La Relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia, presentata in Parlamento, fissa l'attuale organigramma e gli interessi illeciti dei gruppi mafiosi di Messina e provincia
La sua particolare posizione geografica rende la provincia di Messina crocevia di rapporti ed alleanze e ne costituisce il suo punto di forza.
In forza di ciò la criminalità organizzata messinese si confronta e
rapporta sia con la mafia palermitana che con quella catanese e la
‘ndrangheta calabrese.
Le attività investigative della DIA del secondo semestre 2018 non solo avevano confermato la sussistenza dei legami con la criminalità etnea ma hanno documentato, per la prima volta, la presenza - sul territorio urbano - di una cellula costituente una proiezione di Cosa nostra catanese (denominata ROMEO-SANTAPAOLA) diretta emanazione della nota famiglia SANTAPAOLA-ERCOLANO. L’influenza della consorteria etnea si è manifestata con una netta e indiscussa preminenza sui sodalizi locali che tendono a non contrastarla.
La presenza dei “catanesi” nella città di Messina non sembra aver alterato gli equilibri delle competenze rionali dei gruppi cittadini e la loro tendenza ad agire autonomamente, ancorché nell’ambito di in una sinergia funzionale ad evitare situazioni di belligeranza ed al raggiungimento degli obiettivi criminali. La città di Messina resta, quindi, suddivisa in quartieri, nei quali gli specifici gruppi operano in autonomia evitando, per quanto possibile, azioni conflittuali. Non appare, inoltre, trascurabile la capacità d’intervento dei clan messinesi in favore di esponenti politici locali, come evidenziato da indagini del recente passato.
Nel resto della provincia, la presenza della criminalità organizzata di tipo mafioso continua ad assumere caratteristiche diverse in relazione agli equilibri ed alle collaborazioni criminali poste in essere nella zona d’interesse.
In particolare, nella vasta area che abbraccia i Monti Nebrodi, limitrofa alla provincia di Palermo, si riscontra, non a caso, l’influenza di Cosa nostra palermitana. La zona c.d. “nebroidea” era balzata
all’attenzione nazionale, nel recente passato, per gli illeciti interessi
palesati dalle consorterie mafiose nell’ambito del settore agro-pastorale, in
quanto finalizzate all’accaparramento di finanziamenti regionali e comunitari e
locali. Attualmente, anche in forza del “Protocollo di legalità” promosso dalla
Prefettura di Messina, la concessione dei fondi e l’erogazione dei
finanziamenti sono sottoposte a controlli preventivi antimafia particolarmente
stringenti.
Mentre nella fascia tirrenica le attività investigative
continuano a confermare l’egemonia dei “barcellonesi”. Quest’ultimi hanno
assunto, nel tempo, una strutturazione e metodi operativi del tutto omologhi a
quelli di Cosa nostra palermitana, sebbene vengano intrattenuti, per la
gestione degli affari illeciti, rapporti costanti anche con le consorterie
catanesi. La fascia jonica, che si estende dalla periferia sud della città di
Messina al confine con la provincia di Catania, è un’area connotata dalla
rilevante influenza della mafia catanese, facente capo sia alla famiglia SANTAPAOLA
ERCOLANO sia ai clan LAUDANI e CAPPELLO, che si avvalgono di referenti locali.
Anche in provincia di Messina la criminalità organizzata mafiosa influisce significativamente sul tessuto economico-sociale, attraverso diverse
attività criminali quali le estorsioni e l’usura – spesso tra loro connesse –,
il traffico di stupefacenti, le corse clandestine di cavalli, l’accaparramento
di fondi agricoli allo scopo di accedere ai finanziamenti connessi allo
sviluppo rurale, nonché, più recentemente, tramite il controllo delle scommesse
online.
Gli introiti che ne derivano vengono reimpiegati e riciclati in imprese
operanti in diversi settori economici quali l’edilizia, le attività commerciali
in genere ed i servizi. Il lucroso settore degli appalti pubblici, viene
infiltrato sia mediante l’aggiudicazione forzata delle gare ad imprese di
riferimento delle consorterie, sia sottoponendo ad una sistematica attività
estorsiva gli imprenditori affidatari. Al riguardo, appare rilevante
un’attività investigativa, conclusa nel semestre in esame, che ha disvelato i
nuovi assetti della famiglia di Mistretta (ME) e la sua capacità di ingerenza
nella pubblica amministrazione per il controllo degli appalti e per
l’accaparramento dei finanziamenti pubblici. L’appalto investigato riguardava
la riqualificazione di siti culturali insistenti su vari comuni, tra i quali
Mistretta, Tusa e Castel di Lucio, dove sono installate 12 opere d’arte
contemporanea, che costituiscono, nel loro insieme, il noto percorso culturale
denominato “Fiumara d’arte”.
Per quanto riguarda le attività estorsive,
l’importante filone di indagini denominato “Gotha”, ad oggi giunto alla settima
tranche, ha fatto piena luce su decine di episodi estorsivi verificatisi
nell’area tirrenica della provincia di Messina, in un esteso arco temporale,
individuandone mandanti ed esecutori materiali. E’ stato, anche,
definitivamente accertato come il sodalizio mafioso dei “barcellonesi” non
rappresenti un’associazione criminale occasionale, ma una organizzazione strutturata
che si basa, come avviene nella province di Palermo e Catania, su scrupolose
competenze territoriali ripartite tra i gruppi che la compongono, capace di
riorganizzare i propri assetti interni nonostante le ripetute azioni
investigative succedutesi nel tempo. Un sintetico approfondimento va, infine,
riservato, nell’ambito delle investigazioni preventive svolte dalla DIA,
all’attività di aggressione ai patrimoni illeciti.
A tal proposito, proprio nell’ambito della citata operazione
“Gotha VII”, nel marzo 2018, la DIA di Messina ha sequestrato beni per 6
milioni di euro333. Il Tribunale di Messina ha disposto, quindi, nell’aprile
del 2018, l’aggravamento della sorveglianza speciale di PS, nonché la confisca
di un’azienda del valore di 1 milione di euro, intestata al figlio di un
detenuto appartenente al sodalizio TRISCHITTA. Un ulteriore sequestro, infine,
è stato eseguito dalla DIA nel giugno 2018 nei confronti di un soggetto,
anch’egli ritenuto appartenente al clan dei barcellonesi: gli accertamenti
patrimoniali eseguiti, estesi anche al relativo nucleo familiare, hanno
dimostrato la rilevante sproporzione tra i redditi dichiarati, l’attività
svolta e gli arricchimenti conseguiti. Il patrimonio sottoposto a sequestro ha
riguardato imprese, immobili, terreni, numerosi automezzi, rapporti finanziari
e disponibilità bancarie, intestati anche a soggetti terzi, per un valore
complessivo di circa 32 milioni di euro.
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