutesi nel tempo. Un sintetico approfondimento va, infine, riservato, nell’ambito delle investigazioni preventive svolte dalla DIA, all’attività di aggressione ai patrimoni illeciti.
A tal proposito, proprio nell’ambito della citata operazione “Gotha VII”, nel marzo 2018, la DIA di Messina ha sequestrato beni per 6 milioni di euro333. Il Tribunale di Messina ha disposto, quindi, nell’aprile del 2018, l’aggravamento della sorveglianza speciale di PS, nonché la confisca di un’azienda del valore di 1 milione di euro, intestata al figlio di un detenuto appartenente al sodalizio TRISCHITTA. Un ulteriore sequestro, infine, è stato eseguito dalla DIA nel giugno 2018 nei confronti di un soggetto, anch’egli ritenuto appartenente al clan dei barcellonesi: gli accertamenti patrimoniali eseguiti, estesi anche al relativo nucleo familiare, hanno dimostrato la rilevante sproporzione tra i redditi dichiarati, l’attività svolta e gli arricchimenti conseguiti. Il patrimonio sottoposto a sequestro ha riguardato imprese, immobili, terreni, numerosi automezzi, rapporti finanziari e disponibilità bancarie, intestati anche a soggetti terzi, per un valore complessivo di circa 32 milioni di euro.

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